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Passaggio in massa all’auto elettrica? Ecco perché non si è ancora pronti. Soprattutto in Italia

26 novembre 2021

Passaggio in massa all’auto elettrica? Ecco perché non si è ancora pronti. Soprattutto in Italia
La transizione collettiva all’auto elettrica viene “venduta” come inevitabile e obbligata, ma le criticità non mancano: riguardano per esempio la tecnologia delle vetture (difficilmente l’autonomia supererà i 400 chilometri, con le attuali batterie), le caratteristiche della rete (per quel che riguarda i punti di ricarica è notte fonda, soprattutto in Italia) e i metodi di produzione di energia, che rischiano di annullare ogni eventuale beneficio ambientale dato dalla rinuncia al motore termico. Anche perché, secondo lo stesso Elon Musk, per la mobilità a emissioni zero servono ancora 30 anni…

Quello incentrato quasi esclusivamente sull’auto elettrica viene presentato come un futuro inevitabile. Ma le criticità non mancano e rischiano di far saltare il banco sia dal punto di vista della fattibilità della “svolta”, sia da quello della sensatezza ecologica.

Dopo aver elencato i motivi per cui il passaggio in massa potrebbe essere opportuno (“Primo perché le norme imporranno drastiche riduzioni alle emissioni: l’ultimo pacchetto «Fit for 55» della Commissione europea (14 luglio) prevede un taglio del 55% per i nuovi veicoli rispetto ai livelli attuali entro il 2030. Dal 2035, invece, si dovranno produrre e vendere esclusivamente auto a zero emissioni. Secondo i costi: oggi un motore elettrico da 200 CV ha un costo industriale di 500 dollari contro 5/6.000 di uno a combustione. Certo, i 7/8.000 euro del pacco batterie danno ancora un vantaggio al motore a pistoni, ma il costo sta diminuendo velocemente: 90% in meno negli ultimi 10 anni. Terzo, il motore elettrico ha un saldo energetico migliore: restituisce il 95% dell’energia che consuma, contro il 30% di quello a combustione”), lo speciale auto del Corriere uscito oggi passa in rassegna anche i problemi. A cominciare dal fatto che il primo a non credere a una veloce riconversione “è uno dei protagonisti dell’elettrico: Elon Musk, secondo il quale servono ancora 30 anni per la mobilità a emissioni zero”.

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Quali possono essere gli ostacoli? “Primo l’autonomia, quadruplicata in pochi anni, difficilmente andrà oltre i 400 km fino a quando la tecnologia delle batterie non progredirà: per superare i 500 km servono più di 500 kg di batterie e il peso diventa eccessivo. Poi c’è il tema della rete: il numero di punti di ricarica, soprattutto quella rapida cioè oltre i 44 kw erogati, fa la differenza. Facciamo un esempio: per ricaricare un’auto con un’autonomia di 300 km servono 10 ore con la presa del garage di casa, che scendono a 30 minuti con una ricarica fast”.

E qui risaltano le carenze del nostro Paese: “In Italia oggi ci sono 19.324 punti di ricarica, ma solo il 4% sono quelli rapidi e il 21% del totale ancora non è collegato o autorizzato, quindi non funzionano: è notte fonda. Negli altri Paesi europei va un po’ meglio (come si vede dal grafico in alto). Tesla, per accelerare, ha deciso di realizzare una propria rete di ricarica supercharge: il costo a colonnina è di 1.000 euro e spendere tra l’1 e il 2% rispetto al valore finale dell’auto è un investimento che ha senso. L’ultimo ostacolo è il costo energetico della produzione delle batterie, vero tallone d’Achille delle auto elettriche. Per produrre una batteria della capacità di un kilowattora servono 60 kWh di energia: una gigafactory con di 45 GWh consumerà 2,7 Terawattora l’anno, come il 25% di un reattore nucleare da 1300 MW. Il mercato delle auto sta andando più veloce di quello dell’energia rinnovabile e rischiamo di abbracciare la mobilità elettrica, ma di avere una rete di gigafactory dipendente dai metodi più inquinanti per produrre elettricità, annullando così in gran parte il beneficio ambientale”.

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