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Il nonno del piccolo Mattia ucciso a Santo Stefano di Cadore: “Oltre al dramma dobbiamo preoccuparci

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

8 luglio 2023

Il nonno del piccolo Mattia ucciso a Santo Stefano di Cadore: “Oltre al dramma dobbiamo preoccuparci che non venga fatta giustizia?”
Una tragedia alla quale potrebbe aggiungersi, secondo Luigi Antoniello, il nonno del piccolo Mattia e il padre di Matteo Antoniello, due delle tre vittime falciate da un’Audi a Santo Stefano di Cadore, l’impossibilità di avere una pena certa per la tedesca alla guida. Tra lo scetticismo per i tempi e i modi della Legge italiana e le informazioni finora disponibili sulla ragazza (“Se è una girovaga, dove andremo noi a rintracciarla?”), nonno Luigi piange le perdita e chiede che venga fatta giustizia

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Perdere un figlio e un nipote, sopravvivergli, e temere che giustizia non verrà mai fatta. A parlare è Luigi Antoniello, il nonno sopravvissuto all’incidente a Santo Stefano di Cadore, quando un’Audi guidata da una ragazza tedesca di 32 anni ha travolto la famiglia, portandosi via la consuocera Maria Grazia, il 48enne Marco e il piccolo Mattia, di soli due anni. La donna, dopo lo shock iniziale, era stata arrestata per essere sottoposta agli esami tossicologici. Tra le varie piste ci sarebbe la cattiva condotta alla guida, probabilmente per via di un cellulare, ma anche l’assunzione di sostanze stupefacenti. Tuttavia, se la donna dovesse risultare pulita potrebbe uscire e non essere sottoposta allo stato di fermo. Qui entrano in gioco le paure di nonno Luigi: “Adesso abbiamo paura che vada via. Se è risultata negativa all’esame tossicologico e al test dell’alcol, e la rilasciano, quella donna potrebbe allontanarsi dall’Italia”.

La scenda dell'incidente
La scenda dell'incidente

La donna accusata, che potrebbe dover rispondere di omicidio stradale, potrebbe essere “nomade” e quindi sparire, secondo Luigi, senza possibilità di essere trovata: “Si dice in paese che in macchina la conducente avesse coperte, abiti e tutto il necessario per viaggiare e stare via. Se è una girovaga, dove andremo noi a rintracciarla? Oltre al dolore della perdita dobbiamo accollarci anche la preoccupazione che non venga fatta giustizia”. È anche preoccupato per la nuora, Elena, rimasta sola con un figlio piccolo, risparmiato dall’impatto, ma senza marito, un altro bimbo, e sua madre. “Non si può lasciare un attimo, ha bisogno di supporto psicologico continuo. Ha perso i suoi tre punti di riferimento. Ha una voragine sotto ai piedi”. Anche la ricostruzione non gli torna. La macchina sembra andasse a 70 chilometri orari, ma per Luigi non sarebbe giustificata, così, la forza dell’impatto: “Ma se mio figlio pesa novanta chili, com’è stato possibile far sbalzare il corpo a oltre trenta metri di distanza a quella velocità?”. Insieme a Luigi anche il fratello di Elena, Marco Potente, si dice scettico sulla giustizia italiana, che potrebbe, come in altri casi, finire per non punire la donna: “Neanche facendo giustizia si riporterebbe in vita la mia famiglia. Chi è responsabile deve marcire in galera. Non deve succedere come al solito, che chiedono l’estradizione o scontano un paio di anni e poi sono liberi. Di queste tragedie ne accadono a bizzeffe e non è possibile morire per gesti incoscienti. Correre in centro città a oltre cento all’ora con il limite dei cinquanta, e perdere il controllo del mezzo falciando i pedoni”.

L'Audi dell'incidente
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