Il disgusto di Oliviero Toscani trapassa il telefono con cui lo raggiungiamo per solleticarlo sul caso di Alfredo Cospito. È schifato per la “spettacolarizzazione di tutto”, che è lo sport nazionale di una “Italia fondata sul Festival di Sanremo”. Rigetta la definizione di anarchico (“Anche un cretino o un qualunquista può dirsi tale”) e si domanda come mai sia isolato al 41 bis uno che “non è un mafioso”. E sul recente servizio de Le Iene sulla foto della nave stracolma di migranti in Albania rivendicata da un fotografo albanese, spiega com’è andata, rimarcando quanto “odia” la trasmissione di Italia 1. E poi attacca Matteo Salvini, Nicola Porro e Lilli Gruber. Straripante, sincero, diretto, come nel suo stile.
Oliviero Toscani, lei che è conosciuto per la sua sensibilità anarchica, diciamo, che opinione si è fatto del caso Cospito, l’anarchico che rischia di morire dopo oltre 100 giorni di sciopero della fame contro il 41 bis?
Anarchico vuol dire tante cose. L’anarchia va dal fascismo al comunismo. Quando uno è un po’ cretino, non ha voglia di far niente, non appartiene a niente, è un po’ ritardato, dice: “sa, io sono un po’ anarchico”. È anche un insulto. Vuol anche dire essere qualunquista.
Quindi non si definirebbe anarchico.
No, assolutamente. Non in quel modo.
Cospito si è definito “anarchico autorganizzatore e nichilista”. Fuori dalla storia?
Lui ha la sua ideologia che personalmente non condivido. Però rispetto le ideologie finché non sono violente e non fanno danni.
E quindi, per toglierci il dubbio, come la dobbiamo qualificare?
Mi definisco fortunato perché ho avuto la fortuna di avere un’educazione, di aver viaggiato, di aver imparato cinque lingue senza studiarle, il che vuol dire esperienza umana, di vita.
Libero vuol dire essere etichette?
Lasciamo stare le etichette… Io son stato un grande amico di Marco Pannella, che è stato il mio fratello maggiore e di cui ero sostenitore.
E che è stato un maestro specialista in scioperi della fame, a proposito. Torno a chiederle: che ne pensa del caso Cospito?
Lo Stato deve essere fermo, ha le sue regole, e si devono accettare le regole. Poi, sul fatto che quest’uomo stia morendo, dobbiamo stare attenti a non farlo morire, a non essere noi la causa della sua morte. Se il 41 bis è la causa, va fermato per un momento finché è fuori pericolo.
Veramente il pericolo è causato dallo sciopero della fame che ha scelto di compiere.
Noi dobbiamo fare di tutto, dal punto di vista umanitario e medico, perché non sia lo Stato ad ammazzarlo. Ma lo Stato, ripeto, deve essere fermo. Il che non significa che lo Stato non debba discutere e trattare. Si ricorda la non-trattativa sul caso Moro? Tutto sbagliato. È col nemico che bisogna trattare, soprattutto.
Oggi però non c’è nessuno con cui trattare, Cospito da buon anarchico rappresenta sé stesso, e in ogni caso non c’è un movimento organizzato dietro, come erano le Brigate Rosse.
Noi abbiamo uno strano modo di reagire, con questo senso di vendetta. Prendiamo quello (Matteo Messina Denaro, ndr) che ha ucciso quel bambino in quel modo (Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido, ndr): è tremendo, ma lo Stato deve ragionare secondo giustizia, non per vendetta. Lo Stato deve essere al di sopra delle emozioni. Altro che le cagate che dice Salvini, su “chiudere e buttare via la chiave”. Quello, se non dice stupidaggini, non dimostra quello che è.
Ma lei trova che il 41 bis sia da rivedere, specie sull’onda di un caso singolo?
Quando sento il giudice Gherardo Colombo dire che il 41 bis non è costituzionale, mi interessa capire come mai lo dice. Se non è costituzionale, allora non è giusto. Io credo nella Costituzione. Se il 41 bis serve contro i mafiosi, mi domando cosa ci faccia lui con il 41 bis. È un mafioso lui? Ecco, tutto qua.
Sono saltate fuori intercettazioni in cui Cospito parla con mafiosi detenuti al 41 bis. Si è scatenato un can can furibondo. Lei da esperto di comunicazione come lo giudica?
Non voglio fare i complimenti a nessuno, ma devo dire che sono stati bravissimi a mettere in piedi tutta questa comunicazione in questo modo. Mamma mia. Si parla solo di questo.
Bravissimi, chi?
Parlo di tutta la stampa, c’è stata una convergenza di interesse su questo caso che ha fatto sì che sia diventato la notizia del momento. Sa, l’Italia è un Paese strano, dove la grande discussione è se Zelensky debba andare o no al Festival di Sanremo. L’Italia è un Paese fondato sul Festival di Sanremo, non c’è niente da fare. Si fa spettacolarizzazione di tutto. Se prende un giornale serio, ci sono quattro pagine sulle sfilate di moda. Ma cosa me ne frega di donne che sfilano in passerella e Armani che deve dirci come dobbiamo amare? Quattro pagine! Che Paese è?
A Le Iene che le chiedevano la sua versione sulla fotografia sulla nave carica di migranti usata dalla rivista Colors della Benetton, per cui lavorava nel 1991, e che sarebbe invece del fotografo albanese Gani Xhengo, ha urlato che non le piace la loro trasmissione. Perché? E come andarono le cose sulla foto?
Le odio. Sono trasmissioni che raccontano balle, non hanno il senso della giustizia e del vero. Questo non è giornalismo, è spettacolarizzazione. Vogliono solo fare spettacolo e scandalo. Anche contro il mio interesse gli ho detto che non voglio parlare con loro. Quella storia della foto è completamente ridicola. Venne comprata all’Associated Press dalla Benetton, strapagata fra l’altro, mi ricordo bene. Io facevo le campagne Benetton e ho scelto quella foto lì insieme a tante altre, tutto qua. Ma non ho voglia di parlare con Le Iene. Li odio. Non-sop-por-to la spettacolarizzazione dell’informazione.
Mi fa qualche esempio?
Guardi, mio padre lavorava al Corriere, sono nato in mezzo all’informazione e mi danno fastidio questi che si fanno chiamare giornalisti in televisione. Non sono mica giornalisti. Come si chiama quell’imbecille su Rete 4 con i polsini slacciati? Porro. Mica è un giornalista! Ragazzi, ma anche voi giornalisti non vi incazzate? Questi sono dei ballerini dell’avanspettacolo, è vergognoso. Anche Striscia la Notizia è vergognosa.
Ci dissociamo dalla definizione data a Porro, naturalmente. Ma non salva nessuno?
In televisione non conosco nessuno di interessante. E tutte queste Barbie Doll che danno le notizie, dalla Gruber in poi… Parlano di cose serie, e c’è sempre una Parietti che deve dire la sua. Se non c’è la figa di mezzo, ragazzi…
Ci dissociamo uguale riguardo la Gruber. Ma proprio nessuno le piace, anche fuori dalla tv?
Poca roba. Infatti il giornalismo è in crisi. Perché i giornalisti sono noiosi, noiosi e banali.