Mi ero fatto il mio film. Nel senso, pensavo di scrivere un pezzo ironico, sapido, anche piuttosto feroce, volendo, sul fatto che oggi come oggi chi è chiamato a fare il mio lavoro, quello del critico musicale, e ancora più quello del giornalista musicale, che è un po’ il generico del critico musicale, ha lo stesso peso di una scoreggia fatta controvento, forse anche meno. Perché, è noto, oggi la musica è fruibile a costo zero per chiunque, via Spotify, certo, o anche semplicemente Youtube, e perché è fruibile a costo zero esattamente nel medesimo momento in cui l’artista e le case discografiche, rigorosamente in questo ordine, decidono di tirarla fuori, senza preavviso, preorder, attese o robe del genere. Del resto Daniel Ek ha spinto in questa direzione, meglio una canzone al mese che un album intero, e molti si sono adeguati, una canzone via l’altra. Il mio lavoro, e ancora più quello di chi neanche è chiamato a fare analisi, ma semplicemente a dire quel che succede, viene meno, perché dire una cosa che già tutti sanno esattamente nel momento in cui ne veniamo a conoscenza noi è inutile, cioè, un po’ come succede col meteo, dirmi che sta piovendo adesso non mi regala nessun valore aggiunto, apro la finestra e lo vedo da me. Dire addirittura, guarda che fino a dieci minuti fa pioveva, perché far sapere che è uscito un disco o un brano che già presumibilmente è stato ascoltato è parlare al passato di qualcosa che un tempo sarebbe stato annunciato con fasto e enfasi, magari anche parlando nel merito, perché chi ne parlava, che poi sarebbe chi invece che fare il giornalista musicale fa il critico musicale, era tenuto a addentrarsi in analisi e critiche, appunto, le famose e un tempo temute recensioni, ecco, tutto questo ora rasenta il ridicolo, io dovrei star qui a dirti come suona una canzone che già hai sentito, figurati tu che senso potrebbe mai avere tutto questo. E nel pezzo che avrei voluto scrivere, non è che sarei stato qui a dire l’ovvio, quello per altro che i tanti hater che vengono quotidianamente a rompere il cazzo mi dicono con rancore, volevo partire da un mero fatto di cronaca, quello sì, del tutto decontestualizzata dalla cronaca in sé, estrapolato a mo di esempio di come il vento sia cambiato, buon per chi, come me, è stato capace di inventarsi qualcosa per sopravvivere, il raccontare il sistema, sempre con il medesimo tono canzonatorio e moralizzatore, e il fatto di cronaca è l’uscita di Botox di The Night Skinny, dj termolese, ma questo l’ho scoperto solo dopo aver deciso di scrivere questo pezzo, confesso che ignoravo fosse di Termoli pur avendo passato io una porzione consistente della mia vita, almeno un paio di anni, nella limitrofa Vasto, terra di dj quella, di Vasto è Ketra.
Altrettanto ovvio che la notizia in sé non potesse essere l’uscita di un album, perché da qui a costruire un carro armato capace di devastare un mestiere ce ne corre, il fatto di cronaca è che è uscito Botox di The Night Skinny, dj termolese, e che Botox di The Night Skinny andrà a occupare militarmente le classifiche nelle prossime settimana, immagino con buona pace dei vari Ramazzotti, Ferro, Mengoni, che al limite si contenderanno uno sporadico primo o secondo posso, toccata e fuga, e ciò accadrà in virtù di un lavoro enorme, un numero spropositato di canzoni con un numero ancora più spropositato di ospiti, tutti nomi un po’ alla The Night Skinny, gente che se la incontrassi per strada non saprei riconoscere, da Rkomi (lui sì, l’ho visto a Sanremo e ora a fare il giudice a X Factor) a Madame, da Ariete a Guè, da Geolier a Tedua, da Ghali a Bresh, Paky, Shiva, Baby Gang, Lazza, Ernia, ma anche Salmo, Elisa, Gaia, Mahmood, Gazzelle, Carl Brave e Franco 126, ma non insieme, Jake la Fuira e Mambolosco, e chi cazzo è Mambolosco e tutta una serie di altri nomi che immagino diranno qualcosa ai giovanissimi, quelli che a ben vedere si andranno a ascoltare in loop Botox, proiettandolo in vetta a tutte le classifiche, per quell’occupazione militare di cui sopra. Ventuno pezzi, tanti ne contiene Botox, con oltre quaranta featuring, del resto The Night Skinny è un dj, non un cantante, se fa canzoni poi ci deve essere qualcuno che canta. Una specie di Dj Khaled più magro, un Dr Dre forse un filo meno classicizzato. Il fatto di cronaca, e poi la smetto, non era però solo il fatto che è uscito Botox di The Night Skinny, dj termolese, album pieno di featuring anche piuttosto cool, quanto piuttosto che a uno come The Night Skinny, dj termolese, di gente come me non gliene può fregare di meno, lui è nato e cresciuto in una società in cui la musica si ascolta fluidamente con il cellulare, passando di Playlist in Playlist, non serve certo una notizia da veicolare, men che meno una analisi per mezzo di una recensione. Una sorta di quadretto generazionale, avvilente, certo, almeno per un boomer come me, boomer che nello specifico è doppiamente chiamato in causa, essendo appunto un boomer che fa il critico musicale e lo fa da un tempo sufficientemente lungo per aver vissuto anche l’Età non dico dell’Oro, ma quantomeno dell’Argento di questo mondo, quando cioè una mia recensione poteva influire sull’andamento di un disco, motivo per cui ero temuto e anche blandito, dischi che ascoltavo mesi prima che uscissero, protetto dal mio giornale per non essere corrotto, e già l’ipotesi di essere corrotti fa capire quanto fosse un ruolo a suo modo centrale. Una sorta di quadretto generazionale di quelli che in genere non portano a niente di costruttivo, un noi vs voi piuttosto radicale, e qui il tocco di feroce ironia che avrei messo sul pezzo mi avrebbe quantomeno tenuto al riparo dalle accuse di essere un vecchio rosicone, rosicone poi di che, mi chiedo, dal momento che comunque io continuo a essere uno che nella vita scrive di musica per mestiere.
Tutto già scritto nella mia testa. Incipit, svolgimento, finalone a effetto. Non dico parola per parola, ma quasi, almeno a grandi linee. Poi succede che appunto io non decida di andare a cercare l’elenco dei featuring di Botox, album che non ho ascoltato e non intendo ascoltare, non è di questo che voglio parlare, sia chiaro. Lo cerco online, perché non uso Spotify e non ho ricevuto comunicati a riguardo, a riprova che ho ragione su tutta la linea, a The Night Skinny di quelli come me non gliene frega un cazzo, bimbominkia di talento (forse). Lo cerco e scopro, nell’ordine, che appunto The Night Skinny, nome all’anagrafe Luca Pace, è nato sì a Termoli, in Molise, ma ci è nato nel 1983, cioè quando io facevo le medie, non dico come me un boomer ma quasi. Anzi, forse proprio come me, visto che tecnicamente entrambi facciamo parte della Generazione X, quella cantata da Douglas Coupland, non dei Baby Boomers, nati tra il 1946 e il 1961. Cioè, The Night Skinny, quello a cui evidentemente non frega nulla di quelli come me, ma anche di più, dei media tradizionali, dei giornali, non dico quelli di carta, di cui non frega più niente neanche a me, in edicola ci vado al massimo a comprare i fumetti, ma anche quelli online, i magazine specializzati, per intendersi, è un trentanovenne. Trentanovenne, lo voglio scrivere un’altra volta perché una sola non basta.
Un fallimento, la mia idea di costruire un pezzo del genere partendo da un mero fatto di cronaca. Ora dovrei star qui a cercarmi un altro esempio altrettanto ficcante, magari quel Lazza che per un numero imprecisato, per me, di settimane ha dominato la classifica, con buona pace di tutti quelli usciti nel mentre, ma Lazza è per tutti quello che ha fatto il conservatorio, difficile farlo passare per un ignorante bimbominkia, nonostante la gaffe presa con Rocco Tanica, no, non credo sarebbe a sua volta un esempio utile per questa mia costruzione. Forse è meglio che mi occupi proprio d’altro, magari del tour che gli Smashing Pumpkins, che hanno da poco sfornato il singolo Beguiled, anticipazione del triplo ATUM: A Rock Opera In Three Acts, sorta di fratello minore del capolavoro Mellon Collie And The Infinite Sadness, faranno a breve con i Jane’s Addiction di Perry Farrell e Dave Navarro, roba da anziani come me, come me e Luca Pace, al secolo The Night Skinny.