La foto di Shani Louk, 23 anni, tatuatrice e influencer, cittadinanza israeliana e tedesca, morta uccisa macellata e caricata sul retro di un pick up da sette bestie - no, non bestie, ci vorrebbe una categoria a parte per descrivere questi purtroppo esistenti che sono al di sotto delle piante e dei minerali (mi farebbe più impressione spaccare una pietra che sparare in testa a uno di questi, e io sono di solito uno che si fa problemi con le zanzare e tolgo le api morenti dalle bacinelle d’acqua dei miei circa sessanta gatti e dei miei cinque cani sperando che si riprendano) – in un abisso di sessualità e raccapricciante carne morta, in un delirio di necrofilia e bellezza violata fino al parossismo, con quegli anfibi e i pantaloncini aderenti e la maglietta sollevata fino al seno da questi inumani (ecco, forse è questa la parola adeguata: inumani) con le facce orripilanti, il volto spaccato in due da una risata deforme, i denti marci attraverso i quali passa il fetore della fogna che chiamano anima, brandendo un lanciamissili fallico come oggetto – e soggetto - agognato della loro stessa disintegrazione, ecco questa foto resterà nella vergogna della Storia (ma è la Storia stessa ad essere vergognosa) ancora di più dell’ “uomo che cade” dalle torri gemelle, l’11 settembre, su cui Don DeLillo scrisse un romanzo. Questo è quello che penso di Hamas.

Così come penso che l’unica differenza con Netanyahu sia l’abito di sartoria che indossa Bibi, macchiato ancora del sangue di Yitzhak Rabin, ucciso da un simpatizzante del Likud, il partito di cui Netanyahu è presidente, colpevole, Rabin, agli occhi di Yigal Amir, l’assassino della pace e, a mio vedere, primo elettore di Netanyahu (se la logica non mi fa difetto) degli Accordi di Oslo, del 1993, firmati con Yasser Arafat. Arafat, Rabin e Shimon Peres, per quegli accordi, vinsero il Nobel per la Pace, altro che Donald Trump (“give me the weapons, give me the weapons”). La mia posizione su Hamas e Israele e quindi questa: quella degli ebrei ortodossi newyorchesi, da non confondere, per carità, con gli ortodossi israeliani, che hanno sostenuto Netanyahu fino all’obbligo della leva militare (gli ortodossi, si dalla nascita dello Stato di Israele sono stati esentati dalla leva obbligatoria per la loro vita dedita allo studio della Torah – e anche per questo, forse, mi sento più vicino agli ortodossi americani: studio della Torah e secondo emendamento, libro e fucile a pompa – che è meglio). La storia di Hamas è complicata, devastata da lotte interne per il Potere, così come è complicata la storia di Israele. Addentrarsi nei meandri delle colpe e delle recriminazioni è tempo perso, letteralmente tempo perso. A proposito: qui c’è un* esaltat* che mi dice: “Ma quelli sul pick up col cadavere di Shani Louk chissà cosa avevano dovuto vedere per ridursi così. La colpa è di Israele”. Ho appena risposto: “La loro vigliaccheria non può essere colpa di Israele, o della vigliaccheria di Israele, per almeno due ragioni: 1) Uno Stato è un ente collettivo, non può essere vigliacco o coraggioso 2) Trovi chi ti ha fatto del male e gli cavi gli occhi prima di tagliargli la gola, non te la prendi con una ragazzina che sta ascoltando musica.

In buona sostanza sono d’accordo: prepara la guerra per fare la pace. Mi piacciono gli squali, quelli veri, quelli coraggiosi, quelli con le palle grosse, immense, gli squali come Arafat e Rabin, cresciuti e pasciuti nell’ambiente militare e terrorista, abituati ad avere a che fare con i tagliagole di ogni provenienza e status sociale (dai pastori abbrutiti che si portano addosso l’odore delle pecore che si scopano ai multimiliardari dei petroldollari che portano addosso il fetore delle prostitute che si scopano). Due grossi, micidiali, spietati squali Leviatani che a un certo punto dicono: “Ma sai cosa? Basta”. Non mi piacciono i vigliacchetti che campano elemosinando “weapons” per “use them well” contro i civili di Gaza, né i pacificatori palazzinari con l’acquolina ai canini che hanno di fatto espropriato i gazawi della loro esistenza e che li ricicleranno come camerieri, donne delle pulizie, prostitute e pusher nei loro grandi alberghi e nei casinò di quella miliardaria oscena leccaculata da Trump durante il discorso alla Knesset. Epperò il dibattito, almeno in Italia, è da tifo da stadio. Perché siamo una nazione profondamente ignorante. E in questa ignoranza, ovviamente, ci metto i vari e famosi commentatori, di destra, di sinistra, di centro e di quel paese, dei quali ancora devo capire se sono venduti o soltanto ignoranti.
