Il giornalista Giorgio Bernardini de Pace, fratello del noto avvocato Annamaria Bernardini de Pace, ha fatto una proposta che farebbe sognare qualsiasi femminista: “Bisogna provare a cambiare la politica votando solo le donne, affinché la politica diventi a maggioranza femminile. Non ci devono essere donne che operano da uomini, con le palle, ma che lo facciano da donne confrontandosi con le loro simili”. Il direttore della rivista di geopolitica militare "Tempi di guerra" ritiene infatti che abbiano una sensibilità e una capacità diversa che gli uomini non hanno finora mostrato. Con lui abbiamo parlato anche dell'atteggiamento che sta tenendo l'uomo forte del momento, il generale Roberto Vannacci, tra uscite letterarie e la probabile candidatura con la Lega ("una persona competente nel suo lavoro") e della sentenza della Cassazione che ha stabilito che “il saluto romano non è reato durante le commemorazioni”. Ma Bernardini de Pace ci ha anche invitato a occuparci dei veri problemi della nostra epoca: i conflitti, che nel mondo sono ben 247.
Bernardini De Pace, lei ha fondato pochi mesi fa una rivista di geopolitica, come mai ne ha sentito la necessità?
Mi occupo da tempo di questioni di tipo storico, sono stato assistente di storia contemporanea alla statale, poi editore e, tra le tante iniziative editoriali, molte sono state di tipo storico. Una delle ultime è “Tempi di guerra”, il mensile che ho fondato l'anno scorso. Questo perché avevo percepito una crescita dei conflitti nel mondo. Questo ha stimolato la mia sensibilità editoriale, proponendo una testata. È un mensile di geopolitica militare, perché non c'era un mensile divulgativo. Ci sono quelli di geopolitica specializzati, come lo sono anche quelli militari. Entrando come editore, mi sono reso conto di un problema fortissimo di queste guerre che stanno divampando e mi sono accorto che c'era una situazione di incontrollabilità. Non ci sono solo le due grandi esplosioni di conflitti come in Ucraina e Israele. In questo momento nel mondo ci sono 247 conflitti aperti.
Lei come se lo spiega questo divampare dei conflitti?
Sono esplosi, in termini numerici, dopo il termine della Guerra fredda, quando l’Urss è crollato. Prima c'era un ordine mondiale basato sulla contrapposizione Stati Uniti-Russia e tutte le cose che si muovevano nel mondo dovevano rispettare o una sfera di influenza o l'altra. Erano tutti allineati, c'era un tavolo di comando e il mondo era sotto il loro controllo. La scomparsa dell’Urss e la vittoria della politica estera americana,ha fatto sì che non si passasse da un controllo a due, che era molto rigoroso fino al 1991, ma, addirittura, ci sono state nel 2001 delle Torri gemelle, i problemi in Iraq e tutto ciò che è successo dopo. Da allora, in realtà, il mondo è diventato molto più instabile.
Una instabilità che continua a crescere.
Sì, sta crescendo esponenzialmente. Oggi non c'è più un mondo bipolare, quindi controllato da due, ma c'è un mondo multipolare, in cui l'America da un lato vuole stare da sola, mentre dall'altro interviene laddove serve. In Africa comandano la Jihad e i russi, per cui c'è una situazione di instabilità fortissima, accentuata nell'ultimo anno nella fascia che va dall'Atlantico al Mar Rosso, con dieci Paesi che sono interessati da colpi di Stato. Nonostante avessi una certa sensibilità su questi argomenti già da tempo, mi sono reso conto che siamo davanti a una situazione in cui nessuno controlla più nessuno. C'è un “liberi tutti” nel mondo molto pericoloso. E questo riguarda anche le testate atomiche, perché non le hanno solo la Russia, l'America o la Francia. Ma anche l'Iran, Israele, il Pakistan o la Corea del Nord. Oggi la situazione e davvero preoccupante.
Lei però ha proposto una soluzione, che vede le donne in un ruolo centrale.
La situazione è fuori controllo ed è come se nel mondo ci fossero delle bande di ragazzotti, con in tasca delle pistole, che prendono le persone e le mettono contro il muro. Mi sono chiesto che cosa si potesse fare concretamente e la mia analisi è che il mondo di oggi è gestito da una sfera di influenza maschile, che mette in atto la logica del confronto, dell'emulazione e della forza, con un atteggiamento tipicamente maschile. Per cui ho pensato a qualcosa di immediato che potesse cambiare il lo scenario politico. Ci sono sempre state grandissime donne, come la Merkel, la von der Leyen o la Meloni, che partecipano attivamente all'interno del mondo politico, ma il limite è che le donne si confrontano con un potere a maggioranza politico maschile. Quindi si potrebbe provare a cambiare facendo votare solo donne e facendo sì che diventi di maggioranza femminile. Non ci devono essere donne che operino da uomini, con le palle, ma che lo facciano da donne confrontandosi con le loro simili. Oggi è l'unico modo per cambiare direzione, perché la politica dominata dai maschi non ha la capacità di cogliere la complessità di ciò che sta succedendo.
Così però si rischia di far passare in secondo piano il valore della meritocrazia?
No, perché secondo me, tra sei mesi, un anno o due anni, forse, siamo dentro una Terza guerra mondiale. Gli uomini sono bravi a fare certe cose, facciamogli cambiare le gomme delle macchine, giocare a calcio o concludere affari. Possono continuare a fare tutto, ma bisogna togliere il potere politico ai maschi, perché sembrano non in grado di farlo.
Non lo ritiene un estremismo?
Penso che la donna, confrontandosi con altre donne, possa ragionare in modo diverso. Le premier oggi si confrontano con Putin, Trump o Biden. Io, invece, vorrei togliere Matteo Renzi e mettere Maria Elena Boschi, togliere Dario Franceschini e mettere Debora Serracchiani, togliere Guido Crosetto e Francesco Lollobrigida e mettere solo esponenti femminili. Le donne entrano più nel dettaglio, sono più specifiche.
Mi sembra una versione ancora più radicale delle quote rosa.
Questo è un atto di squilibrio per arrivare, prospetticamente, a un equilibrio di parità tra uomo e donna. In questo momento il problema delle donne, in politica, è che si confrontano con un settore in cui la grande maggioranza della logica è quella maschile, che è poi legata a un mondo militare.
A proposito di militari, cosa ne pensa del generale Roberto Vannacci? È normale che sia uscito con un libro come Il mondo al contrario e ora con un altro volume, ma sempre ricoprendo quel ruolo militare?
Sì, è normalissimo. Esiste l'articolo 21, non vedo perché no. Lo hanno fatto in tantissimi ed è un problema di politica spiccia quotidiana. Ma per quanto riguarda gli argomenti da trattare c'è una gerarchia e in cima a tutti c'è il tema della guerra.
Quindi l'Italia si occupa di Vannacci e non di temi più seri?
Mi sembra che in Italia e in Europa ci preoccupiamo di dettagli. Poi, certamente, la nostra vita è fatta da tante cose, che però devono avere un ordine gerarchico in base alla loro rilevanza. Il Pakistan ha reagito all'attacco aereo dell’Iran con un altro attacco aereo, in cui ci sono stati sette morti. Secondo me è gravissimo. Entrambe dispongono della bomba atomica e questo aspetto mi terrorizza, c'è un incendio che sta divampando. Mi sembra che ciò sia in linea con la deflagrazione allargata della guerra. Ho la sensazione che stiamo andando verso un ampliamento considerevole delle guerre e non vedo altra soluzione se non quella di provare a cambiare chi sta dirigendo oggi la partita, ovvero la sfera maschile. È un tentativo, non stiamo facendo cambiamenti costituzionali.
A proposito di Costituzione, come giudica la sentenza della Cassazione che si è espressa in merito al saluto romano?
Meravigliosamente bene. La Cassazione fa delle analisi giuridiche che portano a compimento un percorso di analisi già iniziato con le sentenze in Corte di Cassazione del 2014-2015. L'elemento eversivo c'è solo nel momento in cui è funzionale alla ricostituzione concreta del partito fascista. Quello del saluto romano è solo un gesto commemorativo che non ha nessuna valenza. L'analisi giuridica è perfetta. Se ci fossero delle manifestazioni con una finalità di ricostituzione del partito fascista verrebbero punite, manifestazioni soltanto di tipo commemorativo non contemplano una punizione. L'Unione europea nel 2019 ha già detto che le uniche due questioni che sono contro la storia culturale dell'Unione europea sono il nazismo e il comunismo. Quindi, se noi ci dovessimo adeguare alla normativa europea in merito ai segni del passato, dovrebbero essere vietate solo le manifestazioni che sono pro-nazismo o pro-comunismo.
Però nel momento in cui il presidente del Senato, Ignazio La Russa, aveva aperto al dibattito, poi terminato in Cassazione, era stato giudicato pur avendo detto le medesime cose…
La Russa aveva detto che aspettava con interesse ciò che avrebbe detto la Cassazione, perché ci sono sentenze di un tipo e dell'altro e la Cassazione serve esattamente a dirimere i dubbi. Da questo punto di vista, tra le sue previsioni, questa è funzionata perfettamente. La Cassazione ha fatto una distinzione precisa e netta che condanna il gesto nel momento in cui questo è funzionale alla concreta ricostituzione del partito fascista. Più chiaro di così…
In quanto esperto di storia, non pensa che oggi ci sia un uso improprio, oltre che un abuso, della parola fascismo?
Oramai ci sono generazioni che non esistono più, per cui tutto quello che resta è da valutare con un'analisi storica corretta. Le minuzie che possono essere davvero legate al concetto del fascismo, riguardano l'1-2% della popolazione. Tacciare l'attuale governo di fascismo è solo provincialismo culturale, non ha nessuna logica. Basta guardare i giornali o i blog per capire che siamo a un livello da tifoseria, che se ne parla al pari di come si potrebbe parlare dell'Inter e del Milan. I giornali vivono quotidianamente della notizia che devono riportare, il giorno dopo poi si riparte.
Il Wall Street Journal ha scritto che la Cina avrebbe comunicato al mondo l'esistenza del Covid solo due settimane dopo averlo scoperto. Questo che cosa potrebbe comportare da un punto di vista della politica internazionale?
Mi sembra una notizia che, nelle forme in cui è riportata, si potrebbe trovare su un giornale liceale. Non è un film o un racconto da fare a una classe ginnasiale, ma ci sono delle analisi molto più sottili. Io non credo a una notizia di questo genere. Le relazioni tra Italia e Cina hanno un miliardo e mezzo di pagine e documenti di analisi e i cambiamenti sono molto più impercettibili rispetto a quello che si possa pensare.
E dopo la fine della "Via della seta" come sono i rapporti tra i due popoli?
C'è un rapporto fantastico, come quello con l'Arabia Saudita. Basta vedere gli interscambi commerciali e come funziona la normalità del lavoro. Non è cambiato assolutamente niente, tutto rientra nella necessità di dover dare delle notiziole. Cambierebbe qualcosa nel momento in cui ci fossero delle sanzioni con la guerra, sono gli atti veri e gli atti formali a generare delle vere e proprie novità.
Quindi la cessazione della "Via della seta" non è così importante come ci hanno fatto credere?
No. È un tassellino microscopico e invisibile rispetto al percorso lungo e analitico che è cominciato nel '46-'47 quando è finita la guerra. Stiamo parlando di 80 anni di politica estera, che hanno avuto piccoli sussulti, come il periodo della guerra in Corea del '52-'53, in cui sono arrivate delle truppe cinesi che non si pensava arrivassero. O, piuttosto, quando c'è stato lo scontro nel Vietnam, in cui si sentiva la forza degli armamenti cinesi. Queste sono le cose che cambiano davvero e che segnano le svolte.
Tornando a Vannacci, secondo lei sta usando la divisa per fare campagna elettorale e poi candidarsi alle europee?
Penso che sia assolutamente possibile la sua candidatura. Ha scoperto che con un libro ha guadagnato tantissimo, ha un suo profilo di altissimo livello nel suo curriculum militare e ha davanti a sé tutte persone che sperano che entri in politica o che sperino che resti militare. Non è da sottovalutare che resti lì, potrebbe avere grande spazio. Io direi “per fortuna”. Che usi la divisa per fare carriera politica o che resti lì lo trovo irrilevante, mi sembra, piuttosto, una persona che ha colto un’opportunità nel momento giusto dicendo determinate cose. È stato poi accusato da tifosi che non l'hanno letto e che non l'hanno guardato, in maniera forse eccessiva rispetto a delle ovvietà che però lui ha cercato di documentare. Ha cercato di argomentare un suo punto di vista anche da una visuale privilegiata, come i suoi altissimi incarichi militari all'estero, dimissioni in parti del mondo particolarmente critiche. Per me è il profilo di una persona competente nel suo lavoro, è agli altissimi gradi dell'esercito italiano e ha avuto la fortuna di scrivere un libro di grande successo.
Potrebbe essere lui l'uomo che fa aumentare i consensi della Lega?
Credo che la Lega potrebbe avere certamente interesse nella sua figura per rafforzare la posizione elettorale. Non sono sicuro che poi lui scelga davvero questa strada, piuttosto che non di rimanere nella sua posizione nell'esercito che è destinata a essere irrobustita. Proprio perché si va verso una situazione in cui la guerra e i militari avranno un ruolo centrale.
Noi da un punto di vista militare come siamo posizionati?
Siamo inesistenti. Facciamo parte di un sacco di missioni all'estero dove siamo apprezzatissimi, soprattutto i carabinieri svolgono delle funzioni in molti paesi del mondo insieme a delle forze internazionali, come quelle di addestramento. C'è una tradizione militare italiana di altissimo profilo, che prosegue in questi ambiti delle missioni specializzate all'estero. Non esiste più la leva, oggi l'esercito volontario italiano è totalmente impreparato rispetto a una situazione effettiva di rischio, come l'esercito europeo che non c'è. Che un'entità come l'Europa, che non ha un esercito proprio, debba essere per forza sottoposta al controllo della Nato è un fatto inevitabile. Non ha un suo esercito e questo è un fatto che oggi appare con grande evidenza. L'Unione europea è totalmente scoperta a fronte dei rischi a cui siamo esposti. Per cui l'idea di attivare un esercito europeo è indispensabile e, all'interno di questo, bisognerebbe provare a tornare alla leva, quantomeno di base, in modo che ci sia un minimo di addestramento necessario. Non è militarismo, ma se ci ritroviamo in guerra tra un anno che cosa facciamo? Siamo certamente l'ultima ruota del carro. È molto più preparata la Svizzera a entrare in guerra rispetto all'Italia.