Cos’hanno in comune Linus, Gerry Scotti, Max Pezzali, Jovanotti, Amadeus, L’Aquafan di Riccione, Fabio Volo, Pieraccioni, Radio Deejay, Fiorello e Sabrina Salerno? Elementare Watson, sono tutte creature di Claudio Cecchetto. Cecchetto che anche se oggi compie 70 anni per me resta sempre criogenizzato a quando ne aveva meno di 30 e impartiva saltellando le istruzioni per ballare al meglio il Gioca Jouer, sorta di tutorial preistorico per flash mob e astronomico successo discografico scritto su musiche di Simonetti (quello dei Goblin) in Italia e nel mondo (in Argentina e in Inghilterra nell’83 arriva senza difficoltà ai primi posti delle classifiche).
Cecchetto che nel 1981 conduce la sua seconda edizione consecutiva del Festival di Sanremo, culto assoluto (si ricordano, in ordine sparso: la vittoria di Alice con Per Elisa di Battiato/Pio, il mutamento in organico della formazione dei Ricchi e Poveri che da quattro, dopo l’autoesilio di Marina Occhiena diventano un trio, Jo Chiarello, esordiente con la devastate “Che Brutto Affare” scritta e prodotta da Califano).
Cecchetto che fonda Radio Deejay e poi crea Deejay Television che su Italia 1 allieta i miei infiniti pomeriggi preadolescenziali. Cecchetto che dichiara che Jovanotti gli fa ascoltare “Ti porto via con me” e lui gli dice “Tu sei Beethoven, Tu sei Chopin” (Jovanotti gli avrà risposto “I like Chopin?”).
Cecchetto che lascia Deejay e fonda Radio Capital poi vende anche quella e fa altri miliardi (oltre alle edizioni su parecchia musica di Jovanotti, Pezzali, etc).
Cecchetto infaticabile talent scout, presentatore, organizzatore, produttore discografico e DJ eppure davvero nessuna di queste cose, un pò come Walt Disney che a quel bambino che gli chiede se disegnasse i personaggi o scrivesse le storie dei suoi film risponde “Vedi piccolo, io sono come un ape che vola di fiore in fiore cercando quel cibo che chiamano idee e quando ho trovato le idee le porto agli altri perché ci facciano il miele” (episodio riportato in un’intervista a Disney realizzata da Oriana Fallaci nel 1966, pochi mesi prima della sua morte).
Cecchetto che con la stessa spensierata disinvoltura con cui scende da uno scivolo dell’Aquafan si candida a sindaco di Riccione al grido di “Make Viale Ceccarini Great Again”.
Cecchetto creatore di un universo che rappresenta un buon 80% della mia infanzia, dell’infanzia di tanti di noi, oggi compie 70 primavere. Figura fluida e trasversale figlia di un periodo di benessere edonistico forse irripetibile in cui costruire un impero sembrava più facile (a patto di avere un’ambizione inarrestabile e una visione cristallina) di quanto sia oggi cambiare il medico di base sul portale ATS, oggi di Cecchetto non ce n’è: la sua interdisciplinarità oggi è sparpagliata tra giudici di talent, produttori discografici, Maria de Filippi, direttori di rete in un sistema media sempre più frammentato e autogestito tante piccole realtà. Chiedersi cosa resterà di Cecchetto è come chiedersi cosa resterà di questi anni ’80, come fece Raf alla fine del decennio d’oro. Ma a giudicare dal ciuffo d’acciaio ancora saldamente al suo posto, è una domanda che ci faremo solo tra parecchi anni.