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Il furgone della ditta si schianta: muore studente sedicenne che stava facendo uno stage. Ripartono le proteste contro l’alternanza scuola-lavoro, ma...

15 febbraio 2022

Il furgone della ditta si schianta: muore studente sedicenne che stava facendo uno stage. Ripartono le proteste contro l’alternanza scuola-lavoro, ma...
Prima il diciottenne Lorenzo Parelli, ora il sedicenne Giuseppe Lenoci: un altro studente è morto durante uno stage. Il ragazzo era a bordo del furgone della ditta di termoidraulica nella quale si stava formando, quano il mezzo si è schiantato contro un albero. Le associazioni studentesche protestano: “Non si può morire di lavoro a 16 anni”

Uno studente di sedici anni, Giuseppe Lenoci, è morto in un incidente stradale mentre era a bordo del furgone di una ditta di termoidraulica in cui stava facendo uno stage. Il mezzo, guidato da un operaio 37enne che è stato balzato fuori e trasportato in gravi condizioni in elicottero all’ospedale, si è schiantato contro un albero: per Giuseppe non c’è stato niente da fare e i soccorritori hanno faticato a estrarre il corpo intrappolato tra le lamiere.

A giugno Giuseppe si sarebbe diplomato come operaio specializzato, appunto, in termoidraulica. Viene subito alla mente un altro studente morto di recente durante uno stage, seppure in circostanze diverse: era accaduto neanche un mese fa a Lorenzo Parelli, la cui morte che aveva scosso, indignato e mobilitato gli studenti. È successo di nuovo. Prima a Udine, ora nell’Anconetano.

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La foto di Giuseppe Lenoci diffusa da vari giornali

Forse ancor più che dopo la tragedia di Lorenzo, è durissima la reazione delle organizzazioni studentesche: “Non è possibile – le parole per esempio Tommaso Biancuzzi della Rete degli studenti riportate dal Corriere –  morire di lavoro a 16 anni, questo evidentemente ci deve far interrogare profondamente non solo sul rapporto fra scuola e lavoro, ma anche su quanto ci sia urgenza in questo Paese di risolvere il problema della sicurezza sul lavoro”.

Appresa la notizia, il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha lasciato in anticipo un convegno e, esprimendo “il più profondo dolore e vicinanza alla famiglia”, ha promesso interventi sulle norme che regolano gli stage: “La sicurezza sul lavoro deve essere sempre garantita, a maggior ragione quando sono coinvolti dei ragazzi in formazione”. Il ministro ritiene “urgente ritrovarci anche insieme alle Regioni per un iter che porti a una maggiore sicurezza in tutti i percorsi di formazione dove sono previsti contatti dei nostri giovani con il mondo del lavoro”. Bianchi ha comunque sottolineato che il ragazzo "non era impegnato nell'alternanza scuola-lavoro" ma "in uno stage informativo".

A questo proposito c’è chi, come Nicola Porro, se la prende con chi “strumentalizzata” la notizia: “È morto un altro stagista? No – le parole del vicedirettore del Giornale e conduttore di Quarta Repubblica durante la sua Zuppa di oggi – è morta un’altra persona sulle strade. È morto un altro giovane in un incidente stradale. Non stiamo piangendo la morte di un ragazzino e dovremmo piangerla, perché ci sono tanti ragazzini che muoiono in macchina e ci sono mi sembra cinquemila persone che muoiono ogni anno in auto. E quelle persone in auto stanno andando da qualche parte: non è che io condanno il turismo perché c’è una persona che sta andando a fare turismo. Ma per uccidere l’alternanza scuola-lavoro (perché vogliamo creare dei ragazzini che non fanno la maturità, che non fanno gli scritti, che devono prendersi il reddito di cittadinanza, che non devono sapere che cazzo vuol dire lavorare, che gli cade la corona se devono andare a fare l’alternanza scuola-lavoro in una termotecnica o a McDonald’s, perché quello non serve a niente, mentre serve stare a giocare a Fortnite tutto il giorno), per distruggere l’alternanza scuola-lavoro che è una cosa sacrosanta i nostri giornali sono dei fenomeni. Non c’è nessun giornale che prenda le difese di scuola-lavoro. Ma vedrete che questa roba dell’alternanza scuola-lavoro la faranno fuori. E terremo questi ragazzini che stanno a scuola fino a 18 anni, poi andranno in queste università (come ho fatto io) in cui non ti fanno vedere manco un’azienda e noi pensiamo di essere dei fenomeni, mentre ci sono non gli indiani, non i pachistani che ci fanno un culo così, ma gli stessi Paesi più civili, francesi, tedeschi, inglesi, americani, che a 22 anni sanno che cos’è un’azienda, anche quella di termotecnica. Ma a noi ovviamente scuola-lavoro ci fa orrore – conclude Porro – per l’idea veramente «de sinistra» per cui la scuola è una cosa e il lavoro è un’altra”.

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