Nella puntata numero 131 di Muschio Selvaggio, condotto da Fedez e Mr. Marra, Stefano Bandecchi e Tomaso Montanari si sono trovati d’accordo su un tema. Questa sarebbe già una notizia presa di per sé, considerata la provenienza opposta dei due: il primo è fondatore dell’università privata Niccolò Cusano, oltre a essere sindaco di Terni e proprietario della Ternana calcio, il secondo è uno storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena. Due figure inconciliabili che navigano su due fiumi paralleli e che non si incrociano quasi mai. Quel “quasi” è dovuto a una sorprendente concordanza. La condanna in toto del finanziamento pubblico ai partiti è un errore. Lo dicono due esponenti rispettivamente della galassia del privato (Bandecchi possiede anche alcune cliniche, come lui stesso ha sottolineato al podcast) e di quella del pubblico. “Come funziona un finanziamento a un partito?”, chiede Fedez. “Generalmente”, spiega Bandecchi, “delle persone vengono da te e ti espongono la loro idea. Quando questa mi convinceva, facevo un bonifico regolare”. Inutile girarci intorno: non solo una campagna elettorale, ma anche la possibilità stessa di espressione della propria idea politica necessità di denaro, sottolinea l’imprenditore. Ma il sindaco di Terni va persino oltre: “Io ritengo che la politica debba essere finanziata solo con denaro pubblico”. Montanari risponde: “Sono d’accordissimo. Quando il finanziamento è privato la politica se la compra chi può”. La politica ha dei costi e ci sono delle persone che non possono permettersi di sostenerli. “Non esiste più nessun partito che abbia una base”, dice ancora Bandecchi, che collega l’assenza di partecipazione alla consapevolezza che, senza i soldi di qualcuno ricco come lui, non ci sarà mai un’iniziativa politica da parte degli ultimi. Sono 30 anni ormai che la questione viene affrontata in maniera molto radicale: partiti dal 1993 e lo scandalo Tangentopoli fino ad arrivare al 2013, quando il governo di Enrico Letta sancì la fine dei rimborsi elettorali (che avevano preso il posto del tradizionale finanziamento al partito). Una lunga storia di dibattito che vale la pena riprendere in mano.
Mani Pulite
Prima del Referendum abrogativo proposto dai Radicali nel 1993 era in vigore la Legge Piccoli, varata nel 1974. Questa prevedeva due tipi di finanziamento: da un lato si finanziava l’attività ordinaria del partito, da un altro l’attività elettorale (il cosiddetto “rimborso elettorale”). Durante lo scandalo Tangentopoli e la serie di inchieste di Mani Pulite emersero numerosi illeciti legati alla prima delle due modalità. La consultazione referendaria ebbe un esito chiaro: il 90,25% degli italiani si era espresso a favore dell’eliminazione del finanziamento per l’attività ordinaria ai partiti. Rimase, comunque, il rimborso elettorale.
La legge del 2013 del governo Letta
Sotto le pressioni del Movimento 5 stelle e di Matteo Renzi, il capo del governo in carica nel 2013 Enrico Letta varò una legge (approvata nel 2014) che eliminava anche il rimborso elettorale. Rimanevano, quindi, due modalità di contribuzione: il 2x1000 che i cittadini potevano donare e i finanziamenti privati (per un massimo di 100 mila euro). L’obiettivo era alleggerire il carico sulle casse dello Stato e confermare (e ampliare) il risultato del referendum del 1993.
Le critiche e i passi indietro
Furono molte le perplessità rispetto alla forma della legge del 2013, che prevedeva delle detraibilità per i contributi fino a 30 mila euro. Se da una parte i soldi pubblici venivano limitati, questi sarebbero rientrati ai partiti dalla porta sul retro. Inoltre, alcuni tra gli stessi membri del M5S, che inizialmente erano tra i più decisi oppositori del finanziamento pubblico, iniziarono a ripensare alla validità di quei provvedimenti. Fece discutere Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato, quando, nel luglio del 2023, disse al Corriere della Sera che era ormai “necessario reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti”. Nonostante la storicità della battaglia del Movimento contro le storture causate dal finanziamento pubblico, secondo Patuanelli occorre “garantire alle forze politiche l’esercizio delle loro funzioni democratiche”. È vero che in passato in molti si arricchirono attraverso quel sistema, ma è altrettanto vero che con il finanziamento solo privato si rischia uno squilibrio di forze impossibile da colmare. Lo stesso Patuanelli chiarì il punto a Il Fatto Quotidiano: “Se il finanziamento resta essenzialmente privato si favorisce una politica di censo, dove arriva il Berlusconi di turno che mette nel suo partito 60 milioni l’anno e fa la differenza su tutti gli altri. È democratico questo?”.
Il caso “Open”
In verità, già nel 2019 la questione della regolarità dei finanziamenti privati ai partiti era emersa con forza. In particolare, era finita al centro del dibattito la fondazione Open, che sosteneva le azioni politiche di Matteo Renzi: traffico di influenze, l'autoriciclaggio e finanziamento illecito erano alcune delle accuse del tribunale di Firenze. Arrivò in quel periodo la legge Spazzacorrotti, voluto dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che imponeva alle fondazioni politiche gli stessi standard di trasparenza dei partiti. Il Gup di Firenze ha qualche giorno fa stabilito che il sequestro delle chat di Renzi e degli altri nomi coinvolti (tra cui Maria Elena Boschi e l’ex ministro Luca Lotti) è illegittimo, per cui resta da valutare se il Parlamento consentirà l’accesso alle comunicazioni tra gli indagati.
Ora è negli studi di Muschio Selvaggio che la questione trova due interlocutori inaspettatamente concordi. Stefano Bandecchi e Tomaso Montanari non condividono praticamente niente e il proseguo della puntata del podcast lo ha dimostrato. Università, istruzione, guerra in Medio Oriente e linguaggio da usare in politica: su nessuno di questi punti c’è stato accordo tra i due. Sul finanziamento pubblico, invece, c’è stato un consenso molto chiaro: chissà che questo non voglia dire qualcosa del momento che stiamo vivendo. Forse le differenze economiche e di rappresentanza sono ormai diventate insostenibili per tutti? E se lo dice un uomo ricco come Bandecchi forse c’è da riflettere.