Come mio solito preferisco partire da alcune definizioni che possano essere comprese in linea generale da esperti del settore, semplici appassionati e completi inesperti. Il concetto di “diritto d'autore” e di tutto quello che riguarda effettivamente i diritti degli artisti (in musica, pittura, arti figurative in generale, teatro, moda, format tv etc... ) risulta sempre molto vago e poco approfondito, tutti ne hanno diritto ma pochi capiscono davvero che diritti hanno. In particolare è bene specificarlo per tutti i settori anche se poi andremo a parlare di musica in modo più approfondito. Citiamo quindi ufficialmente: “Art. 12. L'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera. Ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l'opera in ogni forma e modo originale, o derivato, nei limiti fissati da questa legge, ed in particolare con l'esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti”. Partiamo dal semplice fatto che tutte le normative sul diritto d'autore sono riassunte in circa 85 pagine proprio nella 'Legge sul diritto d'autore (L. 633/1941)' e quindi non è un argomento da poter riassumere in poche righe, anzi, andrebbe sviscerato punto per punto e contestualizzato in mille tipologie di situazioni e personaggi. Per i più temerari ne consiglio comunque la lettura integrale. Ma volendo semplicemente partire dalle basi definiamo, come la Treccani ci suggerisce abilmente, un riassunto su questo tipo di diritti: “Il diritto d’autore tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo riguardanti le scienze, la letteratura, la musica, le arti figurative, l’architettura, il teatro, la cinematografia, la radiodiffusione e, da ultimo, i programmi per elaboratore e le banche dati, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. La tutela autoriale non soggiace ad alcun onere di deposito, come invece si richiede per le invenzioni industriali. Il contenuto del diritto d’autore si articola in diritto morale e diritto patrimoniale d’autore, disciplinati entrambi dalla l. n. 633/1941 e successive modifiche e integrazioni". E qui sempre la Treccani ci da anche una chiave aggiuntiva: “Il diritto morale d’autore è un diritto personale, inalienabile e intrasmissibile. Si compone di una serie di facoltà, tra cui il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera stessa che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. Tale diritto è inalienabile e dopo la morte dell’autore può essere fatto valere, senza limite di tempo (...)”. Tenendo in considerazione questi semplici punti possiamo inturie quanto sia vasto il concetto di autore, paternità di un'opera, diritti e annessi. Ma quanti artisti sono davvero consapevoli di questo? Quanti artisti pur di rientrare in algoritmi social o in playlist editoriale cedono i propri diritti? Quanti artisti hanno davvero la consapevolezza di avere l'intero potere tra le mani e non che altri ne siano padroni? Ve lo dico io, pochissimi... e chi ne ha consapevolezza non riesce nemmeno a crederci. I casi di emergenti truffati da etichette indipendenti ( e non solo, anche major vere e proprie ) sono innumerevoli, ma lo sono anche artisti molto affermati che non hanno mai consapevolmente letto un contratto, quelli che “tanto l'ha letto il mio manager che vuole il mio bene”, che poi alcuni manager non si sa nemmeno cosa siano e come ci sono arrivati, o che il manger passa all'assistente che a sua volta passa all'assistente dell'assistente e che in realtà nessuno ha letto ma tutti hanno firmato dopo aver superficialmente intravisto che sicuramente avranno almeno il “50% delle royalties”. Ma cosa sono esattamente queste leggendarie royalties e perchè tutti le vogliono? Anche qui lasciamoci aiutare dalla Treccani che non lascia spazio a dubbi: “Le Royalties sono un compenso riconosciuto al proprietario di un bene, al creatore o all’autore di un’opera dell’ingegno, al possessore di un brevetto o di un copyright, come corrispettivo della concessione di utilizzare commercialmente il bene, l’opera, il brevetto; è di solito commisurato in percentuale al fatturato o al numero degli esemplari messi in commercio. Originariamente, il termine anglosassone, entrato nell’uso internazionale (specialmente al plurale), era impiegato soltanto per indicare l’aliquota del prodotto lordo che le società concessionarie di giacimenti minerari (soprattutto di petrolio) si impegnano a corrispondere in natura allo Stato concedente, in sostituzione o, in genere, in aggiunta a prelievi sugli utili netti (sotto forma di canoni in denaro, di partecipazione agli utili o di imposte)”.
Ed ecco che in un attimo siamo passati dal commercio di petrolio a Spotify. Gli artisti (e non ribadisco se emergenti o big perchè abbiamo capito che non è sempre indicativo di preparazione sul tema) non avendo bene in mente i propri diritti e quello che ne deriva si attaccano all'idea che le royalties siano quasi un regalo che gli viene fatto dai distributori, che anzi, sono pure fortunati ad avercele perchè “pensa che addirittura siamo riusciti ad ottenerne più della metà”. Ottenere cosa esattamente se le royalties stesse dipendono da te e dalla tua 'opera'? E sopratutto, se sei l'autore del brano e di conseguenza ne possiedi i diritti (oltre a quelli morali e di paternità) perchè dovresti cederli in cambio di royalties e di distribuzioni sul mercato discografico che di fatto nemmeno vendono o che ti restituiscono 0,70 centesimi su 6 mesi di riproduzioni Spotify? E cari artisti, la prima domanda che dovreste farvi è: siete davvero proprietari del brano a livello artistico e avete un contratto o un deposito SIAE che attesti la vostra paternità o quantomeno un contratto per la cessione del master? E in molti si staranno chiedendo cosa sia un master e perchè ne serva la cessione o se ne debba attestare la proprietà. Diciamo che il concetto di 'Master' nel settore musicale è inteso come il brano pronto e finito, la versione 'masterizzata' e quindi 'ultimata' e pronta che di fatto verrà venduta, pubblicata, distribuita, divulgata, fornita al pubblico... Considerando che la maggior parte degli artisti ad oggi non ha un proprio studio o non sia il fonico di se stesso e di conseguenza non realizzi il 'master' definitivo si presuppone che tutto sia regolamentato, pagato ad un addetto del settore e contrattualizzato per poi averne la proprietà e gestirne la pubblicazione e annessi. E soprattutto, fate domande e vi togliete i dubbi? Spoiler: “No”. Quai nessuno chiede chiarimenti sui contratti. Quasi nessuno rilascia il contratto di cessione master se non richiesto e quasi tutti pagano un servizio senza nemmeno ottenere una fattura in cambio a testimonianza, quasi (ed è importante dire 'quasi' perchè esiste anche gente onesta e professionisti seri) nessuno considera che farsi distribuire un brano che già è 'teoricamente' suo non è esattamente in regola. Quasi nessuno parte dalla base, “posso testimoniare che il brano e il master definitivo è mio?” e di conseguenza “posso quindi mettere sul mercato un prodotto avendone i diritti e ottenendone le royalties?” e se la risposta fosse un “Sì” la vera domanda che dovreste farvi è: “E se tutto questo mi appartiene e ne ho diritto perchè devo cedere il mio prodotto ad un estraneo che non mi da nemmeno garanzia di guadagno e non mi propone un contratto che sia realmente a vantaggio della mia musica? Se tutto questo è mio perchè lo devo svendere per pochi centesimi? Ho davvero qualcosa da dire o voglio solo un po' di notorietà?”. Ma sopratutto, la vera domanda che mi faccio io per voi (e per me stessa), tutto questo è davvero legale o moralmente corretto? C'è davvero ancora un'etica nel mercato musicale e nel modo in cui gli artisti vengono trattati? E voi siete consapevoli dei vostri diritti? Fatemelo sapere, vi aspetto numerosi .