Facciamo il giochino di “acqua e fuoco”. Se diciamo “Natale”, “feste”, e poi magari aggiungiamo anche “regali”, cosa manca? “Fregature”? Anche, potrebbe essere. No, mancano quei classici del rock su cui l’industria discografica sta facendo affari d’oro, da un quarto di secolo circa, con box commemorativi, edizioni rimasterizzate e/o remixate, inediti, alternative takes. Fra i classici di cui sopra, i Beatles si giocano – solitamente affrontando Bob Dylan in finale – la Champions League riservata a chi prova a cavarti fuori anche l’ultimo pezzo da venti centesimi che hai sul conto. Il 2023, in questo senso, non fa eccezione. Anzi, svetta, sfiorando apici di avidità raramente raggiunti prima. Quale sarebbe quindi l’ennesimo “selling point” di Apple Corps sul fronte Beatles? Un inedito che non è davvero così inedito.
Esce ufficialmente oggi, infatti, “Now and then”, “l’inedito” dei Fab Four. Storia lunghetta, quella di questo brano (nato come provino di John Lennon, in versione ovviamente solista, nel 1977), riassunta – con le obbligatorie omissioni del caso – dal breve documentario, The Beatles-Now and then, the last Beatles song, che da ieri troneggia sulla pagina YouTube dedicata ai quattro di Liverpool. I tre restanti Beatles già lavoravano sul pezzo in questione nel 1994, a un anno dalla pubblicazione del primo volume della “Anthology”, probabilmente il momento in cui lo sfruttamento del catalogo dei Beatles ha iniziato a trasformarsi nel business che oggi, da anni, conosciamo. “Now and then”, all’epoca, non fu ritenuta sufficientemente ripulita/lavorata per accompagnarsi a “Free as a bird” e “Real love”, i due inediti che videro la luce nella serie “Anthology”. Pare che, al di là di questioni tecniche apparentemente irrisolvibili con le tecnologie di allora (il pianoforte copriva troppo la voce di John Lennon), fu George Harrison a opporsi alla pubblicazione. Il “short film” appena uscito sul Tubo a questo punto manda il nastro avanti, facendogli fare un salto fino al 2022, anno in cui Peter Jackson, sfruttando la tecnologia utilizzata per il documentario-serie “Get back” (2021), riesce a risolvere l’annosa questione separando come dio comanda tutte le parti del brano e rendendo “Now and then” finalmente “cristallino” (parole di Macca). Su suggerimento di Paul McCartney, la truppa griffata Beatles affitta così i Capitol Studios (ex Emi) e con Giles Martin – figlio di George – aggiunge un po’ di archi alla preziosa caramella sonora. Tutti felici, tutti gaudenti. Tranne forse proprio i fan dei Beatles.
Fan e collezionisti che si trovano in mano un parziale inedito fatto pagare a peso d’oro. Parziale perché la versione demo del brano è uno dei segreti peggio custoditi fra i tanti che circondano questi classici del rock di cui ci stanno vendendo di tutto, persino i sospiri (non si contano gli esempi – non in campo Beatles, va sottolineato – di robetta inascoltabile, per qualità sonora, spacciata per oro puro). La canzone, seppur non nella versione ripulita e ricostruita che potete ascoltare oggi, emerse su alcuni bootleg già dal lontano 2009. Ma Natale non è Natale se un classico non ci spenna vivi (ma vogliamo continuare a pagarla, la pensione d’oro, ai nostri idoli o no?) e così “Now and then” non solo viene sparata nell’aere come una canzone “nuova”, ma esce anche su tre formati in vinile dal prezzo esorbitante. Inoltre, finirà sulla compilation blu, “1967-1970”, attesa, di nuovo ripubblicata, per il 10 novembre. E vabbè, ma almeno i vinili blu edizione 2023 (per l’occasione ri-esce anche il doppio rosso) non costeranno granché, vero? Sbagliato, cari: perché i vinili non saranno più doppi, ma tripli. Prezzo medio dell’album, 80 euro. E anche qualche fedele e leale collezionista, a questo punto, con un filo di voce (perché la sua pensione, tra l’altro, non è d’oro), sta sibilando un “basta…”