Morgan nella sua genialità solleva una questione che va molto oltre la banale critica al brano Bellissima di Annalisa. Anche al netto che Annalisa, per quanto mi riguarda, in questo momento è l’unica vera regina del pop italiano. Al punto tale da aver reso un "suddito" persino Laura Pausini. E al di là della lezioncina ad cazzum di Francesca Michielin e della risposta a Morgan di tal Davide Simonetta, a molti è convenuto soprassedere sulla vera questione posta all’attenzione da Morgan: l’esistenza di una lobby nella musica che si rafforza sempre di più producendo una economia circolare al cui interno si trovano nomi che, come lo stesso Morgan asseriva, risulterebbero addirittura più produttivi di hit dei miti della storia della musica internazionale. Non è sfuggita alla penna di Michele Monina, sempre attento alle problematiche che tendono ad escludere sempre più dal cerchio magico giovani talenti e artisti sicuramente più interessanti, almeno per quanto concerne la scrittura dei testi. Un cerchio magico all’interno del quale siedono sempre gli stessi nomi che si dividono il mercato a suon di milioni di euro, gestendo cataloghi editoriali che vengono creati spingendo e sostenendo sempre gli stessi autori e produttori. Un cerchio che farebbe invidia a Giotto per la sua perfezione che parte da Klaus Bonoldi, come già riportato dall’attento Monina e si chiude oggi a Stefano Clessi e alla sua Ecletic adesso licenziata a Warner. E sempre nel cerchio troviamo i nomi di Petrella, Simonetta, Antonacci e da pochissimo anche di Zef (che personalmente ammiro). Autori che scrivono per “cantautori” e questa cosa sinceramente dovrebbe farmi ridere invece mi fa pena.
Tananai, Annalisa e adesso anche il re dei "cantautori new generation" Achille Lauro (che i fan continuano a ricordarmi come il cantautore di Barabba, Ragazzi Madre, sputando addosso all’album 1969) che si fanno cucire addosso abiti che li trasformano, ahimè, in copie fatte al ciclostile, artisti bisognosi di una hit per fare live e per essere in classifica. Brani con testi fatti di frasi che si ripetono e che non rappresentano assolutamente il vissuto dell’artista che quindi da cantautore si trasforma in un mero interprete. E tutto ciò per quale ragione? Perché sempre all’interno del cerchio magico, che per assurdo ha la rotonda forma di torta, a dividersi gli spicchi ci sono editori, discografiche e piattaforme streaming: anzi la piattaforma unica. Spotify. Facile già da oggi intuire di chi sarà la cover della prossima New Music Friday! Da circa 5 anni a questa parte gente molto scaltra e furba ha capito che il vero business nella musica, quello che dura e va oltre gli artisti stessi, sono le edizioni. E a queste si aggiungono i live.
La parte più povera per assurdo è proprio quella generata dalla discografica. E quindi come poter guadagnare da ciò che genera margine? Costruendo un cerchio, la torta, e metterci dentro i giusti ingredienti e laddove questi ingredienti non fossero sufficienti basta acquistarli o prenderli in licenza, come nel caso, certamente non unico, di Warner e Ecletic. Una volta che si è nel cerchio la lobby inizia quel tipico lavoro di pressione cercando di influenzare con varie strategie il pubblico e i consumatori per favorire i propri interessi, leva su elementi immateriali, come il prestigio di cui il gruppo gode, o utilizzando elementi aggiuntivi quali giornalisti (per fortuna non tutti) tv, radio, piattaforme streaming, festival e rassegne musicali, lasciando ad ognuno una fetta di business e di danaro che non sarà mai pari a quello generato dal mercato principale che ha dato origine al cerchio: le edizioni. E i nomi dei Gran Maestri li abbiamo fatti. Magari più avanti parleremo dei “compagni d’arte” e poi dei “muratori” con l’obiettivo di capire chi regge l’apice del compasso.