Non bastano più l'album, il videoclip o il backstage del tour. Bisogna approfondire, rivelare, illuminare. Sì, ma cosa? Gli sguardi e le parole, la compulsione con cui si scrolla l'iPhone tra una session e l'altra, o magari quando si fa colazione al mattino. Insomma, bisogna portare in superficie quell'intimità che hanno anche le pop star più influenti dell'universo. Il segnale lo ha lanciato per prima Lady Gaga (e chi sennò?), raccontandosi nel documentario Netflix Five Foot Two. Dopo di lei, Taylor Swift con il bellissimo Miss Americana (ancora Netflix) e Shawn Mendes con In Wonder (pure 'sta volta su Netflix...). E allora, tra i grandissimi, non poteva certo mancare Billie Eilish, folgorazione e rivelazione postmoderna, capace a soli vent'anni di mettere sulla mensola più alta ben cinque Grammys. Così, la sua vita – dall'infanzia a Highland Park di Los Angels fino allo score di 007 No Time to Die – viene raccontata da Apple TV+ in The World’s a Little Blurry. La stessa Apple che, idealmente, la lanciò nel 2016, ospitando l'anteprima di Six Feet Under durante il programma Beats 1 di Apple Music.
Un documentario potente e possente, nella durata (due ore e mezza) quanto nel significato: cosa possono rappresentare i tormenti, le ombre e le paure quando i tuoi brani sono sulle playlist di mezzo pianeta? Molto. Perché è proprio l'oscurità a muovere il cosmo artistico di Billie Eilish, che con la voce profonda, i maglioni larghi e il capelli verde acido, canta la bellezza e il disgusto di ragazzi e ragazze come lei. E, ancora, dal documentario diretto da R. J. Cutler viene fuori una figura essenziale per Eilish, ovvero suo fratello (e produttore) Finneas. È lui a starle vicino mentre registrano quella mina di When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, ed è sempre lui a tranquillizzarla, a dirle che è ok, che Bad Guy è un track pazzesca e la registrazione è perfetta così, e che intanto i suoi video hanno views quantificabili in milioni.
E poi tutto l'amore per i propri genitori (ed ecco papà Patrick, altra figura centrale del documentario), le notti nel letto grande, con loro, perché nell'armadio ci sono i mostri che la spaventano. Proprio quel letto che tornerà nella vita di Billie: «Un album registrato nel letto e nella casa dove siamo cresciuti, questa è la dimostrazione che tutto è possibile», dice mentre stringe in mano un Grammy. Ritorni, ricordi, risate. Ancora, la gioia pura per la patente presa e la vita d'adolescente, che scorre placida e normale mentre tutto intorno a lei gira l'apoteosi e la pazzia del successo. «Guardo nella folla e vedo che ogni persona sta attraversando qualcosa. E io ho gli stessi, identici problemi». Ecco cosa ci dice Billie Eilish: per essere davvero grandi bisogna essere normali e bisogna essere anche molto incazzati. Perché quel dolore, magari, può diventare arte. Un po' preghiera, un po' hit mondiale.