Le strade della solidarietà stradale sono infinite. Se c’è qualcosa che chiunque, almeno una volta, ha provato, è una strana sensazione di far parte di qualcosa di più grande, una più o meno lecita resistenza alle pattuglie parcheggiate a bordo strada. A tutti è capitato di vedersi segnalata la presenza delle forze dell’ordine dall’auto che lampeggia e vi passa accanto. Ma a questi occasionali momenti di complicità, talvolta si affiancano reti di “mutuo soccorso” ben più strutturate. È il caso di una chat di gruppo su WhatsApp in cui molti utenti della zona di Brescia comunicavano la presenza di posti di blocco e autovelox. Avevano persino un linguaggio in codice. Centinaia di partecipanti e molti controlli elusi grazie a questa attività considerata illegale. Una chat del genere avrà salvato quanti con un tasso alcolemico leggermente più alto? È uno dei problemi rilevati a titolo esemplificativo per spiegare il perché della chiusura del gruppo.
Gli amministratori, che avranno un bel po’ da spiegare alle autorità, non sono ancora stati identificati ma dovranno rispondere per la gestione di un gruppo in cui peraltro giravano non solo segnalazioni ma anche foto e video di volanti della polizia e dei carabinieri. In realtà, ormai da qualche anno, molte app di navigazione permettono ai guidatori di inserire note e segnalare lavori, incidenti e posti di blocco, in modo da rendere più realistica la stima della navigazione (e, perché no, avvertire anche sui possibili ostacoli nel viaggio). In ogni caso, l’interruzione di pubblico ufficio prevede un anno di reclusione e fino a 5 anni per i gestori del gruppo social. La denuncia penale dovrebbe essere un deterrente maggiore della semplice sanzione amministrativa, legate alla decurtazione di punti dalla patente e a una multa di qualche decina di euro.