Il 10 maggio si terranno i David di Donatello. Marco Bellocchio grande favorito con 18 candidature, Ficarra e Picone nominati insieme, ma scorrendo la lista c’è un grande escluso: Pierfrancesco Favino. Parliamo di quello che, a rigor di logica, è destinato a vincere sempre tutto. O molto. Perché è il più bravo e versatile, pochi dubbi. E allora come mai stavolta neanche partecipa? Dopo l’emozione della notte degli Oscar, anche sul suolo patrio vengono premiati i migliori di ogni categoria del cinema. E sarebbe tutto in piena regola, niente di sconvolgente, se non fosse che assistiamo sbigottiti all’esclusione del più grande tra gli attori italiani. Forse il nome più blasonato e celebrato degli ultimi 10 anni, il “Favino nazionale”, nonostante fosse pure tra i favoriti per la stampa, non è stato nemmeno preso in considerazione per una nomination, né per “Nostalgia” né per “Il colibrì “. Che è successo?
Forse un abbaglio? Favino ha pestato i piedi sbagliati, oppure i selezionatori del Festival si sono fumati tutti insieme qualcosa che gli ha fatto dimenticare un artista del genere? No, non credo. Anzi. Credo invece che il problema sia il contrario: sospetto che l’attore romano sia davvero “troppo” rispetto agli altri. Un enorme ingombro che non può che sbancare e mettere in ombra chiunque gli venga accostato. E quest’anno in gara ci ritroviamo “Esterno notte “ , a cura di Marco Bellocchio, una produzione italo-francese che cerca di risanare l’antica ferita del sequestro di Aldo Moro e che tra le nomination vede anche quella di Fabrizio Gifuni, (già vincitore di un miglior attore non protagonista ne il “Capitale umano”) che partecipa come miglior attore protagonista. La stessa categoria nella quale sarebbe finito Pierfrancesco Favino se non l’avessero escluso dalle nomination. Onestamente un po’ capisco la dinamica della faccenda (sempre che sia effettivamente questa). Se lo avessero candidato i rischi sarebbero stati due: da una parte una vittoria (scontatissima) e dall’altra un ridicolo rischio di vederlo perdere senza una giustificazione accettabile che vada oltre il “non poteva rischiare di trionfare (ancora)”. Se fosse una relazione, la controparte la chiuderebbe dicendo: “Il problema non sei tu, sono io”. E sarebbe una cavolata. Il problema è proprio lui: un attore troppo bravo che avrebbe oscurato il resto del cinema italiano.