Sono povero. E’ la frase che mi ripeto, ormai, da cinque anni o giù di lì quasi tutte le mattine. Non perché cinque anni fa o giù di lì sono diventato improvvisamente povero, sia inteso, e nemmeno perché in quel tempo ho scoperto la calcolatrice. Il motivo del refrain del mio buongiorno è un altro: la Ferrari Roma. Era più o meno il 2019, forse anche prima, e in una di quelle pagine social che tengono d’occhio tutto quello che gravita intorno al Centro Stile di Flavio Manzoni qualcuno ebbe la sciagurata idea di pubblicare un disegno, accompagnandolo con una frase che suonava più o meno così: “L’inno di Ferrari alla Dolce vita”.
Poco tempo dopo, quel disegno si trasformò in notizia dell’imminente lancio di una nuova Ferrari. E poi in comunicato stampa arrivato dalla stessa Ferrari con tanto di foto della sua ultima meraviglia: la Ferrari Roma. Culona, curvilinea, sexy da farti stare male e pure con un paio di sedute in più delle solite Ferrari. Talmente elegante da farti dire quasi subito che una così non la prenderesti mai banalmente rossa. Ok, i soliti noti dei social commentavano pure con le solite frasi, “Ferrarino da poveri”, solo perché a spingerla non c’è il V12 tanto caro ai puristi. Però fu amore subito per me che vivo con la foto di Enzo Ferrari in mezzo a quelle delle persone con cui sono cresciuto. Capolavoro assoluto e in qualche modo anche interpretazione di quei valori tipicamente italiani che l’Italia sembra aver dimenticato: qualità e bellezza. Perché quella macchina la vedi e non pensi a quanto corre, a come fende l’aria, a come suona, ma a quello che esprime. Ha quell’eleganza che Ferrari ultimamente sembra aver dovuto mettere un po’ in secondo piano rispetto alle necessità prestazionali e ha quel qualcosa che profuma di cose buone di una volta pur essendo nuova e a modo suo anche futuristica. E’ come se in quella macchina si fosse tenuto conto di quanto bisogno abbiamo ancora tutti di un po’ di poesia e radici, fosse anche al costo di un pizzico di lentezza in più. Che poi è meno di un pizzico davvero. Tanto che quando è uscita la versione Spider, nonostante il ritorno alla romantica tela, è stato come se alla perfezione si volesse per forza provare a accostare una caduta di volgarità in nome del gusto pop.
Per anni, quindi, ho sbavato, ma sbavato di brutto, quasi ogni mattina, guardando la Roma sullo sfondo del mio smartphone, configurandola sul sito Ferrari quasi una volta a settimana, dettaglio su dettaglio. E immaginando ogni volta qualcosa. Tranne che un giorno, e quel giorno è proprio oggi, mi sarei ritrovato a dire le quattro parole più impensabili sulla Ferrari Roma: “CE L’HA FEDEZ”. Per carità, il buon Federico Lucia sarà pure un bravo ragazzo e adesso sta pure passando un momentaccio, ma che diavolo c’entra uno scritto pure sotto l’unghia dell’alluce, con l’anellone al naso, la parolaccia come intercalare, i bragalotti eternamente calati a scoprire il salvadanaio e una vita vissuta in vetrina con una macchina che, invece, sembra ispirata da una di quelle signore elegantissime, perfette nei modi e nel corpo - pur nel tempo che hanno e nonostante i clichè attuali - e che se la vivono di sguardi fatti solo per chi sa interpretarli, silenziosamente dannate e dannatamente libere e scatenate pur senza darlo a vedere? Lo dico, tanto frega niente a nessuno: a me la Ferrari Roma da oggi non piace più. Sono povero lo stesso, ma potrò smettere di ripetermelo. E grazie lo devo dire solo a Fedez e a quel mezzo reel col babbino sorridente pubblicato ieri e raccontato oggi da tutti, noi di MOW compresi. Però una domanda, che spero non passi da polemica, mi viene da farla: non sarà che per una comprata da Fedez si rischia di non venderne parecchie altre? La Ferrari Roma, in questo mondo e di questi tempi, rischia di aver cambiato nome nell’immaginario di tutti nel tempo zero di un reel su Instagram: da “la Roma” a “la macchina di Fedez”. Un tempo in Ferrari l’esclusività era un valore e a queste cose ci si faceva caso. Io non ce la faccio a immaginarmi Enzo Ferrari contento di consegnare le chiavi di una delle sue creature a questo Federico Lucia.
Ma ok, in fondo Fedez non ha fatto mai male a nessuno. E se può pagarsela è giusto che se la sia comprata. Anzi, a me ha regalato pure una risposta da dare. Perché tanto tempo fa, quando mio figlio (che oggi ha 22 anni) era piccolissimo, mentre passeggiavamo in mezzo a un po’ di Ferrari, mi fece una domanda di quelle che non ti scordi più: “papà pensi che noi per il 2025 ce l’avremo una Ferrari?”. Per un periodo sono andato anche guardando le Mondial – che sono quelle che costano meno di tutte da qualche anno a questa parte – per provare a rispondere sì a quella domanda. Ora a quel 2025 manca meno di un anno e la risposta è più certa di allora: no, non ce l’avremo. Nemmeno la Mondial. Solo che adesso potrò aggiungerci il colpo di tacco e sostituire il “no, sono povero” con un “no, ce l’ha Fedez”. Suona meno da padre fallito. E un po’ più da padre snob. E, magari, rientra pure in quel messaggio educativo che s’è provato a far passare sin dal primo giorno in cui mi sono sentito chiamare papà: cerca di non essere come tutti e preoccupati solo di diventare chi sei. Raro e esclusivo come dovrebbe essere una Ferrari (ma pure chi la guida). Soprattutto una ispirata alla Dolce Vita e che porta quel nome che è identificativo più di ogni altro dell’essere italiani: Roma. Quindi, caro Fedez, grazie pure per avermi fornito una risposta meno venale. Niente non è.
Anzi, un’ultima cosa mi viene da dirla: Fedez ha comprato la Roma Spider e non è la stessa cosa rispetto alla Roma vera, ma, tralasciando l’accostamento con gli interni, fosse stato ancora con la Ferragni, che un po’ di gusto ce l’ha non solo per mangiare pandoro, la capote per quel colore della carrozzeria gliel’avrebbe fatta scegliere tabacco invece che nera. Sarebbe stato un dettaglio d’eleganza e non avrebbe sfigurato nelle foto che oggi pubblichiamo tutti noi giornalisti. Sì, proprio noi giornalisti definiti avvoltoi senza cuore proprio da quel Fedez che ci tiene tanto a far sapere tutto quello che fa - compreso comprare una Ferrari col babbo e precisare che la guiderà molto poco - mentre chiede di essere lasciato in pace.