I suicidi tra i giovani stanno avevendo un’impennata, complice il lockdown e la DAD secondo L’Espresso che ha pubblicato un ‘inchiesta straziante ma importantissima. La fonte di questa notizia, più che autorevole, è il Prof. Stefano Vicari, Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Non abbiamo messo il suo cv per intero per la pigrizia del copia incolla ma per scandire bene la sfilza di competenze del medico che ogni giorno si ritrova a fronteggiare una realtà drammatica, riconducibile all’incuria e anche all’assenza dai banchi.
Tagli sulle braccia, lanci dalla finestra, impiccagione, sono tra i metodi più diffusi. Così come l’ingerimento di mix letali di farmaci che trovano in casa oppure quando non hanno accesso a maddicce dosi di Tachipirina. Tutti metodi che riescono a emulare e di cui vengono a conoscenza grazie a internet. In America dove le armi son diffuse, i giovani la fanno finita con un colpo alla nuca ma da noi è più difficile l’accesso ai “ferri”.
Vicari all’Espresso ha rilasciato dichiarazioni del tipo: “il Reparto di Neuropsichiatria infantile dell'ospedale Regina Margherita di Torino ha lanciato l'allarme: i ricoveri per Tentativi Suicidio (TS) sono passati da 7 nel 2009 a 35 nel 2020 e nello stesso periodo (2009-2020), nel Day hospital psichiatrico, l’ideazione suicidaria è passata dal 10% all’80% dei pazienti in carico”.
L’inchiesta e le dichiarazioni del medico sono preoccupanti non tanto per lo shock che provoca immaginare un adolescente suicida ma per lo scenario in cui questa decisione matura, ovvero: la famiglia e la malattia mentale. Malattia mentale che va cominciata a osservare come si fa con il mal di testa. Qualcosa di reale che va diagnosticato e curato.
Lo chiarisce bene il professor Vicari: «Dobbiamo iniziare a pensare ai disturbi mentali come a vere e proprie malattie, come lo sono il diabete e l'ipertensione, con una base biologica e genetica e fattori ambientali che possono favorirne la comparsa. Non si tratta tanto di come uno viene allattato al seno o del rapporto con la madre, ma è legato molto di più all'esposizione durante la gravidanza ad agenti inquinanti, alcol o fumo durante la gravidanza, nascere prematuri, andare male a scuola, farsi le canne in età precocissima. E poi c'è l'incuria. Il vero maltrattamento, il trauma vero che da un impatto sulla salute mentale non è neanche tanto la violenza, ma l'indifferenza e l'abbandono da parte dei genitori. Forme moderne di incuria sono anche la ipostimolazione, come lasciare un bambino di due o tre anni molte ore davanti la tv o con il tablet.»
La famiglia quindi diventa centrale, così come la scuola. “Sappiamo dai dati di letteratura che il lockdown, la chiusura totale e la chiusura delle scuole ha determinato un aumento degli stati d'ansia e depressione nei ragazzi e un disturbo del sonno. I cinesi lo scrivevano già ad aprile – maggio. Talvolta vediamo un disturbo post traumatico da stress perché i ragazzini vivono con forte preoccupazione le preoccupazioni dei genitori. Ci sono adolescenti che sono ancora più estremisti dei genitori, che non toccano niente e non escono più per la paura del contagio” dice Vicari. E aggiunge: “«La scuola favorisce le relazioni tra coetanei e, in questo senso, è un ammortizzatore dei conflitti adolescenziali. Nella scuola tutti abbiamo sperimentato relazioni positive e con gli amici, solo con essi, parlavamo delle cose che andavamo scoprendo. Chi è che di noi non ha avuto un professore che è stato un elemento di salvezza? Perché gli adolescenti sperimentano e violano i limiti che gli vengono posti dai genitori, e se non c'è qualche altro adulto che ha con il ragazzo un rapporto affettivo valido, rischi che si perda. Oggi questo cuscinetto sociale sta mancando, per questo i ragazzi “sbroccano, diventano aggressivi e violenti, oppure si chiudono sempre di più nella loro stanza e non vogliono più uscire”.
Serve cura quindi, attenzione, ma anche seguire i figli, parlare con loro, sapere chi frequentano e conoscere le loro vite. Ma ancora di più serve una visione diversa di tutti questi temi. Ecco che la scuola diventa centrale, ma: “Pensare che la scuola sia solo didattica è un errore drammatico. La didattica è una parte marginale della scuola. Bisogna smettere di pensare che la scuola deve formare i futuri lavoratori, trasferendo competenze, la scuola deve trasmettere conoscenze di vita. È una palestra educativa, non un avviamento al lavoro. Questa è una concezione autoritaria della scuola».
Nel 2011 i ricoveri sono stati 12, nell’anno appena concluso abbiamo superato quota 300. I dati non diminuiranno da soli, servono genitori presenti e istituzioni all’erta, servono attenzioni e competenze. Perché tra le tante vittime di questa pandemia, queste sono forse quelle di cui si parlerà meno ma che fanno più male.