Recentemente, il governo italiano è intervenuto di nuovo sulla normativa che regola l'uso del CBD includendo, nel decreto del 27 giugno 2024, le soluzioni a uso orale a base di cannabidiolo nella tabella B dei farmaci, connotandola come sostanza stupefacente. Questo decreto ha suscitato molte preoccupazioni tra gli operatori del settore della canapa in Italia, che temono le ripercussioni negative di questa normativa. Nella notte del 31 luglio poi, in piena estate e col favore delle tenebre, la commissione Affari Costituzionali e Giustizia della Camera ha approvato un emendamento della Lega con il quale si equipara la cannabis light a quella non light. Un colpo incomprensibile a un mercato tutto italiano, che rischia di lasciare per strada un sacco di imprenditori e lavoratori per un puro piacere ideologico utile soltanto a rafforzare la base elettorale. Vediamo perché.
Due dati oggettivi, per iniziare. Sia l'Unione Europea che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno dichiarato che il CBD non è una sostanza stupefacente. Questa posizione non è ideologica, ma basata su numerosi studi scientifici che dimostrano che il CBD non ha effetti psicoattivi e possiede invece molte proprietà terapeutiche. Nonostante ciò, l'Italia sembra intenzionata a regolamentare pesantemente questo composto, limitandone l'uso e la distribuzione. Questa mossa potrebbe essere interpretata come un tentativo di favorire le grandi case farmaceutiche, poiché il CBD ha il potenziale di sostituire vari farmaci tradizionali grazie alle sue proprietà terapeutiche. Regolamentazioni severe sul CBD potrebbero quindi ridurre la concorrenza per le Big Pharma, mantenendo il mercato dei farmaci tradizionali più redditizio. Allo stesso tempo sembra favorire le narcomafie, poiché le restrizioni sul CBD potrebbero spingere i consumatori verso mercati illegali. Questo è particolarmente ipocrita se consideriamo che sostanze come l'alcol e il tabacco, che sono ben noti per i loro effetti nocivi, rimangono legalmente disponibili senza restrizioni significative. Il settore della cannabis light in Italia è un'industria in crescita che attualmente dà lavoro a circa 11.000 persone. Circa 800 aziende agricole, 1500 imprese di trasformazione e distribuzione, più di 2000 punti vendita. Le nuove normative rischiano di mettere a repentaglio questi posti di lavoro, colpendo duramente agricoltori, produttori e distributori di prodotti a base di canapa. La Canapa Sativa Italia, un'associazione nazionale che rappresenta gli operatori del settore, ha espresso forti preoccupazioni riguardo a queste nuove regole e sta lavorando per fornire chiarimenti e supporto ai propri membri. Il Governo che prima ha autorizzato lo sviluppo di tutto questo indotto, adesso mette in mezzo alla strada un sacco di persone.
Tra l'altro, a quanto riferiscono gli operatori del settore, ogni anno puntualmente i rivenditori di cannabis light vengono sottoposti a controlli da parte delle forze dell'ordine. Controlli che, è utile da specificare, costano soldi allo Stato e tengono impegnati gli agenti a verificare che un negozio, il quale per aprire e vendere ciò che vende ha dovuto già passare tutta una serie di esami rigorosi, sia in regola, quando invece potrebbero andare a tenere d'occhio le strade, dove soprattutto in estate c'è gente che si mette al volante mezza ubriaca. O i parchi dove si spacciano le vere droghe, altroché la cannabis light. Ogni anno Matteo Salvini con il suo partito porta avanti la sua battaglia insensata contro una sostanza che, a differenza dell'alcool che spesso e volentieri promuove come eccellenza italiana, non ha effetti collaterali né psicotropi.
È stato fatto un incomprensibile terrorismo: perché non vietare anche il basilico o la camomilla? Io ho visitato molti centri di recupero per tossicodipendenti, e i ragazzi che vengono ricoverati lì hanno a che fare con ben altri tipi di sostanze che non la cannabis light. Conosco i medici che ci lavorano, e i problemi che vengono trattati: le dipendenze più gravi arrivano dagli psicofarmaci, dall'alcool, dalle sostanze stupefacenti pesanti. Poi c'è un'altra questione: perché la cannabis viene venduta in farmacia, sotto prescrizione medica, mentre nei negozi no? Forse che lo Stato non ci guadagna da questo tipo di mercato? Io invito il ministro Matteo Salvini e gli altri politici che demonizzano la cannabis light a venire con me, a visitare i centri in cui vengono trattate le dipendenze. Sono pronta a scommettere che non ci hanno mai messo piede dentro. Lo invito anche a visitare il mio Cannabis Medical Center, dove con un’equipe di medici diamo sollievo a molti malati, a persone che soffrono per patologie gravi. I tossici sono altrove, caro Ministro.
In conclusione, è fondamentale che il pubblico comprenda le implicazioni di queste nuove normative e la necessità di proteggere un settore che non solo offre benefici economici, ma anche terapeutici, in linea con le indicazioni dell'UE e dell'OMS. L'industria della canapa in Italia merita di essere sostenuta e regolamentata in modo giusto e razionale, senza favorire interessi di parte a scapito della salute pubblica e dell'economia nazionale.