Pick up e Carretti siciliani
L’America è un’isola, come la Sicilia, soltanto un po’ più grande. Mucche ci sono lì e mucche ci sono qui. Lì usano i pick-up, qui l’Ape Piaggio perché gli spostamenti sono più brevi, ma l’ascendenza è la stessa: il carro dei pionieri in America, il carretto siciliano con le scene dell’opera dei pupi pittate sopra qui da noi. Noi usiamo la lupara, loro il Winchester perché la distanza è maggiore. Noi abbiamo la coppola e loro lo Stetson, che è più largo ma il concetto è uguale. Loro sono fissati con il barbecue, noi con l’arrusti e mangia, che sono identici.
E anche i siciliani, come gli americani, avevano un sogno: il sogno siciliano. Era uguale a quello americano, con la casa nella fattoria e il patio davanti. Nacque con la riforma agraria, con la fine dei latifondi, con la redistribuzione della terra ai contadini. “Diventeremo tutti piccoli imprenditori agricoli e col sudore della nostra fronte ci costruiremo una casetta con la veranda davanti, e la sera ci berremo il vino con la gazzosa (che è il corrispettivo della birra in Sicilia) e guarderemo i nostri campi al tramonto”.
E invece non si fece nessun corso di formazione: i contadini analfabeti erano e analfabeti restarono, non sapevano neanche fare di conto. Illuderli con il sogno siciliano fatto di piccola imprenditoria agricola fu la maniera più veloce per le banche di allungare i loro artigli sulle speranze della povera gente. Quei lotti di terreno furono confiscati per debiti.
Mentre i siciliani, quelli svegli, quelli che dei sogni se ne fottevano alla grande, si buttarono in politica. E non c’è bisogno di dirvi come andò a finire, perché finì come la Sicilia è proprio adesso: affari, politica, mafia. La Sicilia è sempre prosperata sulla fame. Se il popolo è affamato e con la schiena spezzata, è facile poi chiedere voti in cambio di contratti trimestrali (quando non sono “le” cinquanta euro fatte scivolare di nascosto nelle tasche ai seggi elettorali).
Qui in Sicilia non si sogna più. Dove nasci, resti. I ricchi diventano sempre più ricchi e ai poveri marciscono i denti. L’America sta diventando come la Sicilia. Uguale. Solo un po’ più in grande.
Durante il No Kings Day del 19 ottobre si è manifestato anche per questo, per la scomparsa del sogno americano. Si è scesi in piazza contro la crescente disuguaglianza economica che favorisce le élite e impedisce la scalata sociale, quell’“ambizione” che in America è sempre stata una parola sacra, mentre qui da noi, in Italia, ma forse è meglio dire in Sicilia — ché l’Italia è solo una costola dell’isola — “una persona ambiziosa” è stata sempre mal vista, come qualcuno che “non sa stare al suo posto”. E quale è questo posto? Dove nasci. E statti muto.
La Sicilia non è "rurale" è "distopica", post-apocalittica: siamo decaduti prima
Si è manifestato contro la mancanza di mobilità sociale: l’istruzione dovrebbe garantirla, ma le università private garantiscono accesso ai posti di lavoro migliori e al loro interno prosperano quelle lobby che sono l’innervatura del sistema — dicono economico, ma in realtà affaristico — della nazione. E si è manifestato contro un sistema politico sempre più corrotto, sempre più affaristico, sempre più personalizzato e sull’uso della forza per reprimere il dissenso civile.
Non credo ci sia bisogno di fare esempi sull’uso della forza in Sicilia. Da parte della mafia e da parte dello Stato, che infatti si fecero la loro bella trattativa Stato-Mafia. L’ho sempre sostenuto: la Sicilia non è “arretrata”, è proiettata nel vostro futuro. Noi siamo ascesi prima e prima siamo decaduti. Noi abbiamo avuto il nostro impero greco e poi siamo rotolati giù, verso l’Apocalisse che attende anche voi. La “ruralità” siciliana non è arcaica, è distopica. Noi viviamo in un paesaggio post-apocalittico. E l’America, come avevo previsto, ci sta raggiungendo.
C’è una contraddizione di fondo, però, da notare nella situazione americana. Secondo la vulgata, Donald Trump si sarebbe “fatto da solo”. Non è così. Forse il nonno, che iniziò come barbiere ma fece i soldi con i bar della “corsa dell’oro” (e secondo me, le prostitute, in quei bar, c’erano). Ma Donald è un figlio di papà. Proprio come in Sicilia: il sogno americano è una fake news propalata per fare stare buoni i poveri e farli trastullare con speranze che saranno inevitabilmente deluse.
Le Big Tech sono state le ultime imprese nate sotto quel sogno, e non è un caso che il futuro del mondo si giochi nel contrasto-alleanza tra le vecchie élite e le nuove e tecnologiche. Ma i giochi sono finiti. Come in Sicilia. La “mafia” tecnologica, quella delle élite, quella delle lobby, quella dei palazzinari, quella degli affari e quella della politica comandano. Non c’è spazio più per nessuna “ambizione”. Dovete stare al vostro posto. Dove siete nati.
Voglia di "paciere" (non è un refuso)
In questo Donald Trump è un perfetto siculo: passeggia nel Corso del suo paese come il notabile sfacciato, che non è – non fate questo errore – un atto di prepotenza ma di pura teatralità. Perché il Teatro è nato qui, sulle nostre coste orientali, quando ci chiamavamo Magna Grecia. Qui nessuno è nessuno se non chi si “impersona” e il Corso del paese è il palcoscenico che i siciliani sanno usare per istinto del sangue: nel Corso ci si “paparìa”, ci si mette in mostra come le papere che starnazzano, e chi non è all’altezza si “cassarìa”, da “cassero”, nome siciliano per il Corso si confonde, assaltato come è dai mille input dei compaesani in tenuta “domenicale”, con l’abito buono. Donald Trump vive in una eterna domenica sicula, è questo il suo “eterno presente”. Trump non “governa” (gli stallieri e i vaccari “governano” le bestie), lui “si fa vedere”, si “cantrìa”, da “cantaro”, unità di misura, si soppesa, si avviluppa nella propria presenza, e al pranzo (della domenica) se la “spacchìa”, da “spacchio”, termine siciliano che significa sperma, mostra la sua virilità: i parenti, gli amici, hanno problemi? Lui li risolve. Il suo è il punto di vista del siculo: sa tutto di tutti; non solo ha una opinione, ce l’ha esatta. Per questo, a volte, i siciliani tirano fuori il coltello: divergenze di punti di vista. In qualche maniera ricorda (o forse è identico a) Don Vito Corleone, che nel giorno di festa riceve i compaesani che gli chiedono aiuto. La sua fissazione con la “pace” non ha niente di “pacifico” (un uomo “pacifico” non riderebbe mai alla propria battuta, rivolta a Netanyahu, “give me the weapons, give me the weapons”, parlando di armi con cui uccidere (anche) civili inermi e innocenti. La sua voglia di “pace” è voglia di “paciere”, colui che porta la pace nelle guerre di mafia, il Padrino in grado di comandare su entrambe le famiglie in faida: il “paciere” non è l’uomo della pace, è l’uomo del Potere, così ragiona un siciliano per cui la pace è un concetto inesistente: la pace, se ancora vogliamo parlare così, è per un siciliano un equilibrio di violenze inespresse, in potenza, “potrei ammazzarti, ma non lo faccio” e la conclusione: “Non ne ho bisogno”. E’ questa la “Grazia” siciliana: evitare di uccidere qualcuno e tra questi due estremi si muove l’etica sicula: vendetta e grazia, che è anche l’Etica Trumpiana (ci andrebbe scritta, lo so, un’etica trumpiana al modo in cui Aristotele scrisse la sua Etica Nicomachea: Aristotele, potete chiamarlo “greco” o “siculo”, dipende dal punto di vista: chi dice “Magna Grecia”, chi dice “Sicilia”. Io aggiungerei: “Chi dice America”.
(Non senti anche tu nell’aria come un giramento di balle globali? Non ti terrorizza questa vibrazione che senti sotto il selcialto? Come se mandrie di poveri stessero per andare fuori di testa?).
Angeliche, Tancredi e Calogeri Sedara
Così tutto deve cambiare perché nulla cambi. Anche alla Casa Bianca, dove le ruspe sono in azione per la costruzione di una sala da ballo da 300 milioni di dollari mentre Melania, da buona moglie sicula, oculata e gelosa, si ribella all'idea). Perché non c’è Potere che si perpetui senza salon, senza le Angeliche e i loro Tancredi. Solo lo sguardo del Principe di Salina, distaccato, disincantato, inchioda quest’epoca alle sue premesse e alle sue conseguenze, solo il Gattopardo vede Donald Trump per quello che è, un Calogero Sedara, un arricchito che è diventato sindaco, o presidente degli Stati Uniti, è la stessa cosa. Così tutto decade: i valori, il senso della Storia per come ingenuamente si credette, le tradizioni tramandate come segreti. Ai codici e alle diplomazie che affondavano le radici nel sogno templare e federiciano si sostituiscono le sgomitate, le risate che spaccano in due i volti rifatti, i denti immensi come gli specchi. Alla nobile ingiustizia si sostituisce l’ingiustizia ignobile. Mentre la Sicilia avvera la sua profezia di Regina del Mondo, i veri siciliani sono oramai salpati verso l’Atlantide della saggezza. Verso l’Antartide delle anime raggelate. Restano i palazzi vuoti, riempiti di gridolini di gioia e urla di orrore. Sì, restano i palazzi, ma vuoti. Danza solo la polvere. Si sono sgretolati gli Stemmi.