Ha proprio ragione il nostro direttore, Moreno Pisto, è tutto bellissimo. In questa nuova dinamica social per cui ogni giorno ci ritroviamo costretti a diventare di volta in volta espertissimi dell’argomento del giorno, sia esso il clima, Hamas, il dating o quel che è, oggi siamo qui a dibattere non tanto di sport, le Olimpiadi sono pur sempre un ottimo collettore di spunti, quanto di genetica. Nello specifico, il caso dell’incontro di boxe tra Imane Khalif e la nostra Angela Carini, per altro durato il tempo di un rutto, un gancio e via, ritiro immediato, sta infatti monopolizzando le nostre fragili e accaldate menti da ore, in attesa che arrivi qualcosa di nuovo di cui parlare, sempre con lauree prese presso l’università della vita a nostro supporto. Nello specifico, non credo serva rifare il punto dall’inizio, dopo aver visto buona parte della nostra destra insorgere sulle barricate, dove ancora si trovavano per l’onta subita da Sacra Romana Chiesa per l’Ultima Cena Transgender alla cerimonia iniziale, Ultima Cena che invece era un simposio dionisiaco, ma anche qui, è già stato detto tutto e anche troppo, dopo aver visto buona parte della nostra destra insorgere sulle barricate per l’oscenità woke di far massacrare una donna sotto i colpi dell’Hulk algerino Imane Khalif, mai vincitrice di una fava, scusate il francesismo, ma rea di essere stata squalificata l’anno scorso dall’Iba per un test che riscontrava la presenza del cromosoma maschile, y, lei nata donna, a prima vista, quindi con vagina, registrata donna anagraficamente, già partecipante come donna alle Olimpiadi di Tokyo nel 2020, e di colpo scoperta come uomo, pur continuando a non vincere niente, ecco, dopo aver visto buona parte della nostra destra insorgere sulle barricate, chiamando l’atleta algerina di volta in volta, trans, transgender, uomo, maschio o quel che è, e dopo aver visto ovunque dibattiti a riguardo, per dirla con il Piotta di Supercafaone, “Ma Imane Khelif è femmina o maschio”, ma soprattutto dopo aver visto la Carini lasciare il ring senza manco salutarla dopo un gancio alla mascella, trentuno secondi netti di incontro, ecco che ci si ritrova di nuovo al più grande bar sport del mondo, la rete e nello specifico i social, a discutere su cosa sia o non sia giusto, su cosa sia o non sia etico, su cosa sia o non sia Imane Khelif, sempre usando grandi competenze genetiche e biologiche a nostro supporto.
Tralasciando le nostre competenze a riguardo, e soprattutto evitando di dire la nostra sul pugilato, l’arte nobile, noi che per questioni di aderenza all’anarchia guardiamo alla nobilità non esattamente con bonomia, i cromosomi e anche la cultura woke, perché ovviamente il vero punto era la cultura woke, cioè usare un incontro olimpionico per sottolineare, chi da una parte chi dall’altra come la si pensa a riguardo, la destra a dire che ci ha portato all’assurdo di far massacrare una donna da un uomo solo perché l’uomo si sente donna, alla faccia dei femminicidi, la sinistra a dire che se una si sente donna, è cresciuta donna e come donna si è rapportata col mondo, tanto più in possesso di vagina, donna è, il resto son chiacchiere, ecco, tralasciando tutto questo, è qui mia premura, passo alla prima persona perché è argomento che mi piace maneggiare in prima persona, dirvi della Sindrome di Morris, meglio nota come Sindrome delle belle donne. Attenzione, belle donne, non Belladonna. Ora, non sono un genetista, non voglio neanche fingere di esserlo, e tendenzialmente penso che la percezione di sé abbia un peso maggiore rispetto alla natura e alla biologia, sulle Olimpiadi non mi esprimo perché non mi interesso di sport che non prevedano undici persone fronteggiare altre undici persone in un campo rettangolare, inseguendo un pallone (alle Olimpiadi il calcio fa tendenzialmente cagare, è noto), se una si sente donna è donna, la taglio corta così. Ma la Sindrome di Morris è una cosa clamorosa, che ho trovato cercando notizie riguardo il cromosoma y, un po’ come tutti mi sto laureando al volo su Google, e finendo per ritrovarmi letteralmente a bocca aperta, più come un coglione che come Funari. La sindrome di Morris, o sindrome delle belle donne infatti, è una sindrome legata alla intersessualità, leggo, quindi afferente alla vicenda Imane Khelif, a sua volta in quella palude impantanata. Nello specifico, la Sindrome di Morris è la sindrome di insensibilità androgenica, parte di tutte quelle condizioni nelle quali i cromosomi sessuali, xx e xy, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari di una persona non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili.
La sindrome in questione, sintentizzo anche perché meglio non potrei dirlo, si viene a creare nel momento in cui avviene lo sviluppo degli organi e degli apparti riproduttivo e genitale. Un processo, quello della differenziazione sessuale, piuttosto complesso, quindi difficile da maneggiare per chi come me non è un genetista, regolato da fattori genetici e ormonali e che si compie nelle prime fasi della gravidanza fino ai primi due, tre mesi dopo il concepimento. Mi fermo, mi faccio ridere da solo. Succede, sono già arrivato alla fine di questo spiegone parascientifico, che ci siano donne che in fase fetale hanno una interruzione dello sviluppo dell’apparato riproduttivo maschile, pur essendo biologicamente e geneticamente maschi, quindi in possesso del cromosoma xy. In pratica queste donne, perché di donne si tratta, sviluppano testicoli embrionali, ma a causa dell’insensibilità di cui sopra agli androgeni non riescono in fase a completare lo sviluppo dei caratteri maschili. La Sindrome di Morris è una delle varie e numerose Differenze dello Sviluppo del Sesso, dd, quindi a sua volta forma di interessessualità, come quella che ha Imane Khelif, e nulla ha a che vedere col trasgenderismo, esattamente come per Imane Khelif. Uno dirà, ok, ma che c’è di tanto clamoroso? Ecco, la Sindome di Morris, in cui una persona con cromosoma maschile si trova a avere un apparato genitale femminile, ha una caratteristica che l’ha portata a avere quel secondo nome, Sindrome delle belle donne. Si dice, infatti, che le donne affette da questa sindrome siano in realtà quasi sempre di aspetto decisamente bello, alte, dotate di seno prorompente, e so che scrivendo questo qualsiasi barlume di scientificità è andato a puttane. Per farla breve, si dice, perché qui l’Iba non ha avuto mai nulla da dire, ovviamente, e non ci sono certezze a riguardo, che sia affetta da Sindrome di Morris Kim Novak, attrice novantatreenne feticcio di Alfred Hitchcock e che ne siano altri begli esemplari Naomi Campbell e Charlize Theron. Sarebbero, vuole leggenda, attenzione, ma tutto quel che abbiamo letto in queste ore sembra essere affetto dalla Sindrome del si dice sui social, che Charlize, Naomi e in passato Kim, avessero cromosomi xy, quindi fossero biologicamente e geneticamente uomini, ma con vagina e sembianze femminili. Sembianze femminili, non scherziamo, stiamo parlando di alcune tra le donne più belle del mondo. Questa cosa sì che è clamorosa. Perché in qualche modo scombina un po’ tutte le carte. Perché è facile star lì a fare battutine sulla mascolinità reale o presunta della pugile algerina, ma provateci di fronte alla Charlize Theron della pubblicità del Martini, concedetemi un tocco vintage, alla Naomi Campbell che si mangiava le sfilate di moda o alla Kim Novak de La donna che visse due volte, conturbante come poche. Immagino che si fosse trovata a fronteggiare Charlize Theron la Carini non avrebbe avuto nulla da eccepire, e anche buona parte di quanti hanno urlato indignati. Io, che non ho mai fatto la prova del dna, sono stato registrato come maschio nel 1969, quando non c’erano prove del genere, cresciuto come maschio eterosessuale ma ho questo vezzo di portare i capelli lunghi, quindi magari ho a mia volta una mascolinazzazioni delle ovaie e sono in realtà una femmina, nel dubbio sul ring ci salirei, pronto a prenderle di santa ragione. Al momento fa caldo, gli Illuminati stanno discutendo di quale argomento andremo a parlare domani, ma la Sindrome di Morris ci sia di insegnamento in almeno una cosa, nulla è mai come sembra. E per fortuna.