Stanno facendo molto discutere in queste ore le dichiarazioni del parlamentare di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, che in aula avrebbe attaccato il PD chiedendo se si sarebbero posti dalla parte della legalità (e del 41bis, come ribadito a Fuori dal coro la sera), o dalla parte di un terrorista e della mafia. A sostegno della discussione sul regime di carcere duro contro cui l’anarchico Alfredo Cospito sta manifestando nell’unico modo a disposizione, lo sciopero della fame, Donzelli infatti riporta delle informazioni, in teoria riservate, sulle conversazioni sia tra Cospito e un camorrista del clan dei Casalesi, Francesco Di Maio, sia dell’anarchico con uno ‘ndranghtista, Francesco Presta, con cui ha condiviso a Sassari l’ora di socialità in regime di carcere duro. Marco Travaglio, facendo eco al suo intervento di ieri a OttoeMezzo, ricorda che, comunque la si veda, i politici sono riusciti a trasformare in farsa una questione molto seria, facendo entrare in gioco «l’ipocrisia» del PD, la cattiva condotta di Donzelli (che per DeRaho dovrebbe lasciare il Copasir) e un cortocircuito tra diritto alla salute e misure detentiva per chi ha «un tipico curriculum da 41bis».
Come ha segnalato già ieri nel suo editoriale il direttore di MOW, Moreno Pisto, sicuramente esiste una «coincidenza stranissima»: «Com’è che si parla di 41bis con Cospito, proprio nel momento in cui viene arrestato Matteo Messina Denaro? […] Ma non è che qualcuno ha imbeccato un terzo (che potrebbe essere un anarchico, qualcuno che con la mafia non c’entra niente), chissà per quale motivo, e Cospito stia facendo una battaglia per interposta persona?». Quale che sia il coinvolgimento diretto di Cospito, sicuramente è chiaro che il tema dell’abolizione del 41bis ha coinvolto anche i condannati per reati di mafia costretti al carcere duro, che stanno sostenendo da più parti, come evidenziano su Domani Giovanni Tizian e Nello Trocchia, la battaglia dell’insurrezionalista, in sciopero della fame da 104 giorni.
L’elemento chiaro che emerge è la freccia a senso unico che sembra legare la vicenda Cospito a quella della mafia. Infatti non è stata fornita alcuna prova del coinvolgimento diretto di Cospito in qualche strategia a favore della mafia. Donzelli ha riportato in aula alcuni stralci di conversazioni: «Cospito è un terrorista e lo rivendicava con orgoglio dal carcere. Dai documenti che si trovano al Ministero della Giustizia, Francesco Di Maio del clan dei casalesi diceva, incontrando Cospito: 'Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato', che sarebbe l'abolizione del 41 bis. Cospito rispondeva: 'Dev'essere una lotta contro il 41 bis'». Quanto emerge, tuttavia, a differenza di quanto affermato dal rappresentante del partito alla guida del governo, non è la compromissione di Cospito con gli ambienti mafiosi, quanto la volontà di allargare la lotta non alla propria causa personale, ma a ciò che viene visto come un problema del sistema penitenziario italiano, appunto il carcere in isolamento così come normato dal 41bis. Questo indipendentemente da chi vi sia detenuto. Quella di Cospito, dunque, sarebbe una cosiddetta battaglia di principio.
Al contrario, è chiaro che il digiuno autoimposto di Cospito stia giovando alle organizzazioni mafiose che potrebbero cogliere l’occasione del martirio dell’anarchico per uscire tutti dal regime di carcere duro (o per sollevare il tema dell’abolizione della legge). Anzi, sembra che le cose stiano proprio così. Come approfondito proprio nell'articolo uscito per Domani, sembra che i detenuti legati alla mafia al 41bis si siano messi d'accordo per appoggiare Cospito. Le cosche avrebbero messo a punto un piano che sfrutti il caso dell'anarchico come ariete per far breccia nell'opinione pubblica e nel pieno della confusione arrivare a godere eventualmente dell'abolizione del 41bis (o di una sua riforma). Quello che sta venendo a galla con sempre maggior concretezza, è la scelta dei detenuti per mafia di sostenere la battaglia di Cospito, e sembrerebbe non a sua insaputa. Come si è già scritto, non ci sarebbero prove di una "collaborazione" di Cospito con la mafia per favorire direttamente la mafia, poiché la battaglia dell'anarchico si inscriverebbe nella serie di lotte garantiste che non guardano alle biografie dei detenuti, ma esclusivamente al problema della detenzione in isolamento. Nonostante questo, è innegabile che Cospito abbia avuto molti contatti e non solo con i due criminali menzionati da Donzelli. Sarebbe uscito fuori un alto nome, molto più importante e legato anche al 41bis.
Si tratta di Pietro Rampulla, l'artificiere della strage di Capaci nel 1992. Fu lui, cioè, ad armare le bombe che uccisero Giovanni Falcone, Francesco Morvillo e gli agenti che stavano scortando la coppia. Rampulla, legato ad alcuni ambienti eversivi del neofascismo italiano, come Ordine Nuovo, può essere considerato non solo uno dei carnefici di una delle stragi mafiose più tragiche e note della storia della Repubblica, ma anche uno di coloro per il quale il 41bis venne riformato. Il regime di carcere duro, infatti, subì un'importante modifica proprio a seguito dell'omicidio di Falcone, con il "Decreto antimafia Martelli-Scotti" a favore di una revoca, per motivi di ordine e sicurezza pubblica, delle regole di trattamento dei detenuti colpevoli per attività delinquenziali legate alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Cospito avrebbe avuto rapporti con Rampulla nei giorni a Sassari, dov'è stato recluso fino a lunedì scorso, quando per motivi di salute è stato trasferito nel carcere di Opera, a Milano. Nello stesso gruppo, poi, anche il noto Pino Cammarata, boss del clan di Riesi che porta il suo nome, ai piani alti dell'organizzazione mafiosa siciliana. Parrebbe difficile, dunque, ipotizzare che i detenuti per mafia abbiano agito senza che Cospito fosse a conoscenza del sostegno ricevuto anche da loro, durante questi mesi di protesta non violenta.
L’elemento più controverso della condizione attuale del militante della FAI (Federazione anarchica informale) riguarda non solo il suo stato di salute ma fino a che punto possa spingersi lo Stato nell’accogliere le richieste di un condannato, solo perché, come ripetuto, tra gli altri, proprio da Marco Travaglio, sotto ricatto morale. Questa posizione è stata condivisa anche da altri giornalisti, tra cui Peter Gomez in una diretta sulle sue pagine social, insieme al collega Giuseppe Pipitone. Rimane la domanda del legame effettivo tra Cospito e i mafiosi, che stanno sfruttando certamente l’ondata mediatica dell’anarchico, e un punto interrogativo legato alla “coincidenza” tra l’arresto di Messina Denaro e l’esplosione di una discussione intorno al regime di carcere duro.