Ho scritto da freelance per Pc Professionale per circa cinque anni. Ed è stato un periodo bello e intenso. Ho avuto l'opportunità di raccontare storie interessanti e utili a capire i cambiamenti del mondo con la piena libertà e la totale fiducia di direttore e redazione. Sono entrato dentro dei capannoni con temperature sotto zero dove centinaia di server producevano bitcoin; ho conosciuto i segreti degli e-sports e parlato con i campioni prima ancora che scoppiasse la moda; ho smascherato dei gruppi Telegram che in cambio di gadget o piccole somme di denaro chiedevano di produrre recensioni positive falsando mercato e algoritmo e poi tanto, tanto altro. Era difficile annoiarsi lavorando per uno dei mensili di tecnologia più longevi della storia dell’editoria italiana, ma come si dice in questi casi non è tutto oro quel che luccica. C’era un grosso, grossissimo “però” che di tanto in tanto si affacciava sulla mia vita professionale e mi ricordava che i freelance sono nati per soffrire: infatti quelli di Pc Professionale sono stati anni faticosissimi per la riscossione delle fatture.
Il mio rapporto con Visibilia Editore era più o meno questo: ogni volta che c'era da riscuotere le fatture che la stessa amministrazione del giornale mi ricordava ogni mese di emettere, iniziavano i problemi e spesso - dopo decine di email di sollecito cadute nel vuoto - si arrivava alla fatidica frase che ogni giornalista freelance custodisce in un angolo della propria dignità professionale che più o meno suona così: “E allora ti faccio scrivere dall'avvocato!”. Se siete freelance (in qualsiasi campo) sapete di cosa sto parlando. Ogni volta la stessa identica dinamica: pagamenti accumulati, solleciti e contro solleciti e minaccia di mettere in mezzo gli avvocati. Quando sembrava inevitabile l'intervento legale - tadàn - ecco che il bonifico si palesava sul conto corrente. Sarà successo cinque, sei, sette volte o forse anche di più. Ed è questa continuità, forse, la cosa che dà più fastidio di queste storie. Sì, ho scritto storie, al plurale, perché questa è solo una delle tante. E una parte di me è abbastanza certa che se non fosse coinvolta una ministra non sarebbe mai uscita. Pensate a quanti non-ministri che fanno questo stesso gioco ci sono in questo momento in Italia. Chissà quanti ne conoscete, chissà quanti di questi hanno ancora i vostri soldi. Ma non sono al governo e il fatto che non paghino gli stipendi non diventa un criterio di “notiziabilità”.
Poi arriva maggio del 2022 e finisce tutto: la redazione fissa viene mandata a casa, il giornale è dato in gestione a un service esterno e i collaboratori spariscono di botto (poi un giorno parleremo della caducità dei freelance nel mondo del giornalismo). A quel punto capisco che la malaparata è dietro l’angolo e inizio subito a chiedere i miei soldi. E lo faccio con insistenza vista la brusca maniera con cui è terminato il rapporto di collaborazione. Non ricevo risposte e va a finire che all’ennesima email ignorata l’avvocato devo metterlo davvero. Stavolta non è una minaccia. Grazie al suo lavoro ho recupero tutto quello che mi era dovuto, ma so di essere stato fortunato. Perché per molti la situazione è ancora aperta e in bilico e basta leggere i giornali per capire che si tratta di anni di lavoro e tfr. Ieri ero a Milano per delle riunioni di lavoro e un paio di persone che conoscono bene la mia storia professionale mi hanno chiesto cosa pensassi della ministra che – stando a delle notizie riportate da il Fatto Quotidiano - faceva pesare sui bilanci dell’azienda una Maserati e un appartamento nel pieno centro di Roma. Io non so se è vero, ma su queste cose sono molto laico. Io rispetto la ricchezza altrui e non amo le lotte di classe per partito preso. Se sei ricco, buon per te. Se mi si dice che quell'appartamento serviva come appoggio per le redazioni o che quella macchina faceva il bene del gruppo io non ho problemi. Viva il lusso se fa lavorare tanto e bene le persone. E a Pc professionale si lavorava tanto e bene. Peccato che poi le cose sono andate in un’altra direzione e quel che resta alla fine di questa storia (che è finita per me, ma la sensazione è che andrà ancora tanto avanti) è solo tanto amaro in bocca.