“Ho speso gran parte dei miei soldi in donne, auto e moto veloci, il resto l'ho sperperato”. Solo parafrasando la famosa frase di George Best (senza alcol, perché lui è allergico all’etanolo) è possibile sintetizzare davvero la vita di uno dei personaggi più imprevedibili del panorama artistico italiano. Virgin Radio compie 15 anni e la sua voce simbolo che ogni giorno da quasi mezzo secolo ci spara in radio il meglio della musica mondiale (rigorosamente rock) incredibilmente ne ha già compiuti 60 (anzi, 60+1). Non vi sembrerà possibile - probabilmente non ci crede neanche lui - ma sono questi i "numeri" di Dj Ringo, che solo a guardarlo ne dimostra almeno venti in meno. Se poi ci parlate, allora l’età scende di un altro paio di decadi.
Rocco Maurizio Anaclerio, questo il suo nome all’anagrafe, ha una energia contagiosa e una vita da vera rockstar. Anarchico fin nel midollo. In periodo di politicamente corretto, se gli chiedi da che parte sta ti risponde candidamente: “La sinistra mi sta sulle palle, posso dirlo?”. Ormai l’ha detto. Ma non è neanche di destra: “Non ha senso di esistere. Io critico chi è al potere”. Perché in fondo è rimasto il punk con la cresta di quando aveva 14 anni nei ruggenti ’70, per poi farsi contagiare dal rampantismo della “Milano da bere” fra gli ’80 e i ’90 durante i quali si è tolto tutti gli sfizi possibili e immaginabili: “Ho speso miliardi per auto, moto, belle donne, viaggi e cene con comitive di amici. Il resto l’ho sperperato”. Dalla Lira con il cambio attuale fanno “circa 10 milioni di euro”.
Per cui conviene ripercorrere insieme la parabola di quel ragazzino che a soli 13 anni si è messo a lavorare (“allora era consentito”), a 15 era a punkeggiare a Londra lungo Kings Road, a 20 ne ha vissuti 6 a Los Angeles e ha esordito (“partendo dal pulire i vinili al primo programma”) per poi tornare in Italia e fare la storia della radio sotto l’insegna di Virgin. Ma attenzione, se lo incontrate per strada non ditegli che è vecchio: “Ti tiro un pugno sul naso! Portami tua sorella e poi vediamo”.
Su Wikipedia è riportato che sei nato a Paderno Dugnano. Cosa c’è di caratteristico?
Non ne ho idea, perché non ci sono mai stato!
Ma come?
Quando mia mamma era incinta si è trovata da mia zia e sono nato in casa sua al volo.
Quindi le tue vere origini sono pienamente di Milano zona Porta Venezia, giusto?
Esatto.
Che bambino era Ringo?
Ricordo i classici pantaloncini corti e che a 500 metri da casa avevo i giardini pubblici, per cui andavo a giocare lì con la fionda. Ogni tanto tornavo con i punti in testa per una sassata che avevo preso. Ero un classico bambino degli anni ’60: pallone per strada, bicicletta e fionda in tasca.
La scuola?
Non me ne parlare, non vedevo l’ora di finirla per andare fuori dalle palle. Volevo la moto, viaggiare, sognavo il mondo. Non ero portato per lo studio. A 13 anni e 6 mesi lavoravo già come garzone in via Monte Napoleone, allora si poteva. Con le prime mance ho comprato il motorino.
Hai fatto qualche ragazzata degna di nota?
Una volta nella mia via c’erano tre-quattro trattorie famose. Un giorno, mentre giocavamo in cortile, abbiamo visto che hanno scaricato 5-600 uova. Lì vicino c’era anche una macchina per stappare le bottiglie di vino, così noi invece delle bottiglie ci abbiamo messo le uova e ne avremo fatte esplodere 200. Non ti dico le botte che abbiamo preso, perché i nostri genitori poi hanno dovuto pagare i danni. Il bello è che nel frattempo cani e gatti della zona erano accorsi a mangiare le uova sulla strada. E così, in fondo, ci ha fatto piacere vedere che mangiavano per merito nostro.
La musica quando è arrivata?
I miei genitori e i miei zii avevano una collezione di 45 giri notevole. Da bambino usavo il mangiadischi finché non si consumavano le pile. Ho iniziato a fare il disc jockey già da piccolo. Loro ballavano e io mi divertivo a mettere su musica. Un giorno mentre stavo mettendo un disco ricordo che in tv passavano le immagini del primo uomo che aveva messo piede sulla Luna.
Sei stato anche un musicista, batterista per la precisione.
Sempre da ragazzino ho iniziato a seguire tutto il glam rock inglese. Quando è esploso il punk sono stato uno dei primi a mettere in piedi una band su quell’onda e io ero alla batteria. Era il ’77-’78. Però in quel periodo ci prendevano per matti: “Cos’è questa roba qui?” dicevano.
Partecipavi alle manifestazioni?
Erano tutti dei fricchettoni del cazzo, andavano a quelle manifestazioni solo per tirare le molotov ma a me non fregava niente di fare quella vita lì, volevo solo suonare. A 15 anni sono andato a Londra dicendo a mia madre che era per imparare l’inglese, in realtà facevo il punk a Kings Road.
Piuttosto precoce, non c’è che dire.
Ma sai, una volta con 50mila Lire mi compravo l’Interrail, il biglietto degli studenti, e avevo mille chilometri in Europa in treno da percorrere. Andavo a Berlino, ad Amsterdam, a Parigi. Dormivo per strada con un sacco a pelo.
La prima volta davanti a un microfono di una radio la ricordi?
Eccome, a 15-16 anni un mio amico aveva una piccola radio in soffitta. Prendeva in un chilometro quadrato. Noi sognavamo che ci ascoltasse tutta Milano, ma il suo ripetitore era limitatissimo. Una volta ci hanno seguito le nostri madri, chissà cosa pensavano stessimo facendo visto che scomparivamo per delle ore. Ma noi semplicemente fregavamo i dischi ai nostri genitori, mettevamo su musica e parlavamo. Una volta si potevano costruire le radio pirata, oggi ti arrestano.
Quando hai cominciato a diventare un professionista della radio?
La prima esperienza professionale a Los Angeles, quando ho abitato lì dal 1981 al 1985. Ero a Pirate Radio e ho cominciato con il pulire i dischi dalla polvere fino ad arrivare ai primi programmini. Poi sono tornato nell’86 a Milano, ho aperto un paio di discoteche il Sintesis e l’Hollywood, e un giorno un mio amico, Gigi D’Ambrosio che è stato un vero mentore, mi dice: “Vieni da noi, fai passare troppo della bella musica. Vogliamo fare una radio che prende a Milano e Genova”. È stato il momento in cui è nata RockFM, che ho mandato avanti un anno da solo mentre parallelamente lavoravo a Radio101. In pratica correvo da uno studio all’altro. Guardavo l’orologio e quando iniziava un disco da una parte sapevo che stava per finirne dall’altra.
Però il tuo nome d’arte, in realtà, è precedente alla radio.
Sì, viene da quando avevamo formato la prima band a 13-14 anni, sai nel ’73 che musica potevi fare? Cover dei Beatles. Io ero batterista e tutti mi chiamavano Ringo, come Ringo Starr.
Qual è la loro canzone a cui hai legato un ricordo particolare?
Quando ero al bar con mio zio e mi offriva il Mottarello, un gelato, e poi mi dava una moneta per andare al Jukebox. Io ci mettevo la sedia vicino e ci salivo sopra, per darti l’idea di quanto ero piccolo, e facevo partire Michelle dei Beatles.
Ringo Starr lo hai anche intervistato, vero?
Sì, al Lucca Summer Festival.
E quando gli hai detto che ti fai chiamare Ringo, come ha reagito?
Mi ha detto: “Da quanto ti chiami Ringo?” e gli ho risposto: “Da quando ho 13 anni”. E lui: “Devi pagarmi i diritti”. È stato simpaticissimo. Ha aggiunto: “Sei il primo Ringo che conosco nella mia vita”. Ma è stato forte anche Paul McCartney, che invece quando l’ho conosciuto mi ha detto: “Sei il secondo Ringo che ho conosciuto nella mia vita”.
Fra le mille cose che hai fatto, di certo la tua vita professionale è segnata da Revolver, il programma che porti avanti da 25 anni. Qual è stato il suo punto più alto e invece quello più basso?
Al più alto non ci penso, perché se controlli i risultati vuol dire che hai dei dubbi sulle tue performance. Io ancora non ne ho. Sul punto più basso, invece, posso raccontarti che dipende da mia figlia Swami. Nel 2015 l’ho avvisata: “Amore di papà, promettimi che quando mi sentirai vecchio, scadente, deleterio e noioso me lo dirai, ok? In quel momento mi metterò dietro la scrivania”. E lei ha risposto: “Ma cazzo papà sei troppo forte, hai un sacco di energia e come spieghi tu la musica nessuno”. Ecco, finché mia figlia dice che sono una bomba vado avanti.
Un po’ come Franco Califano, che voleva invecchiare solo cinque minuti prima di morire…
È un pensiero grandioso!
Oppure da milanista ti senti un po’ l’Ibrahimovic della radio?
Proprio così, perché mi sento ancora in forma! Se avessi fatto un programma non legato al rock, forse sarei già stanco da un pezzo. A me Sanremo, i social, i reality e di dove va la musica adesso, se devo essere sincero, tutta quella roba mi fa cagare. In una radio con quelle cose sarei già scappato, o forse non sarei stato all’altezza. Invece avere a che fare con la musica con cui sono cresciuto, che amo, della quale mi reputo uno dei più esperti non mi annoia mai. Quando arriverà qualcuno più giovane che mi butterà giù dalla torre ben venga, per adesso devono stare attenti loro.
In fondo, non solo Virgin è una delle radio più seguite nel nostro paese, ma quella italiana fa registrare gli ascolti più alti di tutte le Virgin nel mondo. Da direttore artistico senti di avere potere?
Io sono sempre stato anarchico, né di sinistra né di destra. Arrivando dagli anni ’60-’70 il mondo l’ho voluto conquistare io, pagare io per i miei sbagli e gestirmi da solo. Un po’ come le femministe. Nel sangue ho questo atteggiamento e non vedo altre vie al giorno d’oggi. Sono consapevole dei miei mezzi, ma per il resto mi ritengo un anarchico totale. Nello stesso tempo sono lontano dal potere, sento distante quella parola. Per me potere è stare bene, ascoltare musica e godermi le mie gare di motori.
Hai mai avuto contrasti con le varie proprietà?
Ci sono sempre dei contrasti, è normale. Adesso però sono fortunato, il mio Ceo è Paolo Salvaderi che è anche un chitarrista laureato in America con una tesi in cui l’ha seguito Joe Satriani. Diciamo che ha una certa sensibilità e poi io su certe cose non metto becco.
Virgin è anche partner ufficiale di un sacco di festival. Come avete vissuto la pandemia con l’assenza di live?
Eh cazzo, quest’anno avevamo veramente tutti, dagli Aerosmith ai Foo Fighters, dai Guns N' Roses a Paul MacCartney e purtroppo è tutto saltato. Abbiamo continuato, non bisogna fermarsi. Per esempio, abbiamo avuto gli AC/DC come radio ufficiale in Italia ospiti via Zooom, non è da tutti.
Il futuro come lo vedi?
Finché non passa la pandemia non tornano i live. Però la radio è immediata, la ascolti in auto, sul cellulare, è impossibile batterla. È come il parrucchiere per le donne, non si può farne a meno.
La consiglieresti ancora la radio a un giovane?
Gli consiglierei di fare quello che ama. Però adesso i giovani con un computer si inventano cantanti o disc jockey, ma non funziona così. Ci vuole esperienza, bisogna conoscere il mestiere. Non è che se compri una bella macchina fotografica diventi un bravo fotografo. Anche pizzaioli non ci si inventa da un giorno all’altro. Si impara studiando e lavorando sul campo.
In tanti anni hai veramente intervistato tutti. Quali sono i personaggi che ti hanno colpito di più?
Come presenza e gentilezza, di certo David Bowie. Per come invece si è sviluppata la chiacchierata Lou Reed. Era iniziata male, era molto scontroso e non sapevo come uscirne. Meno male che avevo letto che in un bar di New York si vedeva con alcuni amici di nascosto per suonare rockabilly e quando gli ho detto che lo suonavo anch’io si è aperto un mondo. Abbiamo parlato di tutto, dalle chitarre a Elvis e mi ha sorpreso. Mi sono emozionato anche per la chiacchierata con Bryan May.
Il più matto?
Sicuramente Iggy Pop! Dovevo presentarlo in piazza Repubblica a Firenze e così prima dell’esibizione vado in camerino, lui era con gli Stooges. Gli dico che sono amico di Marky Ramone e ci confrontiamo per mezz’ora. Poi esco e quando sta per iniziare il concerto io sono dietro al palco al buio con il microfono in mano per annunciarlo. Lui arriva a torso nudo e mi dice: “Chi sei tu?”. E io: “Sono Ringo, ci siamo parlati prima e sto per presentarti”. A quel punto mi prende il microfono, lo getta a terra e dice: "Iggy Pop does not need fuking announcer" (Iggy Pop non ha bisogno di un annunciatore, nda). Fantastico!
E tu quali follie hai fatto?
Perché tocchiamo questo tasto? Mamma mia, ho sperperato un sacco di soldi…
In cosa?
Tra gli anni ’80 e’90 ho speso miliardi. Però mi sono divertito, ragazzi! Auto, donne, viaggi, tutto quello che volevo. Ho comprato otto Porsche, varie le Ferrari. Le sfasciavo e le cambiavo. Era davvero la “Milano da bere”. Una donna ogni giorno, come le auto e le moto, poi pagavo da mangiare a comitive di trenta persone. È stato un momento esaltante della mia vita. Mi sono divertito, poi sono rimasto senza una Lira. Però è stato figo, non rinnego nulla.
Se dovessi quantificarlo, quanto hai sperperato in vizi?
Tra Ferrari e Porsche, le moto che le ho avuto davvero tutte comprese una decina di Harley e un paio di Ducati Superbike, più tutto il resto avrò speso in vent’anni circa 10 milioni di euro.
Hai mai provato a cercare Dj Ringo su Google? La prima domanda che si fa la gente è “altezza?”.
Sono alto 1.86
La seconda è “la moglie di Dj Ringo”…
E non sono mai stato sposato…
Ma le donne, come hai ricordato tu, non sono mancate…
Con Elenoire Casalegno ho avuto una figlia, lei è una bellissima donna dello spettacolo e una madre stupenda, andiamo d’accordissimo.
Perché non ti sei mai sposato?
Fino ad ora non faceva per me, ma prossimamente potrebbe succedere. Sono da 14 anni con Rachele Sangiuliano, ex campionessa di volley e dopo la pandemia potremmo sposarci, perché no?
Le pallavoliste sono donne toste. Una volta Maurizia Cacciatori ha raccontato di aver dato un pugno in faccia al compagno di allora Gianmarco Pozzecco, dopo che lui l’aveva infastidita in aereo. A te è mai capitato qualcosa di simile?
Certo, a volte le ho prese, ma non ho mai reagito. Solo se mi tiravano qualcosa me ne andavo. Viviamo in un periodo tragico, ogni giorno si sente parlare di un uomo che ammazza una donna. Io ho sempre avuto molto rispetto, per me sono una parte importante della mia vita.
Meglio le moto o le donne?
Se vuoi una bella donna, per portarla a mangiare un gelato o una anguria ti serve la moto. Comunque, una donna che non apprezza la moto non fa per me. Posso sopportare che ascolti musica dance, ma se non ama la moto no. La moto per me è la prolunga del mio pene. Per Jimi Hendrix era la chitarra Fender, per me la moto.
Politicamente ti sei definito anarchico. Ma quindi non vai a votare?
Una volta mi hanno chiesto: “Sei di sinistra?” e io: “Assolutamente no”. Poi non mi fanno finire la frase e già pensano che io sia un nazista. Mi sta sulle palle la sinistra, perché non posso dirlo? Non sono neanche di destra. Non mi piace che mi etichettino. La destra per me non ha senso di esistere, anche perché che destra c’è in Italia? Io guardo chi è al potere in quel momento e come si comporta. Se è rosso me la prendo con il rosso, se è nero me la prendo col nero. Non mi è piaciuto neanche Giuseppe Conte, per nulla.
Cosa non ti ha convinto?
Si vedeva che sarebbe finito male, perché c’è un sacco di gente che per mesi, come i ristoratori o i baristi, non ha avuto nessun aiuto. Da questo punto di vista è stato inesistente. Allora perché andava in tv promettendo un “ombrello” di 700 milioni di euro? Anzi, tu sai dove sono andati a finire?
Non chiederlo a me…
C’è in giro tanta gente senza un euro in tasca, senza lavoro e che fatica a fare la spesa. Le persone soffrono e fa male vedere le file per il cibo o gli anziani che al mercato raccolgono la frutta marcia perché non si possono permettere altro. Poi quando distribuiscono i soldi ci obbligano a registrarci su un sito che puntualmente viene hackerato, oppure gli 80enni a iscriversi online per vaccinarsi, ma non capiscono che non sono capaci? A me queste cose fanno girare le palle!
Se oggi quando esci dalla radio un ragazzino incontrandoti per strada dovesse dirti: “Wè Ringo, sei vecchio è?” cosa gli risponderesti?
Gli tiro una cinquina in faccia e gli spacco il naso. E gli dico: “Sono ancora vecchio adesso??!”. I ragazzi giovani devono imparare una cosa: la strada è la strada e io ci sono nato. Se mi provochi reagisco per cui è normale che ti dia un calcio nel culo. Sono cresciuto con la provocazione, ho la cresta da quando avevo 14 anni. A parte gli scherzi, gli risponderei come si faceva negli anni ’70: “Visto che sono vecchio, portami tua sorella e fattelo dire da lei”.