Ho visto la puntata di Muschio Selvaggio con ospite il presidente della Campania Vincenzo De Luca e devo dire che Fedez ogni tanto mi sorprende. Forse alla fine il fatto di essere padre di famiglia lo aiuta a comprendere meglio che quello che sta accadendo nella scena musicale italiana, in particolare nel mondo rap-trap dei giovani, è non solo una deriva musicale ma un abisso socio culturale in cui sta sprofondando la nuova generazione. La riprova si è avuta per la reazione di Emis Killa che per difendere Shiva, arrestato dopo aver sparato a due persone, ha dato del "carabiniere" a Fedez - attraverso una emoji - e poi gli ha detto di stare alla larga da lui e dai suoi amici "street". E mi fa piacere che personalmente da mesi sto richiamando l’attenzione su questa problematica anche avendo messo in evidenza la questione delle gang. E devo ammettere che questo nuovo trend, certamente di forte imprinting commerciale, da parte di alcuni artisti americani di lanciare sul mercato (subito sold out) questi cellulari senza internet, mi fa sobbalzare sulla sedia e mi incute la speranza che finalmente questa macro bolla che si è creata imploda come effettivamente merita. Chissà che prima di lasciare questa terra possa rivedere gente leggere i giornali nei bar, dai barbieri, davanti alle edicole o sulle panchine del parco. Chissà che si cessi di entrare nella testa della gente influenzandola all’acquisto di beni che nella maggior parte dei casi dono futili. Chissà che non la si finisca di mercificare tutto, bambini compresi. Utopia?
Anche i terremoti, le eruzioni, le alluvioni, le malattie sono fuori dai nostri pensieri quotidiani: eppure accadono, e quando accadono lasciano segni indelebili. Comunque tornando al tema Fedez-Muschio Selvaggio-Shiva, piuttosto che scrivere articoli che ho già scritto, tornando ad un mio vecchio mestiere ho scritto una sceneggiatura di un cortometraggio che in realtà è una metafora che può essere utile a rispondere a tutti quelli che si schierano a favore di Shiva non cantante ma criminale, con in testa chi poi dice a Fedez di “pulirsi la bocca” quando ne usa il nome (Emis Killa). La regalo questa piccola sceneggiatura magari a chi ne vorrà trarre spunto per scrivere nel cinema quello che accade nella musica oggi. Anche se ci vorrebbe una serie di almeno 10 stagioni per raccontarlo.
I protagonisti di questo metaforico cortometraggio sono: Totò (non il grande attore), Bernardo e Matteo.
Titolo:
"La Strada è Casa Nostra"
Apertura su una piccola piazza in un paesino della Sicilia negli anni '60.
Un gruppo di ragazzini sta giocando a pallone, mentre altri sono seduti ai tavolini di un bar.
Si sente in sottofondo la musica di un jukebox con canzoni rap americane (paradosso).
Narratore (voce fuori campo):
In un'epoca in cui la mafia era padrona della Sicilia, c'era un gruppo di ragazzi che crescevano nelle strade di alcuni piccoli paesi come Corleone, Castelvetrano e altri ancora.
Vivendo in una realtà dove la legge della strada era più forte di quella dello Stato, questi giovani si trovavano costretti ad adattarsi alla vita della "street siciliana".
Si vedono i ragazzini correre per le strade del paese, mentre le donne fanno la spesa e gli uomini chiacchierano davanti al bar.
Narratore (voce fuori campo):
Cresciuti con l'immagine di personaggi mafiosi come il famoso bandito Giuliano, questi ragazzi lo vedevano come una sorta di Robin Hood, che rubava ai ricchi per dare ai poveri.
Ma la realtà era ben diversa.
Si vedono i ragazzini rubare frutta e verdura dai carretti dei venditori ambulanti e distribuirla tra le famiglie povere del paese.
Narratore (voce fuori campo):
Aiutavano la loro comunità, ma con una missione precisa: ciò che dicevano, lo facevano (mi pare fosse questo il motto di Shiva).
E così, quando i membri di una banda rivale tentarono di prendere il controllo del territorio, questi giovani non esitarono a sparare e a tentare di ucciderli. Anche se quelli scappavano disarmati.
Si vede una sparatoria verso i ragazzi e i membri della banda rivale, mentre in sottofondo si sente la voce di un vecchio che racconta la storia di Giuliano.
Narratore (voce fuori campo):
Vivere la strada era la loro unica opzione.
Non erano artisti, non cantavano, ma la loro voce si faceva sentire con le armi.
La scena si sposta all'interno di una sala d'interrogatorio, dove i ragazzi sono seduti di fronte a un poliziotto che li interroga.
Si vedono delle foto di giovani scomparsi appese al muro.
Poliziotto: Chi sono questi ragazzi?
Ragazzo 1: Sono i figli dei nostri nemici.
Poliziotto: Cosa ne avete fatto?
Ragazzo 2: Li abbiamo sciolti nell'acido.
Poliziotto (sconcertato): Perché?
Ragazzo 3: Perché loro avrebbero fatto lo stesso con noi.
La scena si sposta nuovamente in strada, dove i ragazzi sono stati arrestati e la piazza è piena di persone che manifestano.
Si sentono urla e cori.
Narratore (voce fuori campo):
Ma quando i ragazzi vennero arrestati, tutta la comunità si mobilitò.
Le persone scesero in strada o salirono sui palchi per chiedere la loro liberazione.
Si vedono manifestazioni e concerti dove la gente canta e sventola bandiere con scritte come "Free Totò", "Free Bernardo", "Free Matteo".
Narratore (voce fuori campo):
Perché per loro, questi ragazzi erano diventati simboli di resistenza, ribellione e speranza per altri giovani.
La scena finale mostra i ragazzi liberi, che si riuniscono sulla piazza del paese. Si abbracciano e sorridono, mentre in sottofondo si sente la canzone "La Strada è Casa Nostra" di un famoso rapper siciliano, Niko Pandetta; è in carcere senza aver sparato a nessuno e nessuno grida “Free Niko”. Non è commerciale, non è utile agli streaming degli altri e non fa hype. E forse non ha una major come discografica.
Narratore (voce fuori campo):
E così, nonostante tutto, questi giovani avevano dimostrato che la strada era e sempre sarebbe stata, la loro casa.
La scena si dissolve su un panorama del paese, mentre la musica e i cori si intensificano.
Narratore (voce fuori campo):
La strada è casa nostra. Sempre.
Ad Majora.