Orribile. L’immagine di Gesù di cui si sta discutendo a Siviglia è orribile, l’espressione esemplare del difetto cognitivo della nostra società, il semplicismo. Viviamo nell’epoca dei sempliciotti e provochiamo in modo sempliciotto. Come in questo caso. Il caso è tanto lineare e prevedibile quanto triste: 24-31 marzo, inizio della Settimana Santa a Siviglia. Il Consiglio delle confraternite, come ogni anno, incarica un artista di realizzare il manifesto ufficiale. Salustiano Garcìa ha disegnato Cristo, ma è scoppiata la solita guerra tra conservatori e i gruppi lgbtq+, cioè tra chi tendenzialmente ha a cuore quotidianamente la Chiesa e chi, il più delle volte, lotta in aperto contrasto con essa. Che i primi abbiano criticato l’opera e che i secondi l’abbiano adorata dovrebbe essere già un buon indizio di cosa dovremmo pensare. Orribile. La raffigurazione non ha spessore teologico, quindi risulta abbastanza inutile se non ai finit della pura appariscenza, del puro spettacolo. Ma Cristo non è uno spettacolo. La nudità martoriata del Messia diventa una sensualità smaccata da commedia romantica del primo decennio. Chi la difende parla di progressismo, di una Chiesa più aperta e delle solite menti chiuse che mal sopportano i cambiamenti. Ottusi e – dice un antropologo – “fondamentalisti”. È una conclusione scientifica, antropologica su una categoria di fedeli, o un giudizio politico, su una categoria di cittadini mal sopportati? Ma tra i gretti conservatori insofferenti verso il cambiamento e i civili progressisti insofferenti verso tutto ciò che finora non è cambiato, con chi scegliere di stare?
Nella maggior parte dei casi della nostra vita saremmo dalla parte dei conservatori. Evitiamo di arrischiarci in cose che funzionano in modo opposto da “sempre”. Evitiamo di non cuocere la carne e mangiarla cruda e appena cacciata, evitiamo di dormire in balcone di inverno. Ma in questo caso sempre di no, sembra che le mode debbano contagiare ciò che da quelle stesse mode resta per definizione fuori: la tradizione (la democrazia reale, quella che dura da generazioni). Preferiamo il trancio di fede crudo e appena cacciato a una fede ben cotta, addomesticata, resa digeribile e godibile. A una fede gustosa preferiamo una fede violenta e grossolana, con i peli addosso dell’animale ucciso. La Chiesa. Peccato. Il dipinto è imbecille, nel senso – anch’esso passato di moda – di impotente, malfermo. Non è moderno in nessun senso intelligente. Moderno sarebbe stato raffigurarlo in base agli studi recenti, che lo fanno scuro, e decisamente diverso da Jared Leto; e anche in questo caso ci sarebbe stato da discutere. Di certo non è intelligente presentare un’immagine tanto estetizzata, di un uomo che sembra essere uscito dall’estetista dopo essersi fatto fare ciglia, sopracciglia, barba e peli del naso. Ancora una volta specchio dei nostri tempi, in un certo senso imbecilli, cioè senza bastone, senza appoggi, senza punti fermi. Proprio per questo avremmo bisogno del vero Cristo, dell’amore e della spada, del trionfo e delle certezze. Un Cristo nemico delle ideologie e del porno, cioè delle piccole idee alla portata di tutti. In grado di smascherare i falsi profeti e ancora di più, i veri tiranni. Il punto dunque non è neanche dimostrare che l’artista abbia effettivamente voluto dipingere un Cristo fluido (lui dice di no). Il punto è che, di fronte a un Cristo fluido, qualcuno gioisce, come se solo un Messia fluido potesse parlare al presente. Ma Gesù, che conosce il numero dei nostri capelli e sa che valiamo più di molti passeri (cercare nel Vangelo), non ha bisogno, per conoscerci, per parlarci, di diventare il simbolo di un pride.