Philippe Daverio ci ha lasciati: per me e per chi ha a cuore l’arte e la cultura italiana non è una notizia facile da accettare. Il nostro paese perde un grande punto di riferimento; di fatto, lo stile ironico, la conoscenza interdisciplinare, il desiderio di meravigliare il prossimo con quell’immenso tesoro che è la bellezza in tutte le sue forme, rappresentano la sintesi di un modello da intellettuale Neo Rinascimentale, ormai tanto raro quanto prezioso.
Daverio ci ha regalato, oltre che un’infinità di interessanti eventi e mostre, molti splendidi testi che hanno approfondito mille momenti di storia dell’arte, di esperimenti estetici e filosofici, di avanguardie al confine con la follia; e vogliamo parlare delle indimenticabili trasmissioni che a tutt’oggi rappresentano un unicum qualitativo nell’ambito della televisione e della comunicazione? Quanti di noi hanno già provato ai tempi la terribile sensazione del lutto quando la Rai decise di terminare la programmazione di Passepartout? Philippe sapeva mettere tranquillamente in relazione tra voli pindarici e provocazioni mai banali il mondo bizantino alle installazioni della Biennale di Venezia, le architetture giapponesi ai panorami di Van Gogh, le parole di Goethe alla musica di Corelli.
Filosofia e storia, arte e antropologia per Daverio come per me non erano materie distinte ma semplicemente le tante sfaccettature di un unico e immenso mondo che si chiama da secoli e secoli con una parola: “Umanesimo”. La curiosità infinita, degna di un Ficino o di un Leonardo del XXI secolo, era la benzina di quel motore inesauribile che era la sua mente. Ci ha fatto vivere fin nel profondo città, musei, opere e monumenti senza mai darci quella fastidiosa impressione di essere di fronte ad un qualunque documentario ma con quella di essere, al contrario, al centro di una piazza o di fronte ad un dipinto con al nostro fianco un amico colto e perbene, con cui scambiare parole preziose e mai scontate.
Anche le sue esperienze politiche, prima come Assessore alla Cultura di Milano nel 1993, sotto la giunta di centrodestra di Formentini e poi nel 2009 nella lista di centrosinistra con Penati come consigliere provinciale, furono scoppiettanti e completamente slegate dai canonici metodi ideologici partitici: la destra e la sinistra per Daverio erano concetti ottocenteschi da superare con quello omnicomprensivo dell’attenzione alla cultura e alla bellezza che già comprende, come per gli antichi, il concetto di buono e di giusto. In questo suo essere provocatorio si è sempre rivolto allo spirito e mai alla pancia degli italiani. Piaccia o no, anche questo ha reso Philippe Daverio un personaggio unico e irripetibile del nostro travagliato e degradato tempo.
Alla mostra d’arte contemporanea “Raffaello500” del Festival del Nuovo Rinascimento 2020, che si aprirà il 27 settembre nella splendida Villa Tittoni di Desio, avrei voluto fargli vedere tante opere degli artisti che mi stanno seguendo in questo cammino neorinascimentale; mi balenava l’idea di mostrargli finalmente "La Pietà", l’opera del mistero, il mio dipinto che da oltre 10 anni si modifica all’improvviso e senza spiegazioni di fronte agli spettatori, bypassando qualunque razionalità o legge fisica. Negli anni si sono immersi nell’opera tanti storici d’arte e protagonisti del mondo della cultura ma sicuramente la voglia di meravigliarsi e l’universalismo di Philippe Daverio sarebbero stati attori di un viaggio indimenticabile nel comprendere i dettagli che appaiono sulla tela, tra simboli, codici, echi stilistici leonardeschi e spunti profetici.
All’apertura della villa verrà collocata l’originale di quella ormai storica opera dal titolo "Madonna con Bambino", nata oltre 15 anni fa proprio dalle mie ricerche su Raffaello e che Philippe conosceva bene attraverso la versione litografica che aveva nella sua collezione. Con l’organizzazione del Festival abbiamo deciso di dedicare questa 6° edizione a lui, ne parleremo in conferenza stampa.
L'Italia da ora sarà più povera: tocca a noi e a tutti coloro che credono e lottano quotidianamente per l'arte e per la cultura colmare anche questo vuoto.
Però, grazie anche a Daverio, l'Italia è oggi più ricca rispetto a qualche decennio fa e quando dico "ricca" sapete bene che non mi riferisco certo ai soldi ma alla conoscenza.
Ciao Philippe, quando tornerò di là ci rivediamo: “La Pietà” ce la vediamo insieme da lassù. Promesso.