“Potrei parlarti di una famosa chat in cui diversi uomini catalogavano e davano i voti chi al culo, chi alle tette, chi alle gambe di queste giovani stagiste che potevano essere le loro figlie”: l’'intervista choc al famoso pubblicitario Massimo Guastini a Monica Rossi (firma che preferisce rimanere anonima) sul profilo Facebook di quest’ultima, puntando il dito verso il collega Pasquale Diaferia - sul quale però non è noto che siano state sporte querele o si trovi indagato - ha aperto il Vaso di Pandora dello scandalo-molestie nel settore delle agenzie pubblicitarie che da giorni fa discutere sui social. E ci sono anche le rivelazioni (continue) di Tania, copywriter freelance, che ha raccontato la sua pessima esperienza lavorativa e sta raccogliendo quelle di tante altre...
Le accuse di Guastini a Pasquale Diaferia
Guastini, in quest’ottica, fa un nome preciso: quello del collega Pasquale Diaferia. Nell’intervista del 9 giugno scorso, Guastini, nel settore dal 1983 e che è stato per due mandati il Presidente dell' Arts Director Club Italiano (ADCI), l'associazione culturale che dal 1985 riunisce i migliori professionisti nel campo della comunicazione pubblicitaria, attacca Diaferia. Lo definisce “molestatore seriale”, senza giri di parole. Il tutto prende le mosse da un invito fatto dall’ADCI allo stesso Diaferia, tra i più noti pubblicitari del settore, come mentore e formatore per i suoi esponenti. Guastini non dice che Diaferia un molestatore “per certo che lo è stato tra il 2007 e il 2016. Perché me l’hanno raccontato una dozzina di ragazze. L’ultima proprio in questi giorni anche se i fatti che mi ha descritto avvennero nel 2012”. Diaferia è autore di campagne per gruppi come Barilla, Moschino, Olivetti, Panorama e – lo sottolineiamo – non ha alcuna denuncia penale o men che meno condanna pendente sul tema. Gli attacchi di Guastini nell’intervista all’anonima Rossi, qua leggibile integralmente, sono mirati, diretti e precisi. Parla di incontri con alcune delle presunte vittime di avance e comportamenti equivoci e di una serie di fatti da lui acquisiti durante la sua esperienza di presidente.
Il nodo silenzio
Per Rossi (o chi per lei) si pone quindi il problema di perché nessuna delle ragazze abbia mai denunciato. “Perchè tutte le vittime hanno avuto e hanno paura di denunciare”, è la risposta di Guastini. “Uno perché non vogliono rivivere quel trauma, due perché hanno bisogno di lavorare e gravitano nel medesimo ambiente, tre per la vergogna, quattro per la paura di ritorsioni e cinque per il terrore di non essere credute e tutelate”, l’affondo dell’esperto. Rossi sostiene di aver sentito molte delle testimoni dei fatti che vengono denunciati via social e di aver avuto conferme. Ma l’affondo di Guastini ha prodotto un vero e proprio terremoto tra le personalità del settore. E come un vero e proprio “MeToo” all’italiana si sono unite alla sua denuncia una serie di testimonianze di prima mano.
Una serie di discese in campo
A confermare pubblicamente la versione di Guastini è stata, sul suo profilo LinkedIn, una professionista del settore, Giulia Segalla, che spiegadi essere la persona di cui Guastini parla come di una stagista che nel 2011 avrebbe subito una molestia durante un passaggio in auto da Diaferia, di trent’anni più vecchio di lei. “Al tempo dei fatti io avevo 20 anni, i suoi 50 avrebbero potuto suggerirgli quanta paura potevo provare dentro a quell’auto e quanta ancora me ne ha causata continuando a contattarmi, scrivendomi ovunque, chiamandomi per convincermi delle sue buone intenzioni nei miei confronti”, scrive Segalla. Una collega, Daniela Montieri, ha rilanciato definendo il problema proprio dell’intero settore: “i “creativi” si sono fatti notare anche per la loro abilità nel calpestare in particolare i diritti e la dignità delle donne. Non che negli altri mestieri non succeda, ma nel nostro orticello sembra che ci siano dei veri talenti”. E Flavia Brevi, capa della comunicazione di Fondazione Libellula, ha denunciato l’ampiezza del problema nella sua newsletter “Siamo Brevi”.
Ad oggi a queste tre discese in campo si è aggiunta la dolorosa serie di confessioni di Tania, su Instagram Taniume, un’influencer che lavora come dipendente in un’agenza pubblicitaria e ha messo in evidenza sul suo profilo Instagram una serie di denunce di molestie subite da giovane professionista. A cui hanno risposto una serie di donne del settore che hanno parlato di molestie di vario tipo, da battute sessiste ricevute all’annuncio della gravidanza a palpeggiamenti. La montagna è franata sotto le parole di Guastini e il dilemma è chiaro: cosa succederà ora?
Settore pubblicitario a rischio reputazionale?
Nel breve periodo, Diaferia è stato espulso – con votazione all’unanimità – dall’Adci. Ma – è bene sottolinearlo – manca ad oggi una voce del diretto interessato delle accuse sulla vicenda. Sui suoi profili social Diaferia ha scritto, dal 9 giugno in avanti, di libri, vacanze, del Festival di Cannes, della morte di Silvio Berlusconi e della finale di Champions League. Ma si tiene fuori dal dibattito che lo riguarda direttamente. E da studiosi e garantisti, è bene rilevarlo. Abbiamo una parte in causa che affonda e un personaggio sotto accusa che non si smarca, né replica. Fatto notevole. Ma che informativamente ha valore, dato che spesso nei “MeToo” di vari Paesi la querelle si è aperta alle risposte degli accusati. Il silenzio di Diaferia non si può interpretare, in assenza di atti burocratici o giudiziari che riguardino effettive denunce o querele nei suoi confronti. E adesso non possiamo andare oltre la presa d’atto di questo fatto. Taniume sul suo profilo Instagram denuncia gli articolisti che ricordano come il problema non riguardi tutto il settore pubblicitario, dicendo che il problema è l’opposto, ma sui social c’è chi prova a scendere in campo difendendo il settore. Tra questi Mizio Ratti di Enfants Terribles che ha scritto: “Non accetto la tesi "così fan tutti". Per questo auspico che escano al più presto i nomi di tutti i molestatori. E non accetto nemmeno la logica della responsabilità individuale: queste cose succedono in ambienti malati. Nelle nostre agenzie non sarebbe mai potuta succedere una cosa del genere, perché i nostri dipendenti sanno che non sarebbe stata tollerata. Queste cose succedono dove trovano il terreno fertile”. Il dibattito si anima e si fa sempre più complesso. Lo terremo monitorato. Nell’attesa che nuove voci escano, nostro dovere è non intorbidire le acque. Parliamo di un caso caldo, complesso, scabroso che riguarda il giro dell’adv milanese e dei settori pubblicitari. Ma un caso – ad oggi – solo mediatico. E che come tale, in attesa di atti più profondi, va trattato. Senza giungere in maniera spericolata a condanne inappellabili o giudizi di sorta. Nel rispetto dell’opinione di tutti.