Tanto per togliersi di torno le contestazioni di chi lo detesta dai social, quelli del chissenefrega, iproblemisonoaltri e blablabla: bene, bravi, tutto vero, ed è vero anche che Massimo Giletti non morirà di fame nonostante la cancellazione di Non è l’arena. Benissimo, avete avuto soddisfazione. Ora però magari ragioniamo anche sullo stato del giornalismo in questo Paese attraverso un giochino che parte dal siluramento di Giletti da La 7 e parla di editori, opportunità, influenze, veti incrociati, dissapori, pressioni, odi. Insomma: chi avrà la voglia e il coraggio domani di mettersi in casa quella macchina da audience e da polarizzazione mediatica che è ancora e soprattutto oggi Massimo Giletti? Com’è finito il suo rapporto con La 7 dopo quasi sei anni e 194 puntate della trasmissione è di pubblico dominio, meno lo sono le reali ragioni, ma ormai Giletti è fuori dalla rete di Urbano Cairo e questo è un dato di fatto. Il piano B, che sarebbe stato in realtà un piano A, lo vedrebbe tornare in Rai, dove ha lavorato per quasi trent’anni, ma la brusca separazione da La 7 può essere un motivo più che sufficiente da utilizzare da parte dei detrattori che, all’interno dei vari piani di viale Mazzini, vedrebbero malissimo il suo rientro. Ma ce n’è anche un altro, forse più rilevante, e riguarda i video in cui l’ormai famigerato Salvatore Baiardo, amico dei Graviano, prima parla della possibilità che Giletti possa tornarvi “perché è uno bravo”, quindi si dice pronto a scommettere che la Rai non lo metterà mai sotto contratto, sostanzialmente bruciandolo perché a questo punto l’imbarazzo generato negli ambienti della tv di Stato è abbastanza per chiudere tutte le porte.
C’è Mediaset, in teoria. Ma Mediaset da un lato non è più quella che ingaggiava i Santoro di turno, dall’altro soprattutto ha, tra coloro le cui parole ancora contano, Marcello Dell’Utri, che in una recente intercettazione, rivelata dalla Dia e risalente all’ottobre 2021, si lamentò con un’avvocata del gruppo proprio dei contenuti di una puntata di Non è l’arena sulla trattativa Stato-Mafia. Preoccupato che la trasmissione avrebbe potuto influenzare i giudici del processo. “Delinquenti con cui non c’è niente da fare”, avrebbe detto Dell’Utri riguardo alla trasmissione. Insomma, la battuta di Giletti a Striscia la Notizia dopo la chiusura di Non è l’arena (“Magari vengo a Mediaset”) non pare proprio potersi realizzare.
Cosa resta? Eliminate le ipotesi delle tv locali, perché non sono più i tempi di Biscardi e di Funari né quelli dei consorzi che coprono tutto il territorio nazionale, e tenendo da parte le soluzioni evento da one man show, come l’unicum Raiperunanotte con il quale Michele Santoro nel 2010 riportò in tv anche Daniele Luttazzi otto anni dopo l’editto bulgaro, rimangono i canali che nascono da network non italiani, forse non per caso. Si porrebbe una questione di visibilità e ascolti, ma in fondo anche La 7 ha beneficiato di Giletti per ampliare il suo share e migliorare i suoi picchi. Insomma, nell’ottica del do ut des, perché no? Detto questo, Giletti non pare avere l’understatement che in genere cerca Sky, alla quale appartiene anche Tv8, ma è comunque Giletti e da quelle parti i nomi contano come se non più delle idee. Più marginale immaginarsi di vedere Giletti sul Nove, il canale edito da Discovery Italia e facente parte della galassia Warner Bros, ma attenzione: alla Nove c’è Peter Gomez, nel cui programma La confessione è stato protagonista, in una puntata dell’estate 2022, lo stesso Giletti, appunto uno che fa parlare e che si fa ascoltare anche da chi lo detesta. Però un conto è fare l’ospite, altro è portare su un canale, con tutti i relativi costi, l’impalcatura redazionale di una trasmissione nella quale, oltre al lauto compenso dell’ideatore-autore-conduttore, ci sono anche quelli dei collaboratori di fiducia: i soldi magari ci sono, ma l’intenzione è sempre tutta da valutare. Così come aprire un canale YouTube (o anche i social, visto che finora esistono solo fanblub a suo nome) che potrebbe essere una soluzione anche se, prima di avere avere un seguito corrispondente (probabilmente) alle sua aspettative passerebbe un po' di tempo. Ma nel mercato del giornalismo televisivo, comunque, oggi c’è un parametro zero particolarmente pesante. Nel frattempo, Giletti, a MOW ci sono spazio e libertà, si vuole bene a chi rompe le palle (e, cioè, fa il giornalista) e ci si diverte pure. Pensaci.