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Willie Peyote:
“Io a Sanremo? Voglio essere
il Ricky Gervais dell'Ariston”

  • di Damiano Panattoni Damiano Panattoni

25 febbraio 2021

Willie Peyote: “Io a Sanremo? Voglio essere il Ricky Gervais dell'Ariston”
La citazione di Boris sulla partecipazione al festival: “Sì, ma niente di serio…”, Samuele Bersani, i Club Dogo e l'endorsement a Madame: la nostra intervista al rapper di Torino, che con Mai dire Mai (la locura) punta a mandare in cortocircuito l'intero Teatro Ariston

di Damiano Panattoni Damiano Panattoni

Cinque album all'attivo, torinese (e granata nel midollo), un brano che sta già facendo molto parlare e l'attesa performance annunciata in feat. con Samuele Bersani sulle note di Giudizi Universali. Così, via Zoom, abbiamo chiacchierato per una ventina di minuti con Willie Peyote che, per la sua prima volta a Sanremo, ha scelto Mai dire Mai (la locura). Il brano dalle corde rap (ovviamente) cita Boris e graffia forte su quel sistema (Ariston compreso...) che ha anestetizzato totalmente il mondo della musica e della cultura. “Tranquilli, Amadeus sa che vado a Sanremo per fare un po' il giullare”, ci racconta, “Ma una cosa ve la dico: voglio essere il Ricky Gervais dell'Ariston”. E allora ecco la folgorazione: e se fosse proprio Willie a vincere? “Sarebbe bello, ma se accadesse non avrebbero capito il mio pezzo...”.

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Willie Peyote

Willie, partiamo da Boris. Il tuo brano che cita la serie sia nel titolo che nella prima strofa.

Un po' come tutti l'ho rivisto durante il lockdown e parlo con i miei amici tramite le citazioni di Reneé Ferretti e degli altri personaggi... “Questa è l’Italia del futuro, un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte”, beh la frase è iconica e adatta al momento, e ho scelto di usare quel monologo. Insomma, è un bel troll, mi sono fatto 'sto viaggio: questa è l'Italia, questo è Sanremo ma fuori c'è la morte... Mi hanno sempre chiesto i pezzi per Sanremo, ho proposto questo brano e ora mi tocca.

E tra l'altro è stata annunciata la quarta stagione. Che ne pensi?

Sono combattuto, ma contento. Ti dico che è difficile, perché sono passati tanti anni dalla terza stagione. Oggi la fiction è cambiata e declinarla sarà complicato, ma credo che ci riusciranno.

E con Samuele Bersani come è andata? Canterete insieme Giudizi Universali.

Con Bersani è stato più facile di quanto pensassi, ho imparato a scrivere anche grazie a lui. Mi ci sono rivisto in quella canzone, ed è una delle più belle degli ultimi 30 anni. E lo dico subito: non farò rap e canto il pezzo come deve essere. C'è lui, ed è lui che guida. Non faccio quello che cavolo voglio se ho Bersani vicino.

Pensando al rap, con chi avresti voluto duettare?

Fibra e i Dogo, perché loro mi hanno aperto la testa quando ero ragazzino. Tra l'altro ho fatto Cronache di Resistenza con Don Joe e quindi una spilla sul petto ce l'ho.

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Come valuti tutto questo rap a Sanremo?

È una piega di mercato. Il rap domina le classifiche e non si può prescindere. Però a Sanremo dobbiamo essere noi stessi, ti invita per audience, ma sei tu che canti e proponi. Penso a Rancore, lo scorso anno. Una dimostrazione che il rap può avere anche i testi migliori. Non vado a Sanremo per la critica, e vado a Sanremo per gioco. Ma sono molto curioso di sentire e vedere le performance degli altri artisti, penso a Madame. Lei può essere compresa da tutti. Mi piace anche l'idea che abbiamo anche noi un rap, forse “troppo italiano” come dice Stanis (personaggio di Boris ndr). Sono cresciuto con il rap Anni 90 che era americanizzato, e oggi ci sono espressioni più nostre.

Cosa ti aspetti?

In un vecchio disco dicevo che sarei andato a Sanremo senza paranoie. Di fatto sono in gara, ma dico che non sono lì per giocarmi un premio. Sono lì per prendere tutti per il culo, me compreso, un po' come Ricky Gervais ai Golden Globe. E spero che passi questo messaggio. Poi se mi danno il premio della critica mi faccio delle domande: che ruolo ho? Volevo fare un po' il giullare e poi mi premiano? Ma davvero ragazzi, lo dissi anche ad Amadeus, voglio prendere in giro la cornice. E lui l'ha capito. Poi ho accettato perché forse Sanremo può lanciare un messaggio forte, i miei musicisti, i lavoratori dello spettacolo, non lavorano da un anno. E io non ci dormo.

E se vincessi?

Quando abbiamo fatto le foto per Tv Sorrisi e Canzoni sembravo un meme, una sorta di mago Silvan. Se vinco Sanremo è un corto circuito, perché non avrebbero capito il mio testo. Sarebbe meraviglioso, ma non me lo aspetto.

Che sound dovremmo aspettarci da Mai dire Mai (La Locura)?

Ci dovremmo aspettare una cassa dritta a 140! Non c'è nulla di quello che ci si può aspettare da me, e fa parte di questo cortocircuito. Ma devo dire che ha un impatto elettronico notevole.

Willie, tutti questi concerti persi ma inizia Sanremo e puoi tornare live. Un pensiero?

Guarda, per i concerti persi non so dare una risposta. Siamo tutti sulla stessa barca, è l'industria che decide. Io, live? È meraviglioso suonare con quell'orchestra. Le prove sono state da brividi. Però non è un concerto, non c'è il pubblico, ed è uno studio tv. Ma va anche bene, gli impellicciati in terza fila non sono la mia platea. Ma, quando si discuteva di farlo o meno in presenza, ho chiesto a molti addetti ai lavori ed è venuto fuori il rammarico per non aver utilizzato Sanremo come laboratorio per una ripartenza. Ci siamo persi nelle varie tifoserie. Si è creato un casino e in quel momento non si è parlato di nulla, né tantomeno dei concerti veri. Ci proveremo, ognuno ha la sua idea, e faremo il nostro. Non ce l'ho con Sanremo, ovvio, ma con il Paese, che spesso si perde facilmente per strada.

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