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I libri più belli del 2024? La lista di MOW: da “Narcotopia” di Patrick Winn a “Democrazia, il Dio che ha fallito” di Hans-Hermann Hoppe. Leggete tutto, analfabeti funzionali!

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

27 dicembre 2024

I libri più belli del 2024? La lista di MOW: da “Narcotopia” di Patrick Winn a “Democrazia, il Dio che ha fallito” di Hans-Hermann Hoppe. Leggete tutto, analfabeti funzionali!
Abbiamo scelto per voi i migliori libri del 2024 (e qualcosa pubblicato prima) e ve li consigliamo dopo le feste, perché non facciamo la lista della spesa a nessuno. Ecco i libri preferiti dalla redazione di MOW, scritti da giornalisti di inchieste, collaborazionisti nazisti, scienziati, filosofi e scrittori fuori dalle logiche dell’amichettismo. Tutto bellissimo…

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Noi i libri ve li consigliamo dopo le feste, così non potete regalarli a nessuno. Se vi incuriosiscono prima comprateveli voi. Leggeteli e diteci che ne pensate (tanto la nostra email ce l’avete). Nel 2023 sono usciti circa 85 mila libri in Italia, dovrebbe essere un numero simile a quello del 2024. Li abbiamo letti quasi tutti (si scherza) e vi consigliamo i migliori, ma davvero i migliori. Romanzi, racconti, saggi, poesie, di tutto. Pronti?

https://mowmag-store.myspreadshop.it/

Moreno Pisto

Patrick Winn, Narcotopia, Adelphi, 2024

Se vuoi fare il reportagista o le inchieste è il libro che devi leggerti

Michael Pollan, Come cambiare la tua mente, Adelphi, 2019

È un approccio di illuminismo psichedelico per chi vuole esplorare i nuovi mondi, compreso quello della propria coscienza.

Jorge Luis Borges, Sette sere, Adelphi, 2024

Perché fa bene all’anima.

Sylvain Tesson, Piccolo trattato sull’immensità del mondo, Piano B 2024

Per capire come estraniari da questo mondo che ti rende succube, che ti manda in ansia, di iperattività, di ipersocializzazione, di iperconnettività; come recuperare una sorta di benessere interiore attraverso le esperienze di Tesson, scrittore nomade.

Sylvain Tesson, Piccolo trattato sull’immensità del mondo, Piano B 2024
Sylvain Tesson, Piccolo trattato sull’immensità del mondo, Piano B 2024

Gianmarco Aimi

Francesca Manfredi, Il periodo del silenzio, La Nave di Teseo, 2024

Nell’epoca in cui stiamo capendo, con notevole ritardo, che ormai ragioniamo con gli schemi che i social ci hanno imposto negli ultimi anni, cosa c’è di meglio se non leggere un romanzo che spiega le conseguenze - e il senso di emarginazione - di disiscriversi dai social? Partendo da questa reazione-rifiuto, all’inizio inconsapevole, la protagonista, Cristina Martino, ci mette di fronte all’evidenza di quanto le piattaforme digitali di comunicazione siano onnipresenti in ogni momento della nostra quotidianità e sembri ormai (quasi) impossibile farne a meno. Cristina, in più, è una giovane laureata in Archeologia e in seguito lavoratrice precaria, quindi il profilo simbolo di una generazione che, nonostante lo studio, non riesce a trovare una occupazione che possa garantirle un futuro. Forse proprio per questi elementi così contemporanei, che si fondono in un rigetto del simbolo di tutto ciò che avrebbe dovuto unire il mondo in un unico grande abbraccio e invece lo ha diviso in tante piccole polemiche - oltre a una scrittura vivace e ben strutturata - Il periodo del silenzio diventa una sorta di manifesto per riflettere sul presente e provare a ipotizzare vie d’uscita future. Non a caso, il gesto della protagonista di non usare più i social e poi, gradualmente, anche di comunicare in modo sempre più rarefatto, nell’arco della narrazione diventerà un vero esempio di protesta seguito da tanti altri. Un romanzo profetico? Forse no. Ma dovremmo augurarcelo. Una menzione speciale va anche all’autrice dell’opera di copertina, Sofia Bonati. Il labirinto che dalla nostra mente si riverbera su tutto il resto è una immagine che rappresenta la rivoluzione in atto, così come gli occhi orientali della ragazza ritratta. Altro indizio di chi, a breve, tirerà le fila della storia?

Francesca Manfredi, Il periodo del silenzio, La Nave di Teseo, 2024
Francesca Manfredi, Il periodo del silenzio, La Nave di Teseo, 2024

Cosimo Curatola

It’s a kind of magic

Cheon Myeong-Gwan, Whale, Edizioni E/o, 2024

Due libri, perché le letture vanno bene alternate come una pedalata. Il primo è Whale, di Cheon Myeong-Gwan, uscito nel 2023 e già diventato un classico in Sud Corea. Poetico, divertente, un po’ fiabesco e a tratti straziante, la cosa più simile al realismo magico sudamericano che tanto mi piace. Una favola contemporanea per adulti.

William Somerset Maugham, Il Mago, Adelphi, 2024

Il secondo è Il Mago di William Somerset Maugham, ispirato al personaggio di Aleister Crowley. Maugham scrive: “La magia non è altro che impiegare consapevolmente mezzi invisibili per produrre effetti visibili. Volontà, amore e immaginazione sono poteri magici che chiunque possiede: chi sa come svilupparli appieno è un mago”. Occultismo e letteratura del secolo scorso. Non il migliore dell’esagerata produzione di Maugham, proprio per questo è un ottimo punto di attacco verso un autore straordinario.

Extra: la trilogia Underworld USA di James Ellroy, per chi vuole fare il giornalista. Extra-extra: Resistenza Intellettuale di Pisto is Free, per chi è intenzionato a capire meglio MOW e il suo scellerato direttore.

Moreno Pisto, Resistenza intellettuale, Nfc Edizioni 2024
Moreno Pisto, Resistenza intellettuale, Nfc Edizioni 2024

Matteo Cassol

Riccardo Canaletti, Verso la foce, Interno Libri, 2024

Perché leggere Verso la foce di Riccardo Canaletti? Perché siamo nel vuoto di un’epoca che ha la fretta sconclusionata di un video TikTok e la profondità emotiva di una gif animata, e ciononostante un’ossessione (di chi scrive, non di chi legge) per il romanzo-mondo morto stecchito. La poesia, che forse non è mai esistita ma non gliene è mai fregato nulla, è l’ultimo gesto di resistenza. È aggrapparsi a una scialuppa bucata e chiamarla arca, urlando al mare di merda: “Non m’inghiottirai”. E se la poesia è fuori dal tempo e dal mezzo, tanto meglio: in questo tempo e con questi mezzi, l’eterna estraneità è una benedizione. 

Canaletti ci offre un libro che, incurante del pudore (“Non sa più dire piscio”, scrive del nonno con l’Alzheimer), ha il coraggio di immergersi nel fango del vissuto e uscirne con le mani sporche e il cuore più pieno. È un testo breve da divorare con voracità come un pane fatto in casa: magari imperfetto, con la crosta dura, ma ricco di quel sapore che il cibo industriale ha dimenticato. E sì, Canaletti è anche un collega e un amico, perché, come quel pane, è tutto un magna magna. Ma la sua poesia è una piccola martellata nello sterno: non per stupire, ma per ricordarti che sei vivo. Per ora.

Riccardo Canaletti, Verso la foce, Interno Libri, 2024
Riccardo Canaletti, Verso la foce, Interno Libri, 2024

Emanuele Pieroni

Alfredo Venturi, L’uomo delle bombe. La vita e i tempi di Felice Orsini, terrorista e gentiluomo, H&W Editore 2009

Voleva l’indipendenza della Romagna. Anzi, forse non voleva neanche quella e probabilmente non sapeva nemmeno fino in fondo cosa volesse. Da solo come ogni figlio d’ogni ideologia, ma dannatamente umano pure nella sfiga di passare alla storia sì come il “primo terrorista italiano”, ma pure come il più “maldestro”. Poeta prima di tutto. Non per i versi e la scrittura, ma per quel modo di vivere lì che è estremo sempre anche quando si persegue nella maniera più sbagliata la grandiosità di un sogno (che invece è sempre giusto), con l’unica eterna costante che è sublimazione e condanna: le donne. Ecco, il personaggio che mi porto via dal 2024 è Felice Orsini, grazie alla penna di Alfredo Venturi che ha provato a tracciarne un profilo diverso, più umano e concreto, in “L’uomo delle bombe. La vita e i tempi di Felice Orsini, terrorista e gentiluomo”. Uno di quei libri che incontri per caso e sono quasi loro a sceglierti. Esattamente in quei momenti lì della vita in cui certi scritti salvano.

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Alfredo Venturi, L’uomo delle bombe. La vita e i tempi di Felice Orsini, terrorista e gentiluomo, H&W Editore 2009

Riccardo Canaletti

Lucien Rebatet, I due stendardi, Edizioni Medhelan, 2024

Di mestiere leggo libri, quest’anno bei libri. Per cui avrei potuto scegliere di tutto. Scelgo questo, che è un titanito trattato di teologia erotica di tre adolescenti, di uno scrittore che oggi verrebbe considerato inaccettabile e che invece è tra i più grandi e dimenticati del Novecento. Sono due tomi da quasi ottocento pagine, quindi quasi milleseicento pagine di romanzo, riflessioni, errori di valutazione. C’è tutto quello che la letteratura dovrebbe essere e non è quasi più.

Georges Simenon, La prigione, Adelphi 2024

Quando voglio leggere la perfezione leggo Simenon. La prigione non solo parla di noi, di come si metabolizza (o non metabolizza) un trauma, ma è soprattutto una lezione di stile, il grande assente nell’attuale mercato editoriale (soprattutto italiano). Tornate a scrivere bene, prima di tutto. Anche Simenon, tra l’altro, personaggio inaccettabile oggi.

Luca Ricci, Gotico Rosa, La Nave di Teseo, 2024

Il racconto, l’ho detto, è il politicamente scorretto della letteratura, e Luca Ricci in Italia è quello che i racconti li scrive meglio. Fun fact: pubblica sotto natale una critica alle classifiche dei libri, poi si ritrova in questa (che, comunque, una classifica non è).

Jon Fosse, Ascolterò gli angeli arrivare, Crocetti, 2024

La poesia è la controrivoluzione alla rivoluzione dell’idiozia. Soprattutto, è il contrario della velocità dei social, di un mondo frettoloso. A Jon Fosse Dio ha parlato. A noi basterebbe anche solo ascoltarlo. O, meglio, leggerlo.

Hans Hermann Hoppe, Democrazia: il Dio che ha fallito, Liberilibri, 2024; nuova edizione

Potete non essere d’accordo, ma non averlo letto è un crimine contro l’intelligenza di chi si dice preparato ad affrontare il mondo di oggi. HHH ha scritto il trattato contro la democrazia più raffinato della letteratura politica recente, soprattutto per dove va a parare: il punto non è la forma di governo, il punto è il governo stesso. (e qual è l’alternativa al governo? Il libero mercato).

Hans Hermann Hoppe, Democrazia: il Dio che ha fallito, Liberilibri, 2024; nuova edizione
Hans Hermann Hoppe, Democrazia: il Dio che ha fallito, Liberilibri, 2024; nuova edizione

Domenico Agrizzi

Daniele Del Giudice, Del Narrare, Einaudi, 2023

“Dello stile non mi è mai importato niente. Piuttosto delle andature, del modo di camminare. Per lo stile ho la stessa considerazione che ho per le scarpe, cioè nulla. […] Faccio una sola stesura dell’esperienza della zona, coincidente col tempo della permanenza lì. […] Le frasi vengono fuori già fatte, e c’è poco da cincischiare. ‘Buona la prima’”. Cosa vuol dire scrivere? Cosa significa stare nella zona in cui un nasce un romanzo? E come si fa a “vedere” ciò di cui dovremo scrivere, al di là delle tendenze per certi argomenti? Daniele Del Giudice ha scritto saggi sulla narrazione, racchiusi nel volume Del narrare, edito da Einaudi. Non lo ha fatto prescrivendo leggi, formule, resoconti storici: lo ha fatto, appunto, narrando, stando in quella zona dove materiali di varia provenienza si amalgamano prima di confluire un romanzo, dove trovano una struttura ultima. Particelle elementari, botanica, meccanica, aeroplani, musei, campi da tennis: tutto è parte del processo. Difficile ostinarsi a dividere vita e letteratura. È forse una questione di priorità. Dentro questo libro sono contenute esperienze, non istruzioni, ma comunque rigorose, “tecniche”, proprie di chi padroneggia un mestiere. Di certo rimane l’invidia per la sensibilità di Del Giudice, capace di orientarsi così bene nella dimensione dei segni. E rimane una possibilità: che ogni frammento di esistenza possa diventare una storia.

Daniele Del Giudice, Del Narrare, Einaudi, 2023
Daniele Del Giudice, Del Narrare, Einaudi, 2023

Ilaria Ferretti

Jon Fosse, Un bagliore, La Nave di Teseo, 2024

Quest’estate ho perso una persona a cui volevo tanto bene. Un pescatore che è scomparso in mare. Il giorno dopo che è stato trovato, sono andata in libreria. Qui ho notato subito un romanzo dalla copertina rossa, esposto sullo scaffale più alto di un mobile bianco. Era “Un bagliore” di Jon Fosse. L’ultimo libro del premio Nobel per la Letteratura. La storia di un uomo che decide di partire chissà dove chissà perché e si perde in un bosco. Qui dentro ho ritrovato la persona che avevo smarrito, tra quegli alberi e il freddo, ho visto anche un pezzo di mare, tra i ricordi di un protagonista senza nome ho capito qual è stata la strada che potrebbe aver percorso anche il mio amico. E dalle pagine del romanzo ho portato via la luce, quel bagliore che cercavo nelle notti buie in cui aspettavo Bruno tornare.

Jon Fosse, Un bagliore, La Nave di Teseo, 2024
Jon Fosse, Un bagliore, La Nave di Teseo, 2024

Benedetta Minoliti

Monica Heisey, Mai stata meglio, HarperCollins 2024

La fine di un matrimonio e il primo anno da single, raccontati con quell’ironia che nasconde un grande dolore. Un libro scritto da una millennial per i millennial, ma anche per chi vuole provare a elaborare la perdita di un grande amore. Una storia contemporanea di quelle che ci fanno sentire meno soli e consapevoli che la frase “succedono tutte a me” in realtà ci riguarda tutti, e ogni tanto può fare anche bene rispecchiarsi nella “finzione” raccontata nei libri, per provare a metabolizzare il dolore.

Monica Heisey, Mai stata meglio, HarperCollins 2024
Monica Heisey, Mai stata meglio, HarperCollins 2024

Giulia Ciriaci

Zerocalcare , Quando muori resta a me, Bao Publishing, 2024

Zerocalcare è tornato. Ma dove eravamo rimasti? Lungo dei bordi di vita strappati cercando di capire se questo mondo può o meno renderci cattivi. Ed ora “Quando muori resta a me”: il nuovo fumetto di Michele Rech pubblicato il 7 maggio scorso. Anche stavolta, con somma gioia di chi scrive, il libro ha preso spunto dalla vita di Zero, che ha raccontato per la prima volta in modo approfondito del suo rapporto con il padre. Il titolo del fumetto non è passato di certo inosservato, e su cui il fumettista romano non ha mancato di ironizzare fin dal primo momento: “Leggendo sto titolo mi padre se starà a toccà”. Una figura che, per tutto questo tempo, era in gran parte rimasta nell’ombra. Ma finalmente abbiamo fatto la conoscenza del signor Calcare, rappresentato nel fumetto come il papà del panda Po in Kung Fu Panda, ovvero con le sembianze di un'oca cignoide. Un rapporto padre figlio che strizza l’occhio all’analfabetismo emotivo del maschio. Zerocalcare indaga il modo in cui l’uomo esprime la sua l’affettività, e fa risalire l’inizio delle crepe nel suo rapporto con il padre alla separazione dei genitori avvenuta quando era ancora un bambino e, recuperare la relazione, come ha raccontato lo stesso Rech “è stato un processo graduale”. In quanti come lui? Troppi. Un tema in cui riconoscersi viene facile sin dalle prime pagine, quando inizia a farsi strada quella consapevolezza che, da adulti, si diventa inevitabilmente genitori dei propri genitori. E quel concetto che, “quando muori resta a me”, all’improvviso diventa pericolosamente vicino senza che ce ne rendiamo davvero conto…

Zerocalcare, Quando muori resta a me, Bao Publishing, 2024
Zerocalcare, Quando muori resta a me, Bao Publishing, 2024

Federico Giuliani

Patrick Winn, Narcotopia, Adelphi, 2024

In Narcotopia, il giornalista investigativo Patrick Winn racconta la storia, vera e mai raccontata, dei Wa, una tribù birmana di ex cacciatori di teste che gestisce il più potente narco-Stato al mondo. Stiamo parlando di una nazione a tutti gli effetti, con le sue leggi, le sue strade, le sue scuole e un esercito permanente, la cui economia si fonda sull’eroina e sulla metanfetamina che i Wa – da decenni nel mirino della Dea e della Cia – producono ed esportano in tutto il globo. Agevolati dalla guerra che, ormai da anni, sta sfiancando il Myanmar. Gli occhi del mondo sono rivolti verso la Striscia di Gaza, il Libano e il Medio Oriente ma qui, nel cuore dell’Asia, si sta consumando una tragedia altrettanto grave. E tutto nell’indifferenza generale...

Narcotopia
Patrick Winn, Narcotopia, Adelphi, 2024

Jacopo Tona

Daniel Pennac, Il mio assassino, Feltrinelli, 2024

Il mio libro dell'anno non è un libro dell'anno. Cioè, probabilmente potrebbe non esserlo, per uno che non ha mai letto nulla dell'autore in questione, perché è anche una sorta di dietro le quinte di tutti i titoli precendenti. Anche, perché non è soltanto questo. Chiamiamola metanarrativa, un romanzo che parla di romanzi, il bilancio di un fine carriera soggetto a infiniti ripensamenti: chi inizia a provare il piacere di scrivere non finisce mai. Così come chi prova il piacere di leggere, che poi è lo stesso perché chi legge davvero prima o poi sperimenta il desiderio di scrivere. Da questo punto di vista, i romanzieri si possono dividere in due grosse categorie: quelli che ti fanno venire voglia di scrivere e quelli che ti bloccano. Daniel Pennac, sveliamo il nome, appartiene alla prima. Leggendolo viene voglia di leggerlo ancora, e anche di provare a buttare giù qualcosa. Questione di stile, di approccio, di corrispondenze sinaptiche, e il suo ultimo libro è una summa della sua arte: un romanzo su due direttrici parallele. Da una parte, la genesi romanzata dell'autore che imprime il suo mondo a un personaggio chiave, dall'altra tutte le persone del suo mondo, e il modo in cui sono diventate dei personaggi consegnati alla storia della letteratura.

Daniel Pennac, Il mio assassino, Feltrinelli, 2024
Daniel Pennac, Il mio assassino, Feltrinelli, 2024
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