Ha 52 anni. Non beve, non fuma, fa palestra "tutti i giorni", assicura l'ufficio stampa. Personalmente, vorrei solo sapere dove ha comprato e dove conserva il ritratto che invecchia al posto suo. Anche dal vivo, Gabry Ponte pare uno spilungonissimo trentenne. Purtroppo, arrivo in ritardo alla conferenza e quindi questo rimarrà un segreto - ma non dispero, prima o poi gli scucirò la verità, la gabola all'ufficio anagrafe, il suo personale patto con Mefisto. Primo dj nella storia a esibirsi allo Stadio San Siro di Milano, raduna 56mila crani nella giornata più torrida che questa estate abbia inflitto finora al capoluogo meneghino. Nessuno si tira indietro, hanno tutti voglia di dance all night. Parecchi con i pupi sulle spalle. Un concerto a San Siro a fine giugno è, di per sé, un pellegrinaggio: l'afa, trovare parcheggio, districarsi per i gate, passare i controlli, fare le scale, raggiungere il posto assegnato sgomitando tra le folle. Il tutto grondando. E per trascorrere le successive tre ore procedendo a sudare pure l'acqua del battesimo. Letteralmente, un atto di fede, un eroico sacrificio dedicato all'artista. Artista che, in questi termini, è un po' come quegli amici che decidono di sposarsi proprio d'estate. L'invito a 'sto matrimonio, però, l'hanno accettato, lo ribadiamo, 56mila persone. Ed è stato un matrimonio tra Gabry Ponte e la sua "tribù", coltivata in 25 anni anni di carriera, cresciuta insieme a lui. Numeri del genere non arrivano per caso o fortuna. Forse non abbiamo mai dato il giusto merito all'impatto culturale, proprio a livello di identità nazionale, che ha avuto una specifica categoria di gente, spesso derisa e schifata per puro snobismo: gli zarri. Sabato 28 giugno 2025 lo Stadio San Siro di Milano ha celebrato il loro Pride. E, quindi, che ci crediate o meno, anche quello di tutta l'Italia.
Non si parla di 'scaletta', ma di 'flow'. Ecco, non c'è stato un singolo drop di questo 'flow' che non sapessimo tutti, mano sul cuore. Che non ci abbia fatto sentire patriottici, per citare il film 'Love Actually', "come il piede destro Beckham e anche il piede sinistro di Beckham". Non per mettermi in mezzo, ma mi ci metto perché potrebbe rendere l'idea: oggi ho gli anni che ho (e me li sento tutti), ma quando ero una forma di vita ibrida tra bimba e ragazzina, in quella specifica Terra di Mezzo, 'Time To Rock' era ovunque e la consideravo 'musica da grandi'. La ascoltavano gli adulti, quelli con il motorino che magari avevano addirittura 15 o 16 anni, pazzeschi. Legavo quel pezzo a tutte le mie aspirazioni future, un giorno l'avrei avuto anche io in cuffia, quando sarei diventata, appunto, 'grande'. E magari avrei addirittura limonato, come i 'grandi'. A ogni pezzo di Ponte, è legato un ricordo, un periodo vissuto, ti riporta lì a quando ancora non capivi un cazzoe potevi solo immaginare cosa sarebbe arrivato poi. Alle medie, un improvviso cambio di rotta: avevo intorno solo gente che girava col cd di 'Hit Mania Dance' e, visto che ero una tredicenne 'intellettuale', la schifavo. Avevo scoperto Carmen Consoli, la roba dei cantautori, non mi interessava altro. Trovavo stupidi questi ragazzini che si esaltavano per 'De Musica Tonante' oppure 'Giulia', che testo scemo, non vuol dire niente. Io me lo meritavo, il bullismo.
Fatto sta che, zarra o meno, io oggi 'Giulia' la so a memoria, come anche 'De Musica Tonante', 'Geordie', 'La Danza delle Streghe', ovviamente 'Blue', 'Voglia di Dance all Night', 'Viaggia insieme a Me', 'Cosa Resterà', 'Una notte e forse mai più'. Potrei continuare, ma ci siamo capiti. Anche solo leggendo i titoli, parte immediatamente la melodia nella testa. E qui ritorniamo all'impatto culturale dei tanto bistrattati zarri. Hanno vinto loro. Anche se in realtà si tratta di una vittoria di tutti. Perché siamo tutti zarri, ne abbiamo assorbito, crescendo, il gusto. E non c'è stato scampo. Puoi aver evitato per tutta la vita la roba di Gabry Ponte e soci, ma non puoi non saperla. Di quanti artisti, sia pure 'da stadio', sarebbe possibile, in coscienza, dire lo stesso? Quanti contano su un repertorio tanto scolpito nel nostro DNA? Eh, ma Gabry Ponte nemmeno canta, muove solo le mani...
Se ogni pezzo lo conosciamo tutti, il merito è di Gabry Ponte, sì, di quello che 'muove solo le mani'. Sua l'idea folle di djsettare perfino De Andrè. Ed è abbastanza pazzo da farlo ancora oggi, dal vivo, con 'Feciità' di Albano e Romina e perfino 'Vivo per lei', Bocelli e Giorgia. Funziona perché Gabry Ponte, oramai, è nazionalpopolare tanto quanto questi brani evergreen. Ci si lamenta parecchio, questa estate, dell'assenza di un vero e proprio tormentone. Ragazzi, il tormentone del 2025, proprio quello quattro stagioni, è arrivato a febbraio scorso, esatto: 'Tutta l'Italia'. Trovatemi un cristiano, su suolo nazionale, che non sappia come fa. Sia per canticchiarlo o per schifarlo, il duplice destino dei tormentoni, non importa. Quella hit, scandalosamente ultima all'Eurivision pure a causa di Topo Gigio (infame!), è ovunque, ma soprattutto all'interno dei nostri crani. Non c'è possibilità di evitarla o scordarla. Ed è così che agiscono i tormentoni, altrimenti non condividerebbero l'etimologia con 'tormento'. Loro non ti danno tregua. E se fosse così 'facile' scilindrare una canzone che 'non ci dà tregua', ora ne avremmo altre 50 in giro. Invece, appunto, non ce ne sono. Non di così potenti e capillari.
Ponte si è preso la soddisfazione di lasciar cantare ai 55mila presenti il ritornello di 'Tutta l'Italia' e l'ondata di voci che gli è tornata in faccia deve essere stata una rivincita enorme. Stando alla mera numerica, San Marino di abitanti ne ha quasi 34mila. Pure tutti insieme, non avrebbero fatto sold out a San Siro. 'Ma che ne sanno i Duemila' con Danti sul palco, l'arrivo a sorpresa di Paola Iezzi che intona 'Vamos a Bailar' (in pellicciotto?? Con 'sto caldo??) e insieme ricordano i tempi del Festivalbar, quando si sono incontrati per la prima volta "E siamo ancora qua". Niente politica, lo dice lo stesso Ponte: "Magari ci sono tante cose che ci dividono, ma stasera siamo tutti uniti dalla musica!". Forse non potete sapere quanto sia rigenerante (e splendido) scrivere di un live senza dover ficcarci dentro a forza il momento (o i momenti) del 'bel messaggio sociale'. Quello che fa titolo, che indigna, che crea polemica e battage mediatico. Gabry Ponte fa notizia non in qualità di esperto di geopolitica, ma 'semplicemente' coi suoi 25 anni di carriera e repertorio immacolato dai primi Duemila a oggidì. Serve altro? Infatti, no. Tanto che non sembra una 'paraculata' nemmeno quando porta la figlia in braccio sul palco, sulle note di 'Viaggia insieme a me'. La tiene lì solo per qualche secondo, voleva farle vedere lo Stadio pieno perché non ci credeva manco lui (come ha ripetuto più volte nel corso della serata). Anche l'assenza di spocchia è un talento. Non da poco. Specie nello sciagurato mondo in cui viviamo, pieno zeppo di stocazzetti.
È difficilissimo restituire a parole tutta l'emozione di vedere lo Stadio San Siro trasformarsi per una sera, dalle 20 alle 23 per poter sciorinare la scaletta, pardon, il flow, più completo possibile, in un gigantesco dancefloor, pieno di persone felici. Ai sommelier della musica 'vera', restano le polemiche e i titoli clickbait nella speranza di racimolare qualche views in più. Qui non c'è stato spazio per questo genere di teatrini. Nè bisogno. Un evento che ha radunato 55mila cristiani, tutti in pace, nella giornata più torrida dell'estate 2025 è una notizia eccezionale, un fatto eccezionale. E basta a sé stesso. Guarda cosa hai combinato, Gabry Ponte. Spero di cuore che tu sappia quanto te lo meriti. Siamo cresciuti, recalcitranti o meno, con la musica che ti sei inventato, ora è parte del nostro DNA. Grazie. Anche da parte della me 'tredicenne' che ti schifava perché ti ascoltavano 'tutti'. E col tempo ho imparato, iersera ho proprio visto, quanto questo non sia una parolaccia, ma un merito, un dono gigantesco. Ti ascoltano ancora 'tutti', ti 'sanno' pure quelli con la puzzetta sotto al naso. Zarri e sommelier. Solo che hanno vinto i primi, hai vinto te. Con tutta l'Italia.