Forse qualcuno se lo sta dimenticando, ma una delle prime vittime di body shaming in “quanto figlia non all’altezza della madre” è stata Aurora Ramazzotti, anni fa, a seguito di una normalissima foto rubata in bikini mentre era al mare con la nota genitrice. Questo per ricordare al mondo che la brutta abitudine di insultare i figli dei “belli e fortunati” dilaga da anni, non da giorni. La prole dei vari Renga, Bova e Totti sono solo gli ultimi ragazzi a venire prese di mira da orde di sfigati con l’hobby (triste e arido) dell’odio. Ma del resto, essere figli di personaggi così in vista può portare in automatico a essere il bersaglio di gentucola senza rispetto, marmaglia che non riesce a toccare i genitori, boomer poco avvezzi alla tecnologia e comunque più strutturati e solidi dei figli; “Siete solo dei maleducati” ha chiosato giustamente la Chiara Ferragni di fronte agli ennesimi messaggi pieni di insulti sotto i suoi post in biancheria intima. Facilissimo venire presi di mira poi se cerchi palesemente di ripercorrere le orme dei tuoi genitori, come nel caso della Jolanda Renga, la “figlia brutta”, come si è autodefinita nel famoso video diventato virale su TikTok .
Striscia la notizia ha visto della malizia, del “volersi approfittare” della situazione da parte della ragazza al punto da dedicarle un intero servizio. Un po’ too much, forse. Onestamente, anche fosse? In un mondo dove tutti sono vittime di qualcosa che spesso non esiste, (ex stalker che al massimo mandano gli auguri di Pasqua, mobbing da parte di colleghi che semplicemente negano di condividere la cancelleria, uomini ghostati da donne che hanno visto solo per un caffè e via discorrendo) la Jolanda è stata effettivamente insultata per il suo aspetto, a dimostrazione che le varie campagne di sensibilizzazione sul body shaming non servono, aimè, a una minchia. Le community non vedono l’ora di ballare sul tuo corpo, non sul tuo cadavere, ma sulla tua vivissima mortificazione. Ho sempre avuto la sensazione che quando si parla di odio siamo tutti un po’ bambini e nessuno, vorrei umilmente ricordarlo, ferisce quanto loro.
La Renga junior ha deciso di portare un po’ di acqua al suo mulino e di engagement ai suoi profilo TikTok e Instagram? E dove sarebbe il grande scandalo? Almeno lei un torto l’ha subito per davvero, in prima persona e il messaggio, un tantinello lezioso e svenevole, che ha lanciato è comunque positivo è apprezzabile. Dubito che dietro questa mossa da fine stratega ci sia chissà quale “squalo bianco“ del marketing: le pagine social in questione sono semplici, curate chiaramente senza l’occhio di un’agenzia di comunicazione (se c’è non si vede), abbastanza amatoriali, il cui scopo è condividere una quotidianità piacevole ma che non ha la pretesa di raccontare nulla di nuovo a nessuno. La famosa campagna di gioielli apparsa sulla sua pagina Instagram della baby Renga è di un’azienda che ha deciso di sposare l’immagine di ragazze normali, bellezze della porta accanto, non quella di modelle inarrivabili fatte di zigomi altissimi e gambe chilometriche. Foto semplici e un cachet quasi certamente lontano dalle migliaia di euro che vengono dati ad altre testimonial. Anche la fantasticheria che vorrebbe la ragazza come parte di un piano per riabilitare l’immagine della madre mi fa un po’ ridere, visto che riportando in scena T’appartengo, Ambra è riuscita a fare della finalissima di XFactor un suo personalissimo show per almeno 20 minuti e a far fremere il Paese, dalle massaie ai vecchi adolescenti. Gomblotti un po’ surreali. E in ogni caso, Jolanda ha comunque 18 anni, è del 2004 ed è cresciuta in un mondo dove la parola d’ordine è “condividere” e non tenere nulla per se; ergo segue una tendenza. E noi che viviamo di pornografia del dolore e del disagio, di trend topic e crisi isteriche di Twitter, condanniamo questa cosa su che base? Quella della mancanza di decenza e onestà intellettuale, suppongo.