"Ogni azione, diretta o indiretta, che verrà posta in essere contro il direttore Marco Violi sarà oggetto di indagini approfondite nell’ambito del procedimento in corso presso la Procura della Repubblica", recita il comunicato ufficiale pubblicato da Romagiallorossa.it. Dentro c’è la bomba: Marco Violi, direttore del sito, ha querelato Karim Musa – meglio conosciuto come Yotobi, il padre spirituale di YouTube Italia – per diffamazione e stalking. Per capire perché uno dei content creator più influenti d’Italia si trovi adesso col nome in un fascicolo della Procura, bisogna tornare a un episodio che sembra scritto da South Park. Estate 2024: Donald Trump viene ferito all'orecchio in un attentato durante un comizio in Pennsylvania. Nel panico mediatico, su X (ex Twitter) parte la bufala: l’attentatore sarebbe “Mark Violets”, nome che online viene associato – con tanto di foto – a Marco Violi, giornalista romano e tifoso romanista conosciuto per il suo sito e per alcune polemiche accese con la Twitter Calcio Community. La fake news deflagra. Profili con la spunta blu la rilanciano, siti esteri abboccano, e improvvisamente Violi si trova additato come terrorista internazionale. Non è la prima volta: già nel 2021 era stato accostato (sempre per “scherzo”) all’attentato di Kongsberg, in Norvegia, ribattezzato all’epoca “Marek Al-Viol”. Qualche settimana fa, durante una sua live su Twitch, Yotobi riprende la vicenda. Fa quello che fa sempre: scrolla, indaga, archivia screen, lascia intendere che dietro ci sia materiale da video futuro. Per molti spettatori è intrattenimento puro, per Violi invece è una miccia: Musa – dice il comunicato – avrebbe usato termini e riferimenti “gravemente lesivi”, alimentando ulteriormente la macchina della derisione online.

Nella querela si cita anche l’uso ironico di “VioliNation”, comparso in post e video legati al creator. Un’etichetta che per la community è meme, per Violi è diffamazione. Il giornalista sostiene che lui e la sua famiglia siano stati travolti da insulti e minacce, tanto da decidere di procedere legalmente contro chiunque abbia contribuito alla diffusione della bufala o alla sua trasformazione in running joke. Violi raccontò al Corriere di aver vissuto le ore successive al caso “Mark Violets” come un incubo: "Mi sono svegliato alle due di notte e la cosa era già deflagrata: notifiche ovunque, chiamate, messaggi. Non mi sono più riaddormentato e ho passato la notte a raccogliere materiale per il mio avvocato". Oggi, a distanza di mesi, la querela si arricchisce di nuove integrazioni: dentro ci finisce anche Yotobi. Che, almeno per ora, ha scelto il silenzio. Il caso apre una questione più grande: cosa succede quando il linguaggio dei meme, delle live e dei thread virali si scontra con i codici della giustizia ordinaria? Da un lato, la community che vede nel citare “Mark Violets” un inside joke da bar dello sport online. Dall’altro, un giornalista che sostiene di aver visto la propria reputazione – e quella della sua famiglia – messa a ferro e fuoco. Il risultato? Il re del tubo italiano potrebbe ritrovarsi a spiegare a un magistrato perché, quella sera su Twitch, decise di parlare di Marco Violi. Per ora non ci sono repliche ufficiali da parte di Yotobi. Ma la domanda resta: fin dove può arrivare l’ironia del web prima di trasformarsi in carta bollata?
