Per dirla con Franco Battiato, viviamo strani giorni. La discografia è in mano a un manipolo di ragazzini, l’età media dei nuovi discografici è incredibilmente orientata verso i venti più dei trent’anni, le classifiche in mano a artisti sempre più teen, ascoltati in streaming da chi lo streaming usa compulsivamente, quindi ancora di teen parliamo. Il mondo dei live, per contro, che della filiera musicale porta sulle spalle una buona porzione di economie, è saldamente in mano agli over cinquanta. Si pensi agli U2 che fanno filotto allo Sphere di Las Vegas, ai Depeche Mode che rimasti in due non intendono fermarsi, ai Duran Duran che pur cercando la spinta di Victoria dei Maneskin scalpitano per tornare in scena, accompagnati da una bella ventata di artisti attivi negli anni 90, dai Corrs all’infornata di ex boy-band, Backstreet Boys, Blue, Take That, gente che tende agli ottanta, se non li ha addirittura superati, come i Deep Purple e i da poco tornati sul mercato Rolling Stones lì a darci dentro, in buona compagnia di Roger Waters, di Paul McCartney di tanti altri. Una vera e propria dicotomia, come le due comunità diverse che il nostro Vasco Rossi prospettava in Mi si escludeva. E proprio Vasco Rossi ha da poco annunciato sette concerti a San Siro per la prossima estate, e i biglietti sono andati prontamente bruciati in poche ore, accompagnati da tre al San Nicola di Bari, andando a inanellare un nuovo record assoluto. A San Siro, del resto, farà il suo ritorno anche il Boss, Bruce Springsteen, con due concerti a luglio, sia lui che il Blasco da tempo sopra i settanta. Non che siano più giovani, anzi, quei De Gregori e Venditti che hanno fatto ormai non si sa più quante date, Zucchero che di ritorno da un tour mondiale andrà a suonare a sua volta a San Siro, lui che è davvero il nostro artista più conosciuto al mondo, con Bocelli, come il Claudio Baglioni che dopo aver incantato da solo con uno show di oltre tre ore, adesso è pronto a portare in giro lo spettacolo full band, star qui a continuare a citare nomi di gente che, non fossimo nel mondo dello spettacolo, sarebbe già in pensione, o in attesa di andarci, governo Meloni e Inps permettendo, sembra a questo punto un esercizio sterile.
Il fatto è che il mondo della musica sembra davvero equamente diviso in due. Da una parte i Gen Z, lì a spartirsi la top 10, e in effetti anche la top 100, una pletora di nomi che ai più, parlo di chi ha sopra i quarant’anni, stando all’Istat assai più dei giovani, dirà poco e nulla, gente che prende certificazioni come fossero bicchieri d’acqua, sotterrando i nomi classici della nostra canzone italiana a suon di click, copie fisiche non se ne vendono più; dall’altra ci sono i boomer, le vecchie cariatidi, o quantomeno quegli artisti che hanno sfornato e venduto milioni e milioni di vinili, prima, e di cd, poi, andando ora a poggiare le proprie entrate tutte sui live, spesso fatti di concerti con scalette solidissime infarcite di vecchi brani, inutile star qui a tirare fuori canzoni nuove, tanto arriverà lo Shiva di turno a sotterrarle dietro le proprie hit.
Chi sembra destinato a fare una non piacevole fine è la generazione nel mezzo, i quaranta-cinquantenni, non abbastanza vecchi da essere classici, non abbastanza giovani da giocarsela dentro i cellulari dei ragazzini, con le poche eccezioni Cesare Cremonini e Tiziano Ferro, ormai inglobati tra la quota anziani, e Laura Pausini, che fa un discorso a sé, forte di un successo messo da parte negli anni e destinata, probabilmente, a archiviare proprio dopo il da poco uscito Anime Parallele, l’idea di continuare a pubblicare album, tanto la gente va a sentirla a prescindere, per stare insieme a cantare di Marco che se n’è andato, ormai trent’anni fa, e non ritorna più.
A tenere botta, termine ligabuiano che poca è affine al genere in questione, i rapper della seconda ora, vedi Marracash che raduna oltre ottantamila persone in quel del suo Marrageddon milanese, centotrentamila se ci mettiamo anche quelli arrivati a sentire il Lollapalooza del rap a Napoli, o i rinati Club Dogo, che in primavera metteranno insieme circa centoventimila persone nelle dieci date filate al Forum di Assago.
A giocarsela sul fronte live, da studiare con la medesima attenzione che si pratica verso i fenomeni destinati a cambiare le sorti del pianeta, esagero, Ultimo e i Pinguini Tattici Nucleari, questi ultimi titolari del record di biglietti strappati nel 2023, Marco Mengoni lì a pensare cosa farà da grande, se il cantautore o la popstar. Assenti quasi del tutto le donne, Elodie e Annalisa a sbattersi per ritagliarsi quel ruolo da popstar alla Dua Lipa che in effetti in Italia manca almeno da una ventina d’anni, da quando cioè Paola e Chiara si sono in qualche modo eclissate (il loro recente ritorno ha più l’aura della santificazione).
Comunque, è un fatto, i grandi eventi live, quelli che raccolgono folle numerose e osannanti, sono più a beneficio di chi c’era quando i dischi si vendevano e non si streammavano, da Ligabue ai Negramaro, passando per i grandi party di Jovanotti, Jovanotti che sarebbe dovuto tornare nei palasport, non fosse rovinosamente caduto in bicicletta in quel di Santo Domingo.
In attesa che anche i live vengano effettuati dalle intelligenze artificiali, che già si stanno dando da fare in studio di registrazione, prima a comporre e poi a interpretare o aggiustare le interpretazioni dei giovani artisti, non rimane altro che decidere da che parte stare, quella dei giovani cui spetta di diritto il futuro, e in parte anche il presente, o quella degli anziani, che avendo dalla propria il passato giocano di sponda col successo e continuano la propria presenza in scena dimenandosi come scalmanati sui palchi di stadi e arene al grido di “finché c’è vita c’è speranza”.