Da ben prima del covid, Leonardo Caffo – filosofo, curatore della Triennale di Milano, docente di Estetica della Moda e conduttore per Radio RAI – ha focalizzato gran parte del suo pensiero sull’insostenibilità del nostro attuale sistema di consumi e sfruttamento di ecosistemi. Detto in soldoni: modificare il nostro stile di vita subito, o altrimenti viaggiare spediti verso l’estinzione. Tutte tesi contenute nel testo del 2017 Fragile Umanità, pubblicato da Einaudi e forte di un discreto successo nel comparto saggistica.
Una necessaria rivalutazione dei consumi e del flusso socioeconomico quotidiano che non ha radici etiche o di principio per Caffo, ma che muove da una considerazione meramente numerica: lo stato attuale delle cose distruggerà presto l’ecosistema e ci porterà al collasso. Ora, in piena pandemia, la sostanza del suo pensiero non è affatto variata, si è piuttosto dotata di una sempre più pressante sensazione di urgenza, riassumibile nella sentenza fornita oggi dal filosofo: “All’umanità restano 10 anni”.
Considerazioni di matrice apocalittica che ha rilasciato nel corso di un’intervista uscita oggi sul Fatto Quotidiano a firma di Antonello Caporale, durante la quale ha inquadrato gli elementi che possono portarci verso una ‘chiusura di bottega’. Su tutto, spicca per Caffo la stortura in arrivo da un’analisi del complicato scenario attuale non come una conseguenza del cammino consumistico insostenibile portato avanti finora, ma come un semplice intervallo innescato da cause terze prima di una “ripartenza economica”. Ripartenza impossibile in questi termini, tanto che – sostiene il filosofo – “chiuderemo di sicuro bottega se ci incaponiremo nell’idea che il nostro stile sia immutabile”.
Cosa c’è alle porte per l’umanità adesso? Un vaccino in grado fornire protezione “limitata e parziale” dal coronavirus, almeno una cinquantina di altri virus potenzialmente ancora più forti e letali, in attesa solo che un nuovo e anche banale incidente scatenante li metta in circolo, e infine una terra non più in grado di sostenere il nostro sistema di consumi; il tutto letto e analizzato da Caffo – è questo l’elemento che maggiormente colpisce – in termini più matematici che sociali o etici:
“Il nostro contatto col mondo animale è tale che il male che procuriamo a noi stessi è nella terribile contabilità di queste ore. Sappiamo anche che se vogliamo far mangiare carne ai quasi otto miliardi di abitanti della terra distruggeremo l’ecosistema. Esiste un governo che possa essere nelle condizioni di dichiarare guerra al consumo di carne?”
Quindi – la domanda sorge spontanea – 10 anni e poi cosa? Un collasso della terra come lo si vede spesso al cinema? Disastri naturali in sequenza? Tsunami? Guerre batteriologiche? Nulla di tutto questo, solo il procedere di una quotidianità socioeconomica del mondo come lo conosciamo ora destinata gradualmente e inevitabilmente a esaurirsi. Dopodiché “mica sprofondiamo in un buco nero”, ma “regrediremo progressivamente e con ogni probabilità disordinatamente”.
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