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Adamo Guerra insegnaci la vita: contro ogni ipocrisia, elogio dell’uomo che ha mollato tutto per la libertà

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

22 settembre 2023

Adamo Guerra insegnaci la vita: contro ogni ipocrisia, elogio dell’uomo che ha mollato tutto per la libertà
"Chi l'ha visto?" ha fatto emergere una storia incredibile, quella di Adamo Guerra: l'uomo dieci anni fa aveva scritto lettere di addio ad amici e parenti, annunciando che si sarebbe tolto la vita. Da lì, tutti lo credevano morto, fino a che le telecamere di Rai 3 lo hanno ritrovato vivo, vegeto e con una nuova vita in Grecia. Un "fresh start" decisamente estremo, ma, bando all'ipocrisia, può esserci molto da imparare dalla sua incredibile parabola...

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Un fresh start estremo. Adamo Guerra, oggi cinquantacinquenne, dieci anni fa ha fatto trovare alla moglie, da cui si stava separando pacificamente, alle loro due figlie e a un collega una lettera in cui annunciava che si sarebbe tolto la vita. La motivazione? Grossi debiti accumulati nel tempo senza mai parlarne con nessuno, per questo si era trovato costretto a prosciugare i propri conti prima dell'estremo gesto. Ultima traccia lasciata dall'uomo, l'auto abbandonata al porto di Ancona che conteneva i suoi documenti e il cellulare. Poi, l'imbarco su un traghetto per Patrasso, Grecia. Gli inquirenti, all'epoca, hanno presunto che Guerra avesse deciso di farla finita gettandosi in acqua. A convincerli, anche il ritrovamento di abiti e scarpe dell'uomo in alto mare. Effetti personali poi fatti riconoscere alla moglie Raffaella. Nel 2015, l'indagine finì archiviata dalla Procura di Bologna come "presumibile suicidio". Quando la ex, a distanza di dieci anni, decide di concludere le pratiche per il divorzio, l'incredibile scoperta: un Adamo "Greco" risultava iscritto all'Aire, l'anagrafe italiani residenti all'estero. Qui la redazione di Chi l'ha visto? si è attivata, raggiungendo Patrasso e trovando il fuggiasco, vivo, vegeto e pure parecchio scocciato: "Facciamo che non mi avete mai trovato e finisce qui", ha detto all'inviato della trasmissione, Paolo Del Re. Un piano eleboratissimo, totalmente amorale e pure ben vigliacco nei confronti di amici e famigliari. Premesso ciò, da un punto di vista squisitamente individuale, un vero e proprio capolavoro. Da cui, azzardiamo, è possibile perfino imparare qualche cosa sulla vita e sulla libertà. Per questo eccoci in uno sperticato elogio di Adamo Guerra, auspicando che la sua incredibile parabola possa, non esageriamo, insegnarci la vita. 

Chi non ha mai sognato, chi non sogna ogni giorno, di mollare tutto e cambiare vita per sempre? Specie se si è cresciuti con un'educazione cattolica, uno dei primi insegnamenti riguarda l'infelicità con cui, così viene inculcato, ogni essere umano avrà da convivere per il resto dei proprio giorni. Se la sopporterà "bene" e senza colpi di testa (aka, peccati), si guadagnerà la pace eterna, post mortem. A prescindere dalla religione, il costante tasso di infelicità con cui tocca fare i conti, è anche un dato quasi empirico, in ogni caso: più o meno tutti vogliamo "qualcosa di più", solo che restiamo ingabbiati in lavori, relazioni, addirittura serate o momenti di relax magari, di cui ci interessa ben poco. Ma che "tocca fare" perché "si deve". Così accettando, giorno dopo giorno, costruiamo una nostra personale gabbia - invisibile ma oltremodo percepita a livello personale, più o meno stretta, più o meno arredata. E abbiamo anche la sfrontatezza di domandarci come mai non riusciamo a sentirci soddisfatti, realizzati, "a posto così". 

Tale pantano accomuna ogni individuo che, nei fatti, tenderà a non rinunciare mai alla propria "comfort zone", alla gabbia che si è creato nel tempo, perché al netto delle frustrazioni di fondo, lo fa sentire al sicuro. Viviamo tutti in preda a una sorta di Sindrome di Stoccolma verso noi stessi in cui siamo, contemporaneamente, sia il rapito che il rapitore. A furia di pensare che non ci siano alternative, che "tanto è così per tutti", ci facciamo piacere la prigione che ci siamo costruiti tramite una fitta rete di senso di responsabilità, dovere, valutazioni morali (cos'è morale? Cosa non lo è? Chi è che lo decide davvero - entro i confini della legalità?). In aggiunta, per gradire, una spruzzata di timore nei confronti di quello che potrà andare a pensare la gente di noi, se girassimo la chiave verso l'uscita. Perché nessuno lo fa. Adamo Guerra, invece, sì. 

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"Non è umano, sono senza parole", commenta a caldo l'ex moglie di Adamo, Raffaella. E, dal suo punto di vista, ha ragione da vendere. È stata abbandonata con due figlie a carico dieci anni fa e per tutto questo tempo ha creduto che il marito fosse morto, che si fosse ucciso per via di segreti che mai le aveva raccontato e che lo tormentavano da troppo tempo. Guerra ha compiuto la carognata principe nei confronti di famigliari e amici. Dalla sua prospettiva, però, ha fatto "semplicemente" ciò che nessuno ha il coraggio di fare: chiamarsi fuori da uno status quo insoddisfacente, opporsi al fatto che sia "tutto qui", senza alternative percorribili. 

Qualsiasi limite ci si imponga nella vita, non ci definisce. Siamo noi a sceglierlo e quindi, eventualmente, a spostarlo un po' più in là nel momento in cui comincia a mancare l'aria. Solo che, in genere, sembra impossibile trovare il coraggio di prendere in mano i pilastri della propria insoddisfacente esistenza e farne un bel barbecue. Chiunque si sia trovato a prendere una decisione più o meno importante ha attraversato tali forche caudine, nella speranza di poter andar a star meglio, dopo. La speranza di poter andare a star meglio è esattamente ciò che dovrebbe spingere ogni azione umana. Adamo Guerra rappresenta, nella sua forma più pura e quindi "amorale", una straordinaria, esemplare, incisiva metafora di ricerca, di perseguimento della felicità individuale. L'avrà poi trovata davvero in Grecia? Questo non possiamo saperlo. Ma non è nemmeno il punto. 

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Una foto di Adamo Guerra mostrata in esclusiva da "Chi l'ha visto?"

L'incredibile parabola di Adamo Guerra porta all'estremo una serie di criteri che, però, dovrebbero essere alla base di ogni nostro agire: tendere alla massima felicità possibile, non accontentarsi di quello che c'è, avere piena consapevolezza del fatto che possa esistere, sempre, un'alternativa. E che dipenda solo ed esclusivamente da noi avere la voglia, il coraggio, anche la faccia tosta - perché no? - di trovarla e perseguirla. Siamo liberi sempre, in qualunque momento, sotto qualsiasi contingenza, perfino quella che appare più soffocante e definitiva. Dimenticarlo significa arrendersi, assuefarsi nel tempo a una realtà grigia che, inevitabilmente, condanna a un'esistenza dello stesso colore, fino all'ultimo respiro. L'unico destino comune, nonché davvero inevitabile, è la morte. Ritenete più importanti essere ricordati come persone inappuntabili, illustri e senza macchia oppure... vivere? Fate il vostro gioco, fatene ben più di uno, se vi riesce, cambiate più direzioni dello Snake nel Nokia 3310.

Come andrà a finire, tanto, si sa. Ma è il viaggio, le decisioni prese, i cambi di rotta che ne fanno valere la pena. Siamo liberi, lo ribadiamo, in qualunque momento. E questo è l'unico lusso vero di cui la natura ci ha fatto dono. Non sapere cosa farsene, ignorare tale ricchezza, sarebbe l'unico peccato mortale. 

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