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Siamo stati a Palermo al funerale di Vincenzo Agostino. La Sicilia, tra mafia e reticenze, è ancora zona grigia

  • di Emanuele Fragasso Emanuele Fragasso

26 aprile 2024

Siamo stati a Palermo al funerale di Vincenzo Agostino. La Sicilia, tra mafia e reticenze, è ancora zona grigia
Dopo l'omicidio del figlio agente della polizia e della nuora incinta Agostino aveva promesso di non tagliarsi la barba finché non fosse stata fatta chiarezza. Sono passati decenni e la verità non è emersa. Ora anche il padre è morto. Cronaca di una sconfitta, per la legalità e per lo Stato

di Emanuele Fragasso Emanuele Fragasso

Tutti nel corso degli anni abbiamo sperato che Vincenzo Agostino riuscisse a tagliarsi quella dannata barba, ormai diventata iconica. Aveva giurato di tagliarsela solo quando si sarebbero scoperti i reali mandanti dell’omicidio del figlio Nino, l'agente di polizia assassinato dalla mafia, assieme alla moglie incinta Ida Castelluccio, l'8 agosto del 1989.  La sua storia è diventata anche un docufilm, “Io lo so chi siete” di Alessandro Colizzi, scritto da Silvia Cossu.  Quella barba si è fatta sempre più lunga e, da sfida contro la mafia e lo Stato, è diventata una condanna. il 22 aprile a Palermo pioveva, il cielo piangeva proprio nel giorno in cui la città ha dato l’ultimo saluto ad Agostino, il papà antimafia che per oltre quarant’anni ha cercato la verità dietro la morte di suo figlio. 

Pochi sono i politici presenti. Quasi tutti sono tutti impegnati nelle campagne elettorali

Una verità che il signor Agostino e l’amata moglie Augusta - morta qualche anno prima di lui - non potranno conoscere. A pochi minuti dall’inizio della celebrazione del funerale, pochi sono i politici presenti. Quasi tutti sono tutti impegnati nelle campagne elettorali: a giugno si voterà in molti comuni della provincia di Palermo e alle europee. Molto spesso in Sicilia la parola antimafia, così come le vittime di Cosa Nostra, vengono utilizzate dai politici soltanto quando fa loro più comodo. Fuori dalla cattedrale di Palermo poco prima dell’arrivo della bara arrivano centinaia di persone. In pochi conoscevano Vincenzo Agostino dal vivo, tutti però sapevano del suo dolore e delle sue battaglie.

“Salutarlo per l’ultima volta è un imperativo per me - dice Francesca, una giovane studentessa di Scienze Politiche all’Università degli Studi di Palermo - è anche per persone come lui, come sua moglie e come i suoi figli se oggi noi giovani viviamo in una Palermo più pulita e meno mafiosa”. La giovane, bionda, occhi azzurri e un piercing sulla narice destra non riesce a trattenere le lacrime e scoppia in un pianto. Nelle sue lacrime - che velocemente scendono dagli occhi alle guance verso la felpa color rosso di un’associazione studentesca palermitana di sinistra - c’è tutta la rabbia e la scontentezza che i giovani siciliani - i Gen Z - covano dentro di loro da anni. “Non possiamo far altro che raccogliere la sua identità - continua Francesca a fatica, mentre inizia ad arrossarsi in viso - lo dobbiamo a Vincenzo, a Nino a Ida e a tutte le vittime della mafia in Sicilia e nel mondo”. Non c’è tempo però per continuare a parlare, la polizia municipale ha appena aperto i cancelli per accedere alla piazza davanti la cattedrale del capoluogo siciliano: il carro funebre che trasporta Agostino è arrivato.

L’arrivo del corpo di Agostino con al seguito la famiglia è stato accompagnato da un agghiacciante applauso

L’arrivo del corpo di Agostino con al seguito la famiglia è stato accompagnato da un agghiacciante applauso, nei confronti di un uomo che ha sofferto tanto nella vita. Nonostante siano passati trentacinque lunghi anni, ancora non sappiamo chi siano i reali mandanti dell’omicidio di Nino ed Ida e probabilmente non lo scopriremo mai. Un amministratore locale di un paesino non lontano da Palermo presente durante la cerimonia ha ritenuto sostenere che Vincenzo Agostino è stata la prova vivente della vittoria dello Stato sulla mafia. Ma scherziamo?

Come si possono ritenere vittoria 35 anni di menzogne, silenzi e depistaggi anche ad opera di servitori dello Stato, i politici. Adesso è il turno dei giovani, è tempo di diventare grandi, Vincenzo purtroppo non è più fra noi, sta a loro continuare le sue battaglie, tentare in tutti i modi di distruggere per sempre quella zona grigia che c’è fra la politica e la criminalità organizzata in Sicilia e in tutto il meridione. Mentre la bara si allontana dalla navata della chiesa, per essere seppellita per sempre nel cimitero, dove finalmente Vincenzo potrà riposare, un uomo sventola un’agenda rossa, il riferimento al diario di Paolo Borsellino, dove all’interno c’erano segreti che forse non verranno mai rivelati e che avrebbero potuto svelare i mandanti dell’omicidio di Nino Agostino. 

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