Una “voce di dentro” del Pd, testualmente, mi confessa: “Fulvio, se adesso qualcuno, lì al Nazareno, decidesse di alzarsi in piedi dicendo: ‘Elly Schlein è una cretina’, in un attimo si prenderebbe il partito”.
Aggiunge che non accadrà. A prevalere saranno piuttosto “mutismo e rassegnazione”, mediocre eppure chiara, lucente espressione da fureria o ufficio casermaggio, che plasticamente descrive lo stato delle cose lì all'interno. In attesa di un nuovo tonfo dopo ciò che si è visto alle "comunali". Quest'altra volta assordante, definitivo, tombale per la segretaria. Magari per le prossime elezioni europee. Un silenzio sospeso dettato ora da pavidità individuale, assenza di estro, ora, forse, da spirito gregario sia post-comunista sia post-democristiano. O magari da una paralisi culturale, stasi del pensiero critico. O piuttosto timori personali per il futuro delle proprie rendite di posizione, l'incubo di un possibile oscuramento delle "carriere".
Una forza, o che dir si voglia, democratica e progressista, a garanzia dei diritti sociali primari e insieme civili, ammettiamo perfino “di sinistra”, che nei tempi d'oro dei populismi di destra plebiscitaria scelga di farsi rappresentare nella percezione comune dal lessico di Elly Schlein e, a latere, dai tweet di Michela Murgia, edificante coro letterario persistentemente amichettista, si consegna all'irrilevanza e magari perfino allo scherno plebeo diffuso. Soprattutto quando è il flusso dei baracchini social a determinare la sostanza politica della propria agenda, cioè della “comunicazione” ultima.
Appare assente l'idea di un progetto di mutamento della società. E ancora sembra che Schlein davvero poco abbia in programma di riconquistare l’elettorato storicamente di sinistra, “l’umile Italia”, così come la chiamava Pasolini, semmai garantirsi, su tutto, per ragioni di gusto, il conforto delle “anime belle” dell'attico, della "terrazza" ritenuta per chiara fama sociale progressista. Forse per incapacità, se non indifferenza, verso il diverso, l’altro da sé, chi appare lontano da un pedigree “borghese” affluente.
Mi imbatto nelle parole di un autorevole, rassegnato, esponente del suo stesso partito, Graziano Delrio: “Ma se vuole chiederci consigli, noi siamo qui”. Cui fanno seguito le note piccate del sindaco di Firenze, Dario Nardella: “Anche perché non può decidere tutto nel chiuso di una stanza”.
Fabrizio Roncone, firma poco antipatizzante verso le ragioni della sinistra, sul “Corriere della Sera”, immaginando la “stanza” della segretaria Schlein, dati alla mano, riflette sul dato fantasmatico di quest'ultima: “Quale? Nella sede del Nazareno, si vede poco (non ha ancora arredato il suo ufficio, al terzo piano). A Montecitorio, si vede pure meno (dato al 30 aprile scorso: presente a 567 votazioni elettroniche su 1.551, media del 36%). I militanti dem bolognesi sono furibondi: ‘È irreperibile’”.
L’ipotetico semiologo delle cose e degli arredi politici, a questo punto, proverebbe a immaginare, oltre alla sostanza del suo progetto, esattamente la composizione della “stanza” di Elly Schlein, iniziando dall'angolo-cottura non meno politico. E ancora quali finestre si affacciano sul mondo, quale il suo perimetro perfino visivo, se davvero in lei esista empatia verso l'altrove sociale.
Escludendo i luoghi comuni del sentire qualunquista diffuso di destra nei confronti della segretaria Pd - l’intervista a “Vogue” con la risibile citazione sull’armocromismo su tutto – si è tuttavia costretti a rilevare un lessico da zainetto per raggiungere l'Erasmus, da anteprima al “Nuovo Sacher” di Nanni Moretti, da impenetrabile soffocante falansterio queer con le sue badesse, immaginario da complicità adolescenziale. Un paesaggio espressivo che restituisce una dimensione subculturale, e perfino umana, parziale, estranea alla complessità dell'umano, feticci da ceto medio riflessivo garantito, nessuna necessaria parola per chi dovesse trovarsi lontano, estraneo, da certo mondo protetto di riferimento. Semmai l’eco dei trascorsi “girotondi per la democrazia”, delle “sardine”, irrilevanti ai fini del consenso dei movimenti d'opinione che hanno a cuore soprattutto opzioni di stile e gusto in luogo di un autentico manifesto radicale di intenti necessario alla sinistra per dirsi tale.
Dopo le sardine, in prospettiva, giungeranno forse lemuri, nutrie, se non peluche dei già evocati manga giapponesi "Lady Oscar" e "Occhi di gatto"?
Scenario di rara modestia che costringe a rimpiangere l’assennato eloquio, quasi guareschiano, da provinciale annona emiliana post-comunista di Pierluigi Bersani.
Nei giorni scorsi, trovandomi a partecipare a un incontro con ragazzi e ragazze di un corso serale d'istituto professionale - l'umile Italia, appunto – avevo con me una sola domanda: la segretaria Elly Schlein possiede in serbo, nel proprio astuccio, nella propria trousse, parole e calore anche, se non soprattutto, per loro che vivono ai margini del presente sociale?
Ultime nuove dall'altrove della sinistra di governo pregressa: Massimo D'Alema e l'ex amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, si ritrovano indagati nell'inchiesta sulla presunta vendita di navi e aerei militari alla Colombia. L'indagine, leggo, “verte in particolare sulla vendita alla Colombia di aerei M346, corvette e sommergibili prodotti da società italiane con partecipazione pubblica, come Leonardo e Fincantieri. Le forniture sulle quali si è concentrata l'attenzione degli inquirenti della sezione criminalità economica della Procura di Napoli avrebbe un valore di oltre 4 miliardi di euro”.
Al “pollo di gomma con carrucola”, citazione da un videogioco anni novanta, "Monkey Island”, già utilizzata da Schlein come manifesto programmatico per la futura avvenuta vittoria ai gazebo delle primarie, l’immaginario vero o presunto che la sinistra fornisce adesso alla crudeltà della controparte social dovrà forse essere affiancata l’icona, l’emoticon, l’emoji, la faccina del siluro marino?