Da napoletana sono felicissima che all’estero l’italiano venga tradotto direttamente con il napoletano. La cadenza del sud infatti caratterizza l’intera nazione. Non c’è mai stata, per esempio, una puntata dei Simpson in cui un personaggio per imitare un italiano ha usato la cadenza bergamasca. Succede sempre così, anche nelle serie televisive: al massimo il personaggio parla in siciliano.
Ovviamente l’idea di identificare una nazione con un concetto come la mafia, gli spaghetti o il mandolino è del tutto normale, persino inevitabile. Perché quando non si vive un luogo lo si interpreta per messaggi comuni e collettivi che si perpetuano nella storia. Sono persino orgogliosa da napoletana che ogni volta che gli stranieri intendono qualcosa di italiano prendano una parte per il tutto, cioè che la metonimia napoletana rappresenti la totalità.
Nel caso specifico di Lol Germania, da comica – quale io sono fra le altre cose -, difendo la libertà di espressione nella satira. Anzi, vorrei che la libertà di espressione all’interno di momenti di comunicazione artistica venga sempre più difesa. Per questo mi ritrovo senza un profilo Instagram, perché l’Italia non capisce la mia satira legata all’uso sensuale del mio corpo. Vengo penalizzata per una serie di atteggiamenti che non si dovrebbero tenere. Ma io dico no alla censura dell’arte!
E poi quella frase l’ha detta un comico. Fosse uscita dalla bocca di un politico, avrebbe avuto una valenza differente e sarebbe stata interpretata in modo diverso. Ma da un comico è accettabile, altrimenti ce ne dobbiamo stare tutti zitti e muti. Il medium è messaggio, diceva Marshall McLuhan. Per cui, se un attore comico all’interno di un contesto satirico dice una cosa del genere non si tratta altro che di una esasperazione, un ingigantimento, un concetto portato fino al parossismo per arrivare a suscitare l’effetto della comicità.
Per il resto, quante volte noi abbiamo definito i tedeschi “mangia-crauti”? O quante volte abbiamo detto dei francesi che hanno una lingua orribile, perché anche quando si arrabbiano sembra che raccontino una favoletta? È normale, sono luoghi comuni classici. Ed è anche naturale difendere la propria appartenenza, perché è antropologico, persino umano voler difendere il proprio Dna reputandolo migliore rispetto a quello degli altri. In questo modo difendiamo la nostra cultura, la nostra identità e la nostra religione. È come non amare sé stessi. Come il bambino neonato che venera il suo corpo perché inconsapevole di quello che c’è all’esterno.
L’identità dell’appartenenza è del tutto ancestrale, ed è giusto considerarsi migliori: in fondo nel tuo gruppo ti troverai sempre meglio rispetto al confronto con l’altro. Ma vivaddio, ognuno difende le proprie origini, sempre mantenendo il giusto rispetto reciproco.
Viva la satira e domani la faremo noi una battuta sui "crucchi"!