Oggi il programma inizia proprio al suo massimo con Achille Lauro che ci spiega dove devono stare le donne: a fare le pulizie! Gli uomini cantano e suonano, le donne lui se le porta dietro per mettere a posto e “mettere in riga”, parole di Achille. Perla, la sua domestica filippina, che ha portato dietro proprio per fare questa gag, con tanto di divisa, divertente solo se voti la lega e hai ottant'anni, ma forse neppure in quel caso fa ridere. Sottolineare, tra l'altro, che sono tutti uomini, dieci uomini per l’esattezza, non è una delle mosse migliori Achille, perché se sono tutti uomini è per scelta tua, non per puro caso. Puro maschilismo, come sempre. Continua poi il circo, dopo aver fatto cantare tutti, durante la cena, raccontando che lui aveva una scatola delle scarpe come zaino e che dormiva in macchina, e Achille, io posso anche credere che sia tutto vero, ma tuo padre è stato un magistrato, i soldi per lo zaino li avevi e la casa pure. Non fraintendetemi, non è una colpa nascere benestanti, non c'è niente di male a esserlo, ma perché questa fatica ad ammetterlo, perché voler fingere una fame che non si ha, molto simile all’intervista di Tony Effe in cui dice di non essere ricco di famiglia, pur abitando ai parioli e frequentando solo scuole private, l’ipocrisia dell’ostentare una condizione di disagio economico che non esiste. So bene che per un certo tipo di musica è un po’ lo status symbol venire fuori dal niente, dalla strada, ma se si ha talento, se si arriva alla gente, non bisogna nascondere il senso di colpa e la propria sindrome dell’impostore con questo finto storytelling del povero comunista con il Rolex.
Per fortuna però, finito questo capitolo pietoso, si passa a Jake La Furia e Francamente, componente della sua squadra che io personalmente adoro e che credo oltre a essere un talento musicalmente, porta anche il transfemminismo intersezionale di cui abbiamo bisogno in questo programma. Ma non quello finto che serve a mettere una flag in un foglietto dei temi scomodi da toccare per far vedere che si è aperti e inclusivi, ma quel pensiero critico è supportato da conoscenza e informazioni che mancano al pubblico italiano. Ma torniamo a parlare di musica: non mi sono trovata d’accordo con nessuna scelta di eliminazione, Manuel che elimina Beatrice, togliendo un’ennesima donna al programma, scelta pessima, perché Beatrice era nettamente più brava di Daniel, Paola che elimina i Frammenti, che erano gli unici della sua squadra ad avere una buona conoscenza musicale originale e diversa dalle solite impronte, Achille che elimina Ibrahim per mantenere i Patagarri che non erano decisi neppure loro sulla scelta di partecipare al programma e infine Jake, che elimina i Potara, che a me non piacevano, ma erano decisamente più meritevoli di rimanere in squadra rispetto ai The FoOlz che li ho trovati più irrilevanti. Detto questo Jake è l’unico a avere una componente rilevante di donne in squadra, lascio a voi trarre le vostre conclusioni.
Avevo la forte tentazione di giocare la carta dell’altrismo, che è quel movimento, di cui mi fregio di essere il padre fondatore, che vuole che per non dar lustro a qualcosa di cui ti ritrovi a scrivere più che altro per dovere di cronaca, preferisci occuparti d’altro, usando semmai il cappello dell’argomento d’attualità per accendere riflettori su realtà altrimenti difficilmente attenzionati. L’ho recentemente fatto con il Premio Tenco, vi sarà forse capitato di leggerne, e in passato l’ho fatto in maniera ancora più clamorosa su altre testate, come quando al Fatto Quotidiano provavo a parlare di piccoli artisti indipendenti andando a prendere metaforicamente a schiaffoni nomi considerati top player, a volte però creando vere e proprie shit storm nei confronti dei piccoli da parte delle fanbase dei big, obnubiliate dall’amore e dall’ignoranza. Avevo la forte tentazione di giocare quindi la carta dell’altrismo, se il direttore Pisto può lanciare il lucidismo potrò ben io, che sono più anziano, lasciarmi andare a mia volta a correnti di pensiero, no?, ma alla fine ho desistito. Quindi non starò qui a dirvi che se avete amato Anna Castiglia l’anno scorso e quest’anno vi siete interessati a Francamente, già che vi trovate sarebbe il caso che andaste anche a ascoltarvi Irene Buselli, per altro incidentalmente, a volte anche un orologio rotto segna l’ora esatta e tutta quella genia di cazzate lì, di passaggio al Premio Tenco, Irene Buselli con Francamente parte del collettivo femminile Canta Fino A Dieci (con loro anche Rossana De Pace e Cheriac Re). Oppure farvi notare, toh, che quella Giulia Mei di cui mi sono occupato abbastanza spesso parlando di X Factor quest’anno, dopo la hit Bandiera, perché di hit si tratta, guardate ai numeri voi che sembrate non notare altro, ha appena tirato fuori un’altra perla, ironica e assolutamente contemporanea, titolo: "La Vita è Brutta". Avrei potuto anche parlarvi di un cantautore, tanto per non dar adito all’idea che io mi occupi sono di femminile, Santoianni e il suo album "La soglia dei trenta", prova provata che si può essere nati negli anni Novanta e essere un fiore di cantautore, dire cose profonde, complesse, e dirle in musica, perfettamente a proprio agio in una forma canzone che miracolosamente trova sempre il modo di ringiovanirsi. Una grande firma che meriterebbe tutta l’attenzione possibile, certo, ma che non posso includere in un articolo che invece parla di un programma televisivo, non fosse altro perché ho una certa età e mi picco, quando voglio, di riuscire a accendere i riflettori anche senza ricorrere a questi trucchetti di bassa lega. Come merita attenzione sfacciata Marta Tenaglia, che con Irene Buselli è stata l’altra sera al Centro Studi di Milano, ospite mia e proprio di Santoianni, per la seconda serata di quattro incontri dal titolo Temporary Music, talk musicali assolutamente a ingresso gratuito dove si prova a indagare sulla canzone, dal come si scrive al cosa vuole veicolare a livelli di messaggi, altro che cover con balletti di Laccio o altre facezie del genere, ma anche altro che Premi Tenco con direttivi dall’età media di settant’anni e ospiti ancora più anziani, non fosse appunto per Irene Buselli, la sola sotto la soglia dei trenta, forse anche dei quaranta se non addirittura dei cinquanta. Ma niente di tutto questo. Non è la strada che ho deciso di percorrere, non fosse altro perché questi sono pezzi a doppia firma, quella di mia figlia Lucia e la mia, e anche se nelle ultime due settimane abbiamo distinto chi scrive cosa, è pur sempre uno spazio condiviso. Quindi eccomi a raccontare, in poche righe, l’altrismo me ne avrebbe in fondo concesse poche, a dirvi come è andata la puntata numero sei di questa diciottesima edizione di X Factor, quella dedicata agli Home Visit, quando cioè i quattro giudici si trovano costretti a lasciare qualcuno a casa prima dei live, stavolta uno solo su quattro, fatto che di per sé rende la scelta immagino ancora più difficile.
Team Achilla Lauro, pur di non sentire le cazzate che dice il vate di "Rolls Royce" ho tolto l’audio e mi sono messo in cuffia Giorgio Montanini a Tintoria, almeno ho sentito parole sensate. Scherzo, ho sentito tutto e visto tutto. E mi ha fatto tutto caga*e. A partire dalla faccenda della fame, per passare al sedicenne che dice che vuole dare un senso alla sua vita, per finire ai Patagarri, che non sanno andare a tempo manco se gli metti un metronomo nel culo, per non dire dei tre dello chic rock. Non ne avrei scelto nessuno, e infatti io non faccio il giudice di X Factor, e Achille Lauro non è un critico musicale. Passo oltre. Team Jake, quello con più donne, e già suona strano. Ma mai quanto il fatto che lui, Jake, è molto simpatico, e almeno non sembra avere una grande conoscenza della musica ma fa ridere (e non si è portato dietro la servitù, cara grazia). La squadra sarebbe anche variegata, ma star qui a parlare di musica mi sembra irrispettoso. Comunque, in ordine, Francamente è la migliore, la versione a due dei BNKR44 simpatici, parlo dei Potara, ma hanno già rotto le palle, Elmira è brava, ma anni fa c’era già la tipa dell’est che sembrava fare sfaceli, e abbiamo visto tutti come è finita (se non ve ne ricordate, beh, è così che è finita), i Patagarri elettrificati non li catalogo neanche. Jake sceglie bene, quindi Francamente e Elmina, e sceglie bene anche nello spareggio, sempre che esista una sfumatura di bene che riguarda anche il male, quindi passano i Patagarri elettrificato e lascia a casa i Potara. Che imbarazzo. Paola si dimostra a sua volta una forza della natura. O meglio, si dimostra magari a voi, se non la conoscevate già. Una forza della natura e anche una bella presenza, diciamola così, e di fronte a tanta pochezza musicale che trapela dallo schermo, fatte le debite eccezioni su menzionate, direi che male non è. Anzi. I Brama o come minchia si chiama la band del tizio pelato vestito in maniera eccentrica lo prenderei a calci nel culo, anche senza che canti. Paola, giustamente, fa notare loro certe incongruenze nel look e anche nel suono, perché oltre che per la gnoccaggine sta lì perché parlando di musica je l’ammolla parecchio. Laura Fetahu, in bikini con slip infratido azzarda una gara al fotophinish sul filo della sexitudine, e anche quel parlare di energia è sempre in zona challenge con la giudice, ma seppur gradevole alla vista e comunque sul pezzo quando canta credo debba mangiare parecchi cornflakes sottomarca prima di arrivare al livello di Paola, sempre che mai ce la possa fare. Il tizio scozzese, caruccio e con amiche e fidanzata al seguito, è l’irrilevanza fatta persona, diciamolo in coro come fossimo a un concerto dei Pogues (che erano irlandesi, ma rende l’idea). Non a caso quando finisce Paola dice “bello” e non “bravo”, ma davvero l’irrilevanza. Sentirla parlare dei Cure per me è normale, ma immagino contribuirà a rendere la sua immagine più completa, bene. Il momento drama, che non manca mai a XF la incupisce, e ci mancherebbe altro, ma è perché ancora non credo abbia del tutto realizzato di dove si è andata a ficcare: la televisione. I Frammenti portano Born Slippy degli Underworld con intro alla Trarinspotting, e in effetti il cantante ha un taglio di capelli che dovrebbe portarlo dritto dritto all’abuso di eroina. Comunque sono bravini. E infatti non passano, mentre passano i Brama insieme a Laura (che però va detto è simpatica quanto modesta, non ci fosse questa imbarazzante moria di donne in gara la avrei cacciata a pernacchie) e all’impalpabile scozzese (immagino passato d’ufficio per aver esposto i lutti di famiglia, come richiesto da produzione).
Dai suoi home visit mi sembra evidente, più di prima, che ruolo andrà a ricoprire. Non solo quello dell’unica donna nel gruppo, ma anche quello della popstar che però conosce un po’ tutta la musica, quale in effetti è, tanto quanto Jake sarà quello con la battuta sempre pronta e Achille Lauro il gatto che passa due volte di Matrix, cioè la prova provata che non tutto funziona bene anche quando così sembra. Manuel quando arriva mi ammanta di malinconia, perché capisci che puoi nascere incendiario e morire pompiere, ma puoi anche nascere incendiario e finire coi capelli tinti a dire minchiate (come che intorno ai trenta aveva i capelli fino al culo, tra l’altro) dentro la televisione. I Punkcake sono derivativi, bravini ma derivativi. Oh, simpatici a parlare di bassi in affitto e a esibire magliette alla Manuel, ma destinati a scomparire in uno zot. Beatrice porta i Pixies, ma dice che li conosce per Where is My Mind, che non è esattamente un ottimo biglietto da visita. Però ha raccontato la sua vita disperata l’ultima volta, quindi non può che passare. Idem Mimì, che obiettivamente ha una voce della Madonna. È pure di colore e adottata, flag sui casi personali, si saranno detti. Certo, le belle voci a X Factor non è che abbiano necessariamente un futuro segnato, ma lei è oggettivamente brava, bravissima. Il sosia di Lucio Corsi dovrebbe andare a Tale e Quale Show, e sarebbe segno che nel mentre Lucio Corsi è diventato mainstream, a voi dire se sarebbe bene o male, ma qui fa davvero ridere i polli, e vista l’ambientazione di polli ce ne saranno pure stati. Debole. Manuel sceglie di lasciare a casa Beatrice e portarsi dietro il sosia, a riprova che la lucidità non fa parte del suo bagaglio a mano. Comunque, tre donne su oltre venti concorrenti, daje tutta programma dell’inclusività eccetera eccetera. Il senso del ridicolo colga gli autori. Dovessi dire chi ha la squadra più forte immagino dovrei dire Manchester City, nel senso che nessuna mi convince, ma scemo io che parlo di musica. Ultima notazione, la mestizia di vedere gli home visit tutti nello stesso agriturismo. Figa è la Domus Delicia in provincia di Piacenza, ma dopo anni passati in giro per il mondo e l’anno scorso, almeno in quattro location diverse è un po’ un lieve passo indietro. Spendig review a gogo, come nella scelta di portare solo quattro concorrenti agli home visit invece dei soliti cinque, spending review, viene da dire, questo del resto passa il convento.