Si uccide in università a Milano e la morte risale a ieri sera: il cadavere di una studentessa è stato trovato stamattina in un bagno della prestigiosa università Iulm di Milano. Un custode ha trovato la giovane priva di vita all'interno di uno dei sanitari, vicino alle aule studio e con una sciarpa legata attorno al collo. L'altra estremità era legata alla porta: è la cosiddetta "impiccagione alla Condé", che prende il nome dal primo e storico giallo per la morte dell'aristocratico nel 1830, che è citata anche nella pellicola cult di Dino Risi: "La stanza del vescovo" del 1977, con Ugo Tognazzi e Ornella Muti. Questa mattina alla famosa università Iulm di Milano, un custode, nell'aprire i locali per l'inizio delle attività didattiche, ha rinvenuto, all'interno di un bagno al secondo piano, il cadavere di una ragazza con un capo della sciarpa attorno al collo e l'altra estremità legata alla porta. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri della Stazione Barona e della Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo Investigativo e, secondo i primi accertamenti medico-legali, la morte della giovane risale a diverse ore prima del ritrovamento del cadavere, presumibilmente a ieri sera. L'agenzia giornalistica AGI, che riporta i primi riscontri da parte dei carabinieri, informa che il padre della ragazza, una giovane sudamericana di 19 anni, aveva denunciato ieri sera l'allontanamento inspiegabile della figlia dalla casa dove vive coi propri genitori.
Non dunque una studentessa straniera che si trovava per motivi di studio nel capoluogo meneghino, ma una 19enne di Milano di seconda generazione: non dormiva nell'ateneo ed è quindi plausibile che si sia fermata oltre l'orario delle lezioni nell'ateneo, già durante la serata di ieri. L'Ansa riporta le prime ricostruzioni dell'accaduto da parte degli investigatori: la ragazza, dopo aver lasciato un biglietto in cui dice addio a parenti e amici, definendo la propria vita un fallimento, si sarebbe recata nel bagno che è posto al secondo piano dell'edificio 5 dell'ateneo, in un corridoio dove sono presenti diverse aule studio. Ha quindi tolto e piegato il giaccone, lasciando a terra la propria borsetta, dopodiché si è impiccata, legando la sciarpa alla maniglia appendiabiti che all'interno del box. L'agenzia giornalistica ANSA, ha confermato in chat a MOW che la porta del bagno era chiusa dall'interno. E che quindi anche questo elemento ha confermato l'ipotesi di morte auto-inflitta. Ma in pochi hanno forse notato una lampante singolarità, che genera una spontanea domanda: come mai la studentessa di 19 anni di Milano ha scelto proprio una "impiccagione alla Condé"? Non è infatti un modus operandi acclarato e non è una nozione comune questa particolare modalità di "auto-soffocamento", che affonda le radici nella storia di due secoli fa. Si tratta di una impiccagione da seduti, che fin dal primo caso eclatante e storico, ha generato timori circa la possibilità che si trattasse di omicidio. Delitto o suicidio?
Alla mattina del 27 agosto del 1830 il ricco e potente aristocratico francese Luigi Enrico di Borbone, principe di Condé, fu trovato morto strangolato con una corda intorno al collo, la cui altra estremità era legata alla maniglia di una finestra della sua camera da letto, che era chiusa dall'interno. Il principe di Condé non aveva lasciato presagire alcun intento suicidario e subito l'opinione pubblica si spaccò in due distinte fazioni: tra chi era propenso alla tesi del suicidio e chi dell'assassinio, considerato il ricco lascito a eredi e legati. Ci fu anche un'inchiesta che non poté stabilire se si era trattato effettivamente di un delitto o meno, ma le ultime interpretazioni della storia propendono anche per la tesi di quasi-strangolamento, effettuato come pratica erotica o auto-erotica. Il classico gioco estremo finito male di cui è piena la cronaca: in questo frangente si suppone che il principe di Condé fosse stato aiutato dalla propria amante, che avrebbe poi inscenato il suicidio per impiccagione. Ma coi piedi per terra.
Le stranezze del caso, la particolare modalità e la grande differenza con le impiccagioni da "appesi al patibolo", che erano note e spesso pubbliche in tutt'Europa, hanno alimentato il mito fino ai giorni nostri. Ma la scienza medica documenta che non c'è nulla di strano: sono infatti sufficienti pochi chilogrammi di pressione al collo, per occludere le vie respiratorie. E ne sono necessari ancora meno per occludere vene e arterie dell'apparato circolatorio che alimenta il cervello. Ovvero le cause di decesso per soffocamento durante la "impiccagione alla Condé". Questa particolare modalità suicidaria è anche citata da un lungometraggio cult di Dino Risi, girato nell'anno in cui è nata il Presidente del Consiglio: il 1977. Il celebre film è "La Stanza del Vescovo" e vanta due immense interpretazioni attoriali di Ugo Tognazzi e Ornella Muti. Fu presentato fuori concorso al Festival di Cannes di quell'anno ed è un giallo che è tratto dall'omonimo romanzo di Piero Chiara del 1976. La storia è ambientata sul Lago Maggiore, tra Alta Italia e Svizzera e vede come co-protagonista alle vicende dei personaggi, il Lago e la barca di nome "Finca". Nella pellicola di Dino Risi, Ugo Tognazzi è Temistocle Mario Orimbelli: un ex ufficiale dell'ex Regio Esercito, che è rientrato in Italia dopo un decennio trascorso tra guerra d'Etiopia e Africa Coloniale Italiana, con un baule pieno di ricordi e prede di guerra del Continente Nero. Lungi l'idea di spoilerare un bellissimo film, ma il sommo regista sceglie proprio l'epilogo drammatico del 1830, per concludere la storia nel 1977. Alla presenza dei carabinieri che sono giunti ad arrestarlo, Ugo Tognazzi chiede alcuni minuti per far toeletta e prepararsi: si chiude a chiave nella "Stanza del Vescovo", come da titolo e romanzo, dove lega un capo della corda alla porta dell'armadio e l'altro capo intorno al proprio collo. O, usando le esatte parole del magistrato nel film: "Un'impiccagione alla Condé".