Ero poco più che uno stagista a Donna Moderna. Ogni giorno leggevo giornali e ritagliavo articoli per trovare idee da proporre nella riunione di redazione. In quel periodo, 2005, c'era una guerra dei sindaci di Bologna e Roma contro il racket dei lavavetri. Mi venne così: perché non mi fingo uno di loro e vedo cosa succede? La direttrice di allora, la mitica Cipriana, ne fu entusiasta. Il giorno dopo ero in strada, seguito da uno dei fotografi del grande Massimo Sestini. Mi ricordo che un automobilista mi rincorse per picchiarmi, che un altro lavavetri mi minaccio perché avevo osato occupare la sua zona, e che dietro al Duomo lavai la macchina di Silvia Grilli, adesso mega direttrice di Grazia, che mi riconobbe e mi disse: "Ma tu che ci fai qui?". E poi mi ricordo che dopo che uscì il magazine mi arrivò una chiamata da Mediaset: "Buongiorno, la vorremmo invitare al programma di Maurizio Costanzo". Pensai: vai cazzo, ora svolto.
Era il programma che andava in onda la mattina presto, non il Costanzo Show. E se non ricordo male non era un buon momento per lui come personaggio televisivo. Quel programma e quella fascia oraria erano un ripiego. Mi ritrovai in un hotel vicino alla stazione Termini di Roma e quella mattina scelsi di vestirmi in un modo improbabile: maglione nero con il collo a V e sotto una camicia verde con un collo che sembrava più un colletto da prete che altro perché aveva i bottoni asimmetrici. Una macchina dai vetri oscurati mi passò a prendere alle 6:30 di mattina. Alle 7 ero negli studi, che in realtà era un teatro. Io ero agitatissimo, nei corridoi invece c'era una calma stranissima. Costanzo intervistava uno a uno gli ospiti. Lui era sul palco con una sedia e un tavolo. Un'altra sedia stava accanto a lui. Scenografia scarna. Le luci erano basse, le assistenti in paranoia. A un certo punto arrivò il mio turno. Era tutto in diretta.
Vi giuro. Non sentii una domanda che fosse una. Ricordo che lui affondava sulla sedia, il collo incavato, davanti a noi le telecamere e il teatro vuoto. Questa è la tv, pensai? Sì era quella. Era lui: Maurizio Costanzo. Con i suoi baffi, i suoi occhialini sul naso, la sua stempiatura, la sua camicia, il suo cardigan e la sua parlata strascicata. Non capivo proprio cosa mi diceva. Un paio di volte gli chiesi di ripetermi cosa mi aveva domandato. Mi avvicinavo per comprenderlo meglio ma niente. E lui: "Ef fff ehm ef ef, no?". Ero troppo in soggezione per richiedergli ancora una volta, in diretta, cosa mi avesse chiesto e quindi fingevo di capire e farfugliavo le risposte a caso.
Cosa mi è rimasto di quell'incontro? Solo ora, ora che probabilmente avrei fatto storie, reel, post di una cosa del genere, mi rendo davvero conto che anche io, almeno una volta, sono stato accanto a uno che ha fatto veramente la storia della tv e di questo Paese. Ma quella volta non percepii niente. Non sentii niente, in tutti sensi. Intorno c'era un'aria stanca, deludente, e io fui troppo educato e assertivo per risultare interessante. Finita la diretta, dieci minuti al massimo, Costanzo passò all'ospite successivo. Poco dopo mi arrivò una chiamata, dei miei genitori, e un messaggio. Era del mio mentore al Tirreno di Montecatini, che avevo lasciato per andare a Milano. Si chiama Alessandro De Gregorio, giornalista di Piombino, cronista di nera grezzo e profondo come un diamante, a lui professionalmente dovevo tanto se non tutto e se mi era venuto in mente di buttarmi in strada a fare finta di un essere un lavavetri era anche per merito suo. In quel messaggio mi diceva questo: "Te non sei andato male però quella camicia, lasciatelo dì, non si poteva vede'". Poi arrivarono altre chiamate, sms, complimenti ma la verità è che quando penso a Maurizio Costanzo mi viene in mente sempre quella sensazione strana di stanchezza, occasioni sprecate, di momenti no (che possono accadere pure se sei Maurizio Costanzo) e di scelte sbagliate, come indossare quella camicia da prete che proprio non si poteva vede'. Ah e poi mi viene in mente mio figlio che quando si è trovato davanti Mick Jagger ci ha parlato per due minuti e quando gli ho detto: Orle, ti rendi conto, hai parlato con Mick Jagger, ma cosa ti ha detto? lui mi ha risposto: "E che ne so. Non ho capito niente". Ecco, io uguale. Solo che mio figlio aveva 6 anni e Maurizio Costanzo non mi parlava in inglese.