Random è il nuovo che avanza, che macina i passi sullo spartito. Random è l'antieroe di cui il rap italiano aveva bisogno. Pulito, ordinato, composto. Dalle sue parole si capisce come il cantautore ventenne porti con sé un ampio bagaglio di valori trasmessi da una famiglia che lo ha cresciuto con il senso del sacrificio e della fede in Dio, cosa non così scontata di questi tempi. Una ventata d’aria fresca in un mondo di trapper che vedono la volgarità come scuola di vita. Emanuele non lascia niente al caso, forse solo il cognome. Sei dischi di platino, oltre 200 milioni di stream su Spotify e canzoni come Chiasso e Sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa rimbalzate in radio per mesi, sono solo alcuni dei numeri che il classe 2001 sta mettendo sul piatto. Le influenze di Emis Killa, Justin Bieber e un pizzico di Cesare Cremonini gli hanno permesso di creare un genere esplosivo e creativo che alla parte rap mescola una melodia innovativa. Random però non vuole fermarsi qui. La paura di essere una meteora, di fare la hit e poi sparire, di non aver futuro ha fatto sì che al posto dei piedi avesse due piombi per tenerlo ben saldo a terra. E così è stato.
Amadeus l'ha notato e portato subito sul palco dell'Ariston dove con Torno a te gareggerà insieme ai Big della musica italiana. E poco importa se qualcuno lo ha stroncato negli ascolti in anteprima, Random prende e assorbe con la consapevolezza di chi potrà davvero essere qualcuno. Random è l’antieroe pronto a combattere contro grillz e denti d’oro.
C’è un momento particolare che ti ha convinto a scegliere la strada della musica?
Quando lavoravo con mio padre, tutti i giorni in cantiere dalla mattina alla sera, lì ho detto basta. Già facevo canzoni ma in quel momento è nata una spinta dentro di me, dovevo dare tutto quello che avevo. Lo spicconare mi ha fatto capire tante cose, su tutte il senso del sacrificio. Prima non lo capivo, non capivo neanche quelli di mio padre per mantenere me e la mia famiglia.
Sembri una persona molto attaccata ai valori, vero?
Assolutamente, prima della musica nella lista delle cose metto la fede al primo posto, poi la famiglia leggermente sopra alla musica. I miei successi ed i fallimenti li condivido con loro, so che ci saranno sempre, una spalla su cui piangere e l’altra per esultare.
Credi in Dio?
Tanto. I miei genitori son pastori evangelici di una chiesa dove canto e suono. È grazie a quel mondo che mi sono avvicinato alla musica. Mi ricordo che mio padre portava a casa ogni giorno strumenti diversi e li provavo. La fede è una cosa che mi dà la forza.
Tra pochi giorni l’esordio a Sanremo tra i big, cosa ti aspetti?
Mi aspetto di divertirmi e godermi questa esperienza. Odio perdere, è una cosa che non sopporto e per non deludermi non voglio farmi aspettative precise. Ho lavorato tanto e ci credo, ma nessun obiettivo.
Hai già respirato l’atmosfera sanremese?
Abbiamo fatto un paio di prove, c’è molta tensione: è un’edizione diversa e ti manca un po’ il contatto con le persone. Ti assicuro però che gente o non gente la tensione si sente, quel nome ha un peso.
Amadeus che tipo è?
Simpaticissimo, devo essere onesto quando ho avuto la possibilità di parlarci al telefono ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere, mi ha raccontato un po’ di cose, mi ha stupito, non pensavo fosse così.
Gli altri concorrenti, che impressione ti hanno fatto?
Grazie a dio sono uno che ha un carattere super estroverso e mi basta avere un amico per entrare in sintonia anche con gli altri. Conoscevo già bene Irama, Gaia, Aiello e Fasma, loro quattro mi hanno dato la sensazione di stare a casa. Non so se la stanno vivendo come me, ma la sensazione è quella di non viversela come una gara, ma un grande spettacolo. Ci stiamo godendo l’esperienza, non c’è tensione o invidie dove tutti ti guardano male perché sei in gara. È una bella cosa questa.
La tua musica in tre parole?
Spontanea, innovativa e stravagante.
Su Spotify spacchi con oltre 200 milioni di stream, te lo saresti immaginato?
Ma figurati! Addirittura, in questi giorni riguardavo le storie salvate su Instagram e ho trovato un video dove ringraziavo tutti quanti per aver raggiunto i 300k di ascolti, invitandoli a raggiungere le 500k in tre settimane, il sogno era di raggiungere il milione. È una cosa incredibile, invece in quelle tre settimane siamo arrivati a tre milioni e ora siamo sugli ottanta. Sapevo che poteva piacere, ma non a quel livello.
Voi artisti vi rendete conto di aver prodotto una futura hit oppure no?
Succede tutto in pochissimo tempo, te ne accorgi quando ogni giorno guardi il telefono e le visualizzazioni si moltiplicano. Io ho realizzato quando tutte e cinquanta le date dei tour erano sold out. Poi devi mantenere le aspettative. Sai quanti ne fanno una e spariscono, in me c’era questo alone della meteora, lì ho preso consapevolezza e mi son detto che “cazzo sta succedendo, devo rimboccarmi ancora di più le maniche”.
Il Covid ti ha aiutato o penalizzato?
Dal punto di vista personale tolta l’arte ne ho risentito molto, mi piace vivere le persone, il rapporto umano è tutto. Però dal lato artistico il Covid mi ha aiutato tanto, in cui ricordo delle esperienze di vita come Amici Speciali, tutto per beneficenza. Scrivo perché vivo, se non vivo ricordo quello che ho vissuto, quindi diciamo triste ma non troppo.
Si vive di Spotify?
No non si vive. Dipende da che accordi hai con l’etichetta. Con la mia, la Visory Records ho un ottimo contratto, ma ci sono persone che praticamente non prendono niente.
Chi sono i tuoi artisti di riferimento?
In Italia ho preso tanto da Emis Killa, amo il rap quello fatto bene. All’esterno seguo quelli che abbinano l’hip hop al cantato come Ed Sheeran, Lewis Capaldi, Shawn Mendes ma il mio preferito è Justin Bieber. Si tende a parlare male di lui ma da quando ha quattordici anni non ne sbaglia una, guardo tanto anche il personaggio, il linguaggio del corpo, si muove da dio. Ho letto la sua biografia e dà messaggi bellissimi, ha passato l’inferno e ha trovato la luce, è un esempio.
Fra quelli che ormai sono delle rockstar, tipo Salmo, Sfera Ebbasta o Guè Pequeno?
Salmo fortissimo, non lo metto nei preferiti perché non lo ascolto dall’inizio ma penso sia tra i più forti in Italia. Sfera pure mi piace tanto, sono un fan però non mi ci rivedo, ma lo ascolto a palla. Guè idolo indiscusso, non sbaglia una strofa e spaccava da prima che noi nascessimo. È un po’ come Emis Killa, hanno saputo reinventarsi e adattarsi alla modernità.
C’è qualcuno che non sopporti?
Non mi piace chi non ha niente da raccontare e vuol far qualcosa in questo ambito forzatamente. Non mi piace chi prende per il culo la musica, io ho rispetto per l’arte. Per farti un esempio Bello Figo è già sull’autoironico.
Blanco è insieme a te tra le novità più interessanti, lo ascolti?
Blanco lo ascolto da quando Federico, un nostro amico videomaker in comune, mi faceva sentire i suoi pezzi. All’inizio lo scambiavo con Tha Supreme ma ha un grande potenziale, è super giovane, vive la musica in maniera viscerale. Si vede che è uno che non scrive le cose a caso
Il posto più strano dove hai suonato?
Un giorno mi son fermato in piazza a Milano c’era un tipo che suonava le mie canzoni e mi è venuto di istinto di mettermi a cantare con lui, è stata una cosa spontanea e divertente. La ricordo con piacere.
Un feat che accetteresti al volo? Tra i tuoi followers c’è Cesare Cremonini ad esempio…
Con Cremonini, stai scherzando? Se mi chiama, chiudo il telefono con te e accetto al volo, vado dove mi dice di andare e faccio quello che mi dice di fare. Cremonini è Cremonini.
La tua canzone di Sanremo ha spaccato in due le opinioni dei giornali che l’hanno ascoltata in anteprima, c’è chi ti dà quattro e mezzo e chi ti esalta, chi ti definisce un giovane-vecchio e chi un Vasco Rossi rap. Come rispondi a chi ti ha criticato?
Rispetto tutti e tutte le loro opinioni, e sono sicuro che i momenti in cui mi esibirò sul palco parleranno per me. Sono arrivato all’ Ariston solo e soltanto sulle mie gambe senza l’aiuto di nessuno, grazie soltanto a me stesso, alla mia famiglia, al mio team e a Dio. Sono qui per dimostrare quello che valgo, e non sarà un’insufficienza a farmi smettere di sognare.