Certe cose si dicono. Altre si mostrano. E poi ci sono quelle che sfuggono, che scivolano fuori dal corpo e dagli occhi anche se non vorremmo, da un cenno di sopracciglia o da una testa che si muove a vuoto mentre la bocca dice altro. È su questo che si concentra l’analisi dell’ex poliziotto Gianluca Spina, esperto di comunicazione non verbale, pubblicata sulle pagine del settimanale Giallo diretto da Albina Perri. Ha guardato un video andato in onda a "Chi l’ha visto?" il 21 maggio, dove Don Gregorio Vitali, al tempo direttore del Santuario della Bozzola, celebra una funzione religiosa a pochi giorni dalla morte di Chiara Poggi, uccisa nell’agosto del 2007. In quel contesto, il sacerdote rilascia anche un’intervista. Fin qui niente di strano, almeno in superficie. Ma per Spina è proprio in quel “sotto” che va scavato. “Emergono elementi interessanti che segnalerebbero una conoscenza da parte del sacerdote dell'autore del delitto”, scrive l’esperto.

Durante l’omelia, Don Gregorio dice: «Vorremmo tanto (scuote la testa in segno di negazione e chiude gli occhi) che la Madonna... qualsiasi persona che possa (alza le sopracciglia) essere stato (usa il maschile), che si renda conto e che si penta». E poi, nell’intervista: «Mi meraviglio come riesca (sembra rivolgersi a qualcuno e alza le sopracciglia) a tenere dentro di sé questo macigno, chissà quanto (ancora sopracciglia alzate) starà anche male, chissà come anche lui (maschile) vorrebbe liberarsi e forse non trova la forza». L’analisi di Spina è dura. Negare con la testa mentre si afferma qualcosa equivale a smentire se stessi, dice. Chiude gli occhi? Sta processando immagini mentali che preferisce non guardare. Alzare le sopracciglia mentre si pongono domande implica, spesso, che la risposta già la si conosce. E c'è di più: secondo Spina l’uso costante del maschile, in un contesto dove non c’era ancora un colpevole, non sarebbe una casualità. La domanda che pone Spina è se Don Gregorio sapesse chi fosse l’assassino di Chiara Poggi. Nessuna accusa, sia chiaro, ma il sospetto si insinua tra le pieghe di quei gesti che non mentono. L’analisi non direbbe che Don Gregorio ha taciuto una verità. Ma, piuttosto, che potrebbe averne intravisto una, sentita addosso, come un segreto troppo grosso da dire e troppo evidente da nascondere. E se davvero le parole possono essere scelte, i gesti no. E allora forse il corpo di Don Gregorio stava parlando quando tutti pensavano stesse solo pregando.

