Sono giorni incandescenti per Prato e non solo per il caldo torrido di questo inizio estate. Seconda città della Toscana e terza del centro Italia per numero di abitanti, distretto industriale da secoli famoso per la produzione di lana rigenerata e da qualche decennio anche epicentro europeo dell’industria dei pronto moda cinesi, ponte geopolitico tra Occidente e Oriente e crocevia internazionale di interessi economici e socioculturali, nelle ultime settimane ha visto la propria quotidianità e i propri instabili equilibri stravolgersi del tutto. La città che può vantare due premi Strega come Sandro Veronesi ed Edoardo Nesi, sia che la si guardi da lontano sia che la si viva da dentro, sembra sempre più una vera e propria pentola a pressione pronta a scoppiare e a fare molto rumore.
La prima sindaca pratese del Partito Democratico Ilaria Bugetti raggiunta da un avviso di garanzia a seguito di un’indagine dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Firenze e insieme a lei indagato anche Riccardo Matteini Bresci, uno degli imprenditori più importanti ed esposti di tutto il distretto, che aveva già patteggiato pochi mesi fa un’altra condanna per corruzione insieme a Sergio Turini, comandante dei Carabinieri di Prato. I pm parlano di “rapporto patologico” tra Bugetti e Matteini, una relazione e un intreccio di interessi che sarebbe iniziato molti anni fa e che tratteggia in maniera chiara le sospette connessioni tra finanziamenti per le campagne elettorati e voti in cambio di favori, delibere e varianti urbanistiche.
Nelle 113 pagine dell’ordinanza con la quale i pm hanno avanzato gravissime accuse, peraltro confermate in prima battuta dal gip dopo il suo interrogatorio ai due indagati, viene tirata in ballo una consistente fetta di città tra importanti imprenditori, funzionari e rappresentanti delle istituzioni locali e regionali. E il silenzio che si fa strada rumorosamente nella città degli stracci, sembra proprio quello che anticipa i terremoti temuti per molto tempo e arrivati quasi all’improvviso.

Il 13 giugno 2025 la procura di Firenze ha notificato a Ilaria Bugetti, sindaca di Prato eletta nel giugno 2024 con il 52 % dei voti e prima donna al vertice della città, un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta per corruzione. Durante l’indagine avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze sui legami tra criminalità cinese e affari locali e a seguito di numerose intercettazioni, sono emerse diverse notizie di presunti reati a seguito di favori da parte di Ilaria Bugetti nei confronti dell’imprenditore tessile Riccardo Matteini Bresci.
Secondo gli inquirenti, durante le elezioni regionali toscane del 2015 e 2020, e nel 2024 alle elezioni amministrative per Comune di Prato, Matteini Bresci avrebbe garantito appoggi politici, voti (tramite la sua rete di relazioni che coinvolge anche la massoneria locale) e ingenti finanziamenti alle campagne elettorali di Bugetti, ottenendo in cambio interventi favorevoli e autorizzazioni a progetti industriali di suo diretto interesse.
Bugetti è stata anche formalmente dipendente di una società dove Matteini era socio, la Broker Techno Srl, percependo complessivamente circa 10 mila euro all’anno senza svolgere attività tangibili e omettendo di dichiararlo alla Regione Toscana. Inoltre questa assunzione avrebbe garantito a Bugetti anche un importante risparmio economico sul piano contributivo dato che, in caso di elezione in Regione da parte di un disoccupato, i contributi sarebbero stati a carico dell’eletto mentre in caso di lavoratore dipendente, i versamenti sono a carico dell’ente pubblico.
Il 14 giugno la Procura ha chiesto al gip urgenti provvedimenti di natura cautelare: domiciliari per la sindaca Bugetti e carcere per l’imprenditore Matteini Bresci, ritenuto “corruttore”. Le perquisizioni hanno coinvolto sia le due abitazioni sia l’ufficio comunale.
Il 19 giugno entrambi sono stati interrogati dal gip, secondo l’obbligo previsto dal ddl Nordio. A seguito di quell’udienza, il 26 giugno il giudice ha confermato “gravi indizi di colpevolezza” per tutti e due gli indagati, concedendo però gli arresti domiciliari solo a Matteini Bresci ritenendo che Bugetti, dimessasi volontariamente, non presentasse più un rischio di reiterazione del reato né l’inquinamento delle prove.
La misura nei confronti di Matteini Bresci è stata motivata dalla sua “tendenza a usare l’influenza su pubblici ufficiali per propri interessi” e dal rischio concreto di ripetere il reato, mentre per Bugetti si è ritenuto che le dimissioni abbiano “neutralizzato” tale pericolo.
Il 20 giugno, alla vigilia dell’interrogatorio, Bugetti ha annunciato le dimissioni irrevocabili durante una giunta straordinaria, depositando formalmente le dimissioni. Questo passaggio formale e l’avviso di garanzia a carico del suo vicesindaco Simone Faggi per presunta falsa testimonianza hanno aperto quella che per la città sarà un’inedita fase di commissariamento mai affrontata prima. Il Ministero dell’Interno ha nominato Claudio Sammartino come Commissario Straordinario il quale ha preso servizio proprio in questi giorni.

Questa città, già di per sé piena di conflittualità difficili da affrontare, si ritrova oggi senza una guida amministrativa nel pieno della propria agibilità politica e nelle mani di un commissario che, seppur armato di tutta la buona volontà, difficilmente potrà sostituire il lavoro di 32 consiglieri comunali, di 9 assessori, di una sindaca e di tutta la macchina comunale a pieno regime. Gli episodi criminali emersi in questi mesi grazie al prezioso lavoro del nuovo procuratore Luca Tescaroli, raccontano di un territorio con numerosi conflitti in essere che avrebbero bisogno sia di una consapevolezza diffusa che probabilmente ancora oggi manca sia di un lavoro coordinato sul piano politico/giudiziario.
Quanto accaduto all’ormai ex sindaca Ilaria Bugetti e all’imprenditore Riccardo Matteini Bresci mette in discussione quel modus operandi tra politica e interessi privati che ormai è più che diffuso anche a livello nazionale. Diciamocelo chiaramente: di imprenditori che portano soldi e voti per le campagne elettorali in cambio di favori è piena l’Italia, da Palermo a Belluno. È importante aspettare e comprendere bene quali pieghe prenderà questa vicenda giudiziaria perché siamo davanti ad un potenziale cambio epocale di paradigma anche perché, se da una parte gli imprenditori continueranno legittimamente a finanziare le proposte politiche a loro più vicine, è altrettanto vero che la politica dovrà iniziare a muoversi in maniera più etica nel pieno rispetto di ciò che la legge impone sulla trasparenza delle rendicontazioni delle campagne elettorali rendendo pubbliche le liste dei finanziatori e le voci di spesa di ogni candidato e di ogni partito.
Questo scossone amministrativo ha avuto anche importanti ripercussioni sul piano politico nel cosiddetto Campo Largo, soprattutto nei rapporti tra Pd e Movimento 5 Stelle sia a livello regionale che nazionale. I grillini che a Prato sono rimasti saldamente in maggioranza e in giunta fino alle dimissioni della sindaca, riscoprendosi veri e propri pasdaran del garantismo, hanno di fatto sconfessato quel totem giustizialista che da sempre ha caratterizzato il movimento politico oggi guidato da Giuseppe Conte e qualche anno fa lanciato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Il fatto che l’inchiesta che ha portato al commissariamento del Comune di Prato sia partita dal Dipartimento Distrettuale Antimafia di Firenze è un ulteriore campanello d’allarme per tutta la comunità locale. La guerra di mafia in corso tra bande criminali cinesi per il controllo del territorio rimane per il momento all’orizzonte ma non è detto che, prima o poi, non possa entrare in maniera prepotente in quello che sembra un vaso di Pandora appena scoperchiato. Basta guardare l’ultimo servizio di Report sull’argomento per rendersi conto di quale sia la situazione a Prato e di quanto quello che sta accadendo in questa città sia in realtà connesso con Milano, Roma e con tutto il resto del mondo.

Quando ci si guarda allo specchio da vicino, il più delle volte non si è contenti di ciò che si vede. Ed è quello che sta accadendo a Prato e ai pratesi in queste settimane. Guardarsi allo specchio, in questo caso, vuol dire soprattutto affrontare una volta per tutte le contraddizioni che rendono questo luogo molto particolare, nel bene e nel male.
Pensare che il sistema di potere che da decenni governa le dinamiche politiche locali sia tutto riconducibile all’impianto accusatorio della Dda di Firenze e quindi nel rapporto tra Bugetti e Matteini Bresci sarebbe il più grande errore nel quale incappare adesso. Questo può raccontare solo un pezzo della storia, al limite uno spaccato parziale di come una buona parte delle relazioni tra esponenti politici e imprenditori si consumi attraverso un do ut des che segue logiche del tutto particolari. Il segretario del Pd locale, che qualche mese fa si presentò come il garantire politico della candidatura di Ilaria Bugetti, oggi è il primo a scaricare l’ex sindaca e a cercare di isolare quanto accaduto tra le “vicende giudiziarie di un singolo”. Non è così. Quanto emerge dalle carte dell’inchiesta fiorentina, più che un fatto isolato che riguarda un singolo sembrerebbe più la punta di un iceberg ben più grande che ha tutto le caratteristiche di un vero e proprio sistema di potere.
Ci sono interi pezzi di società, a Prato come nel resto dell’Italia, che vengono garantiti da sistemi di potere costruiti dai partiti che amministrano il territorio, che basano la propria esistenza e la propria forza su rapporti clientelari e su appartenenze su più livelli: dalle partecipate, che fungono sia da ufficio di collocamento che, di conseguenza, da serbatoi di voti; da una parte consistente del mondo dell’associazionismo che, in cambio di sostegno, bandi e aiuti, garantisce voti e consenso; da una parte consistente delle categorie economiche, negli ultimi anni sempre più interessate a giocare di sponda con la pubblica amministrazione anziché provare ad essere stimolo e prospettiva per la crescita della città; da una buona parte delle società sportive, che in cambio di concessioni e accordi di gestione dei vari impianti si sono persino schierate pubblicamente candidando dirigenti ed esponenti di spicco nelle varie liste civiche; al mondo della sanità e del Terzo Settore, dove le carriere e le opportunità sempre più spesso passano dalle segreterie di partito e così via, perché la lista sarebbe lunghissima e potrei andare avanti per ore.
Poi c’è un altro pezzo di società, per assurdo probabilmente anche più grande di quello precedente, che invece non è garantito da nessuno. Mi riferisco a quella fetta di cittadinanza che si misura tutti i giorni con il proprio lavoro autonomo o dipendente, ma pur sempre privato, e che subisce le inadeguatezze relative alla viabilità, al trasporto pubblico, alla gestione dei rifiuti, al degrado dei centri storici, alla marginalità delle periferie e così via. Professionisti, imprenditori, artigiani, pensionati, commercianti, dipendenti, tutti senza tessere particolari in tasca e quindi, in questo Paese alla deriva, senza tutele particolari o garanzie.
La riflessione da fare a Prato, ma che vale anche per molte altre città, deve provare a spingersi oltre i contorni di questa vicenda giudiziaria sia per cercare di comprendere a fondo la complessità del contesto socio-politico-economico-culturale attuale, sia per provare a riscrivere quelle che, forse, potrebbero essere le regole di una nuova democrazia, di un nuovo rapporto fiduciario tra partiti e istituzioni, tra politica e interessi, sia privati che collettivi, basato su trasparenza, partecipazione ed etica. Arriviamo da anni in cui la politica ha badato soltanto a muoversi nel novero di ciò che è legittimo e di cosa non lo è, quando in realtà la politica dovrebbe tornare ad essere anche lo spazio dell’opportuno e dell’inopportuno.
Prato ha davanti a sé una grande occasione, anche se quello che si prefigura è senza alcun dubbio un percorso fatto di verità, dolore e coraggio. Abbiamo tutti una grande responsabilità che oggi non possiamo proprio sprecare. Perché altrimenti si muore. Definitivamente.
