Il giallo relativo alla morte di Pierina Paganelli resta ancora avvolto nel mistero. Ormai è passato quasi un mese e mezzo e, quanto meno in apparenza, siamo al punto iniziale. Ma è davvero così? Difficile crederlo. Più probabile, invece, è che gli inquirenti stiano piano piano aggiungendo elementi per rafforzare l’impianto accusatorio. E allora proviamo a fare ordine e a ripartire da dove tutto è iniziato. Dal vano di un garage di via del Ciclamino a Rimini. Era lo scorso 3 ottobre quando, intorno alle 22.15, Pierina veniva barbaramente aggredita con un coltello da cucina ed uccisa con ventinove coltellate. Chi poteva mai volere la morte di un’anziana donna? Avvolgiamo il nastro. Come già avevo spiegato, dal punto di vista vittimologico Pierina era certamente una donna esposta ad un rischio bassissimo rispetto alla possibilità di essere vittima di un omicidio. Per di più di un omicidio così efferato compiuto simulando un’aggressione a sfondo sessuale.
Forse, però, questo basso rischio era solo apparente. L’ex infermiera divideva infatti la sua esistenza tra la famiglia di sangue e la famiglia di culto. E se vi dicessi che il potenziale movente è da rintracciare proprio nella commistione di questi due nuclei? Ormai lo sappiamo. Nonostante a favor di telecamera sia Manuela Bianchi, la nuora di Pierina, sia Louis Dassilva, il trentatreenne vicino di casa, abbiano sempre negato la loro relazione extra coniugale, questa è stata messa agli atti dopo l’escussione a sommarie informazioni testimoniali di Valeria Bartolucci, la moglie di Louis. Una relazione adulterina che, però, prima dell’omicidio consumato in via del Ciclamino, era finita anche all’attenzione proprio dei Testimoni di Geova. Dunque, a questo punto, viene da chiedersi se sia questa la chiave di volta per risolvere il giallo. Anche se, a titolo di cronaca e non solo, è doveroso ricordare che nessuno al momento risulta indagato ed il fascicolo per omicidio è stato aperto dalla Procura di Rimini a carico di ignoti. Ciò detto, non è possibile non fare una considerazione. Pierina poteva essere davvero diventata scomoda. Perché poteva essere stata lei a rivelare ai membri della comunità dei testimoni di Geova che sua nuora Manuela tradiva il marito Giuliano Saponi con il vicino di casa. Ad oggi, non abbiamo la certezza che l’infermiera sapesse della liaison amorosa. Non si può negare però che proprio quel legame avrebbe potuto costituire un potenziale movente e spiegare il resto della storia. Per ben due ordini di motivazioni: familiari e religiose. Mi spiego. Il giorno seguente a quello in cui è morta la settantottenne, gli anziani facenti parte dei Testimoni di Geova avrebbero dovuto pronunciarsi proprio sul ruolo della nuora, Manuela Bianchi. E proprio nei momenti in cui Pierina veniva uccisa, intorno alle 22.00, Manuela inviava dei messaggi all’amante nei quali esprimeva tutta la preoccupazione per le sue sorti e la sua permanenza all’interno della comunità religiosa. Messaggi ai quali, però, secondo quanto emerso, Louis non avrebbe mai risposto. Dunque, il fatto che si fosse consumato l’adulterio non solamente avrebbe potuto comportare l’espulsione di Manuela dai Testimoni di Geova. Ma la donna avrebbe rischiato di perdere anche la casa coniugale dal momento che secondo le regole della congregazione in caso di tradimento il marito è legittimato ad allontanare la moglie dalla casa coniugale. È forse un caso che l’omicidio di Pierina si sia consumato poco prima che Giuliano fosse dimesso dall’ospedale? L’anziana madre avrebbe potuto riferirgli qualche particolare scomodo?
Come ho già detto le conseguenze sulla scena del crimine non esistono. In più, Louis non apparteneva al movimento dei Testimoni di Geova. E sappiamo che i membri possono e devono relazionarsi esclusivamente tra di loro. Una circostanza che avrebbe ancor più compromesso la permanenza di Manuela all’interno della congregazione. Si tratta di dati che, se possibile, si inseriscono in un puzzle in cui piano piano le tessere sembrano andare al loro posto. Nelle ultime ore, poi, sembrerebbe anche che Louis non abbia consegnato spontaneamente tutti gli indumenti indossati nella notte in cui Pierina veniva uccisa. I suoi abiti sarebbero stati indossati un mese dopo il delitto, ma all’appello mancherebbe una t-shirt bianca indossata dal giovane la sera dell’omicidio ed immortalata dalle telecamere di sorveglianza. Tra gli indumenti di quella sera, infatti, Dassilva avrebbe consegnato una maglietta a maniche lunghe e non corte. Giro di boa? Quel che è inconfutabile è che ci sono stati comportamenti quanto meno discutibili. E chissà che nelle ultime ore quegli atteggiamenti da discutibili non si trasformeranno in fortemente indizianti.