"Free Ukrain, fuck Putin". L'urlo di Damiano dal palco del Coachella spiega da che parte stanno i Måneskin. Anche se, a onor del vero, la band italiana, la prima a esibirsi allo storico festival californiano (concederanno il bis la prossima domenica), eliminando le tappe in Russia del tour mondiale, aveva già chiarito la sua posizione, e con l'aggiunta del nuovo inedito "Dance on Gasoline" (pro Ucraina, pezzo considerevole ndr) allegato pure la conferma.
L’esordio dei quattro, alla Prima della Scala in chiave California Pop, in cui il pubblico è più interessato a chi sfila di chi suona, è stato particolarmente ostico, ma portato a casa in maniera dignitosa (as usual: ormai non sbagliano un colpo). Così, trasgressivi e gender fluid al punto giusto, ma anche un filo cock rock e pure punk, con abiti in pizzo (Gucci style), trasparenze, a metà strada tra il sadomaso e il vittoriano, e un Damiano abbigliato a mo' di Zelensky dei tempi "comici", i musicisti de Roma hanno inchiodato il palco per 45 minuti buoni di esibizione (anche se il frontman era un filino sottotono). E allegata scaletta compiacente al pubblico a stelle e strisce, per meglio abbinarla allo slogan pro Ucraina (annunciato nell'incipit dell'articolo), col quale gli impavidi rocker- pop star si sono guadagnati prime pagine a profusione, applausi, menzioni, stories, onere e gloria nei secoli dei secoli (amen). Insomma, un altro trionfo, alquanto pronosticabile, perché scegliere di agire così in America, e quindi dire agli americani esattamente ciò che vogliono sentirsi dire, è compiacimento puro.
Poco originale insultare un dittatore, in questo caso un russo in California, che se la memoria non ci inganna, sita negli States, Paese che dal dopoguerra ha costellato la sua storia di guerre, vittime civili e compagnia bella. Un gesto eroico e ribelle, da vero rockstar per intenderci, sarebbe stato, invece, ricordare anche le guerre americane, condannarle, e condannare pure questa. Ma che vuoi farci, sei ospite loro, e menzionare pure, tra le altre, le sessanta guerre e passa attualmente in corso sul pianeta terra, non è abbastanza Usa friendly. E quindi niente. Meglio assoggettarsi al pensiero comune, e fare l'eroe col culo di Putin, così da guadagnare prevedibili e facili consensi. In fondo con quel négligé Damiano può dire ciò che vuole, vedute fintamente alternative annesse. Quindi, pure stavolta i Måneskin sono precisamente allineati al mainstream, e fanno per l'appunto quanto ci si aspetta. Niente di più, niente di meno.
Per cui, mentre ci strappiamo i capelli sull'ennesimo compitino eseguito perfettamente, con annesso superbo monologo di Damiano (va concesso il merito) preso in prestito da "Il Grande dittatore" di Charlie Chaplin, i romani ci fregano un'altra volta. Ma alla fine, lo fanno così bene, e da un anno e passa almeno, che piacciono parecchio anche per questo. Della serie: loro, almeno, una posizione l’hanno presa, e in aggiunta, con spettatori in mondovisione al seguito.
In fondo, hanno pur sempre lanciato un messaggio considerevole, anche se servile all'ennesima potenza. Certo, è anche suggestivo affermare che un insulto così forte sia veicolo di pace e bene, ma non hanno mica dichiarato guerra a Putin, come vaneggia qualcuno da 24 ore (incluso Marcato della Lega).
E se adesso corrono il rischio di deludere una parte di fan, e giocarsi l'ingresso in Russia a vita, si sono frattanto assicurati la benevolenza degli americani e gli onori della gloria, in terra natia e non. Quindi, se non l'hanno messa in quel posto a Putin, l'hanno messa di sicuro in quel posto a tutti noi. Ma se è vero che ci hanno fregato alla grande, è anche vero che hanno ragione loro, un'altra volta ancora.