Come fosse il Bandecchi qui si supercazzola il woke e si prematurano i basilari. Perché Stefano Bandecchi è di Livorno e la storia di “Amici Miei” – di Pietro Germi, ricordiamolo, poi portato a compimento da Mario Monicelli – è ispirata alle zingarate di una banda di amici di Castiglioncello, provincia di Livorno, città dove, per dire, si stampa “Il Vernacoliere”. E non si può fare una fenomenologia del Bandecchi senza prescindere dalla cofandina come antifurto. Nasce a Livorno, si trasferisce a Roma, fonda l’Unicusano, è il secondo finanziatore di Forza Italia dopo Silvio Berlusconi, si compra la Ternana (dopo avere tentato di comprare il Livorno, ma era posterdàto), si rivende la Ternana, ma si tiene la Ternana femminile. Ma vi rendete conto o no (se non vi rendete conto guardate il dito, lo vedete che stuzzica?) che è il vero Berlusconi toscano? Matteo Renzi può accompagnare solo. Adesso la compagnia woke lo ha preso di mira per la seguente frase: “Un uomo normale guarda il bel culo di un’altra donna e forse ci prova anche. Poi, se ci riesce, se la tromba anche. Se poi non ci riesce invece torna a casa”. L’uso del termine “normale” per indicare un uomo eterosessuale, o cisessuale, è errato? Bisognerà chiedere all’università, forse anche all’Unicusano perché viene da norma e la cisessualità come norma si rifà a una parte del giusnaturalismo (anche se esistono, in natura, animali omosessuali). Quello che ci interessa, però oltre al tapioco è l’accusa di sessismo. Spiegherebbe la compagnia woke come si dovrebbero concepire figli senza prima guardare un culo? A tentoni? Brancolando nel buio come gli inquirenti? Perché in questa maniera il wokismo così aperto e inclusivo finisce dritto dritto nella vestaglia da camera – tipo burqa - con il buco sui genitali mentre la moglie recita: “Non lo fo’ per piacer mio ma per dare un figlio a Dio”. La cultura woke vuole il burqa? O il paraocchi come i cavalli? Può uno sguardo essere così intenso da stuprare? Senza gli uomini e le donne che guardano i culi buona parte delle influencer e mezzo Instagram potrebbero chiudere. E soprattutto una domanda: i gay i culi li guardano? Ma ora vuoi vedere che se vuoi guardare un culo devi per forza guardare il culo di un uomo? Da uomo mi sento offeso da questi woke che guardano il dito e non vedono come stuzzica secondo l’articolo 12! Che c’entro io e perché mi dovete guardare il culo! Fatevelo guardare voi, se vi riesce. Pofferbacco.
“E forse ci prova anche”. Ecco. Voi, prima di andare ad abitare in un appartamento, non lo guardate? Nella vita, signori miei, si valuta. Questo appartamento sì, questo no, questo culo me lo mette da parte, no, questo non mi si abbina al pisello. Cosa ha detto di tanto sessista il Bandecchi? Ora uno, per non essere sessista si deve prendere anche i culi che non gli piacciono? È che è la tortura del culo? E come fai a sapere se ti garbano o no, se non li guardi? La cultura woke vuole tornare ai matrimoni combinati? La cultura woke è contro l’amore che passa anche per il culo? Dalla cancel culture alla cancel cul? “Se ci riesce se la tromba anche”. Non è che ha detto: “Se non corre troppo veloce” o “se riesci a colpirla alla cervice col boomerang”, ha usato il termine “riuscirci” nel senso canonico: ci esci la prima volta e le cose vanno bene ci “riesci”, poi, se continui a riuscirci te la trombi anche. È vero anche sì che non è mai l’uomo che “si tromba” una donna, e Filippo Facci ne sa qualcosa, o non ne sa nulla perché è più vero che è la donna a trombarsi l’uomo. Ma non perdiamoci e diciamo, anche a destra per due, che si trombano a vicenda. Embè? “Se non ci riesce se ne torna a casa”. Archetipo di tutte le commedie romantiche quando a metà film la storia d’amore ha un intoppo e lui, sconsolato, sotto la pioggia, con le mani in tasca, se ne torna solo nella sua cuccia. Aboliamo i film romantici? Ma dicevamo del “Vernacoliere”. Wikipedia: “Nel gennaio 1984 il direttore del Vernacoliere venne denunciato per offesa al pudore, a seguito di un'irriverente locandina che, satireggiando sulla Socof (Sovrimposta Comunale sui Fabbricati, che poi sarebbe diventata l'Imposta comunale sugli immobili o ICI), annunciava la prossima istituzione di una surreale Sovrimposta Governativa sulla Topa (Sogot). Il tribunale mandò assolto Cardinali “perché il fatto non costituisce reato”. Trionfante, il giornale satirico titolò nel febbraio 1984: “La topa non è reato”. Ed ecco, signori woke, potete agitarvi quanto vi pare, ma pàstene soppaltate secondo l’articolo 12: il culo non è reato.