Grazie al successo dell'ennesimo spin-off di The Voice, Mediaset piazza una nuova edizione di Io Canto, questa volta aggiungendo nel titolo un Family a caso, versione fotocopia (o brutta copia) del format di Rai1, che ha portato a una serie di frecciatine a distanza. Dapprima Antonella Clerici sottolinea che l’altro altro non è che la versione scopiazzata di Ti lascio una canzone. Poi Gerry Scotti, durante il passaggio di consegne (era lui il padrone di casa) lancia una belvata alla conduttrice di È sempre mezzogiorno. “Ho un'idea - dice a Michelle Hunziker (alla guida di Io Canto Family) - ti lascio una trasmissione”. In sintesi, in mezzo a questo clima di dispettucci (l'aspetto più rilevante, d'altronde) - dillo alla mamma - dillo all'avvocato - stiamo assistendo a una vera a una vera propria invasione tv di bambini accompagnati da genitori o nonni appassionati di canto, ognuno con una storia strappalacrime (o strappamaroni, che è uguale) da raccontare.
Pertanto, è inevitabile fare dei confronti. E cominciamo dai difetti. Il principale di Io Canto Family è la quantità spropositata di sentimentalismo zuccheroso che rischia di traboccare dagli schermi (senza dimenticare le lacrime, fin dall'inizio della puntata!). La gara appare artificiale, con voti che non scendono mai sotto il 6, per evitare di creare un clima di competizione troppo serrato tra i giovanissimi partecipanti (che probabilmente, tra qualche anno, vedremo sui banchi di Amici). Inoltre, il cast fisso manca di vitalità e sembra conformarsi alla natura eccessivamente buonista del programma. Le personalità più imprevedibili, per esempio, come Iva Zanicchi e Orietta Berti, sono chiaramente limitate nei loro interventi. Di conseguenza, il ruolo di giudice severo se lo aggiudica Fabio Rovazzi, new entry. Rovazzi che giudica le performance canore? Un'affermazione da prendere con le pinze, ovviamente.
Altro tallone d'Achille, a The Voice ci si immerge nelle storie dei concorrenti, raccontate da Antonellina con delicatezza e sensibilità. In Io Canto, invece, le storie sono trattata in modo piuttosto superficiale, e ciò impedisce allo spettatore di immedesimarsi. Si preferisce puntare tutto su elementi scontati e ripetitivi. Fai la conta: quante volte Michelle Hunziker ha detto “Viva la famiglia”? (la nostra, alla conduzione del format, ahilei, è alquanto irrilevante). Quindi espressioni trite e ritrite che lasciano una sensazione di mancanza d'autenticità. In sostanza, lo guardi e pensi: ma quando torna l'originale Rai?