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DA MADRE A MATRIGNA: Sapete perché i giovani scappano dall’Europa? Perché li ha traditi: dal crollo demografico all’immigrazione, l’Occidente odia se stesso (e soprattutto i maschi) e per questo sta fallendo…

  • di Paolo Gambi Paolo Gambi

15 luglio 2025

DA MADRE A MATRIGNA: Sapete perché i giovani scappano dall’Europa? Perché li ha traditi: dal crollo demografico all’immigrazione, l’Occidente odia se stesso (e soprattutto i maschi) e per questo sta fallendo…
L’Europa sta fallendo, soprattutto con i giovani. La fuga di cervelli è in realtà una fuga dei “figli legittimi” di un Continente che odia se stesso e per questo prova a trovare soluzioni che in realtà favoriscono chiunque, tranne chi prova a coltivare la lingua, la cultura, i valori e i sentimenti europei. Dall’immigrazione al crollo demografico, dalla menzogna della “mobilità” lavorativa ai continui attacchi verso il 50% della società (i maschi): ecco verso cosa stiamo andando

di Paolo Gambi Paolo Gambi

C’è un’Europa che si riempie la bocca della parola “giovani”, mentre lascia le loro bocche vuote. Un’Europa che parla d’inclusione, di futuro, di sostenibilità, ma poi chiude le porte della casa ai suoi figli migliori. Un continente che da madre si è trasformato in matrigna. E che oggi guarda con occhi spenti la fuga di chi dovrebbe custodirne il domani. La chiamano mobilità. La chiamano libertà. Ma è una diaspora silenziosa, una fuga di massa dal senso stesso dell’appartenenza. I giovani europei non stanno andando via per spirito d’avventura, ma per disperazione. Non è il richiamo del mondo. È il rifiuto di una casa che fa di tutto per far saper loro che non li vuole. I giovani non sono pigri. Sono traditi. Non è vero che i giovani europei siano viziati, svogliati o troppo selettivi. Studiano, lavorano, lottano. Ma restano intrappolati in un sistema che li ha traditi. Nessun posto fisso. Nessuna casa accessibile. Nessuna prospettiva che vada oltre il mese corrente. Sono condannati a restare ospiti nel salotto dei genitori, perché là fuori l’affitto divora stipendi e la dignità si paga in voucher. Non è una scelta, è un esilio interiore. In Spagna il 64% dei giovani sotto i 30 anni vive ancora con i genitori. In Irlanda, l’affitto mangia oltre metà dello stipendio. In Polonia, si emigra come una volta si andava a messa, per necessità, non per convinzione. Ma mentre la generazione che avrebbe dovuto raccogliere il testimone viene lasciata marcire nella sala d’attesa dell’autonomia, l’Europa si ostina a cercare soluzioni nel posto sbagliato.

La bandiera dell'Unione europea bruciata durante una manifestazione
La bandiera dell'Unione europea bruciata durante una manifestazione Ansa

Un giovane europeo, specialmente se maschio, senza appartenenze di comodo, cresce sotto la pressione continua di una cultura che gli racconta che lui è la causa di tutti i mali del mondo, del colonialismo, del capitalismo, della povertà in Africa. Dove può trovare l’orgoglio per essere pienamente se stesso? Sino ad oggi la narrativa antioccidentale ha vinto. E mentre il resto del mondo corre, le nostre nuove generazioni viaggiano con il freno a mano tirato per paura di vincere di nuovo. Per tappare i buchi dell’economia e arginare l’inverno demografico, la risposta – sempre la stessa – è stata: più immigrazione. Ma sostituire una generazione con un’altra è una formula aritmetica, non una visione. Perché i giovani che se ne vanno portano via con sé qualcosa che non si può rimpiazzare. La lingua del posto, l’affetto per le radici, il volto della comunità. E chi arriva non ha colpa, ma non può essere caricato del peso di una sostituzione che non è né realistica né giusta. A Lisbona, a Berlino, ad Amsterdam, la casa non c’è più. O magari c’è, ma è Airbnb. Gli insegnanti, i giovani medici, i lavoratori dei servizi pubblici – quelli che tengono in piedi una città – sono costretti a vivere fuori. E intanto nei centri storici restano i turisti e gli investitori. E le strade, lentamente, si svuotano di vita vera. La tragedia dell’Europa non è solo demografica, ma spirituale. Abbiamo pensato che l’uomo potesse essere rimpiazzato come un pezzo di ricambio, che la cittadinanza fosse una formula da timbrare, che la cultura fosse un accessorio da brochure. Nel frattempo, intere generazioni hanno rimandato o rinunciato alla famiglia, ai figli, alla casa. Perché? Perché la precarietà non si sposa. E la sfiducia non fa figli.

Il vero problema dell'Occidente è il crollo demografico
Il vero problema dell'Occidente è il crollo demografico

In Francia, in Italia, in Germania: ovunque la giovinezza è diventata il tempo del non ancora. Non ancora un lavoro vero. Non ancora una casa tua. Non ancora una vita. E mentre si sovvenzionano arrivi massicci senza integrazione, mentre si riempiono quartieri che diventano zone franche, mentre si creano tensioni culturali e sociali mai elaborate, i giovani europei spariscono. Non solo dai numeri. Ma dalla politica. Dal discorso pubblico. Dalla visione. Questo non è un attacco agli immigrati. È una difesa dei figli legittimi d’Europa. Quelli che ci sono nati. Che hanno studiato. Che lavorano. Che non chiedono privilegi, ma equità. Che non vogliono bandiere, ma una porta aperta. Che non vogliono bonus, ma un motivo per restare. I sussidi non bastano. Le quote non servono. Le belle parole affogano nella realtà. Se l’Europa vuole avere un futuro, deve smettere di cercarlo nei centri di accoglienza e tornare a guardare nei suoi cortili, nei suoi quartieri, nei suoi giovani. Servono case, non illusioni. Lavori veri, non tirocini infiniti. Città vivibili, non Disneyland per ricchi. Servono programmi europei per la permanenza e il ritorno. Un sostegno concreto per chi vuole restare, mettere radici, creare comunità. Un sistema che non si basi sul presupposto che i genitori ti diano l’anticipo del mutuo, ma che riconosca che oggi si parte da zero. E spesso da meno di zero. Perché il problema non è che i giovani non siano “pronti per il sistema”. È che il sistema non è più pronto per loro. O l’Europa torna ad essere casa per i suoi figli, o sarà solo un albergo per clienti di passaggio. O ascolta il grido sommesso di chi sta andando via, o finirà per non avere più nessuno che voglia restare. Non bastano le parole, serve il coraggio di cambiare paradigma. Perché un continente senza giovani è un continente senza futuro. E un continente che non difende i suoi giovani non è più degno di chiamarsi civiltà.

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